(ANSA) - REGGIO CALABRIA, 15 APR - Il boss Antonino Lo Giudice si rivolse a due magistrati, uno in servizio alla Procura generale di Reggio Calabria ed uno alla Direzione nazionale antimafia, chiedendo loro di intercedere dopo l'arresto di Luciano Lo Giudice. Alla risposta negativa dei due magistrati, la cosca avvio' la strategia degli attentati, prima alla procura generale e poi all'abitazione del Procuratore generale Di Landro. A raccontarlo ai magistrati, come causale degli attentati, e' stato lo stesso Lo Giudice. I due magistrati non sono indagati. Dopo gli attentati, secondo gli inquirenti, i Lo Giudice, vedendo di non ottenere gli effetti sperati, passarono alla strategia delle intimidazioni. In questo caso fu preso di mira l'ufficio che materialmente conduceva le indagini, cioe' la Direzione distrettuale antimafia. Da qui il bazooka fatto ritrovare davanti la sede della Procura, preceduto da una telefonata al 113 con minacce al procuratore Giuseppe Pignatone. Su questa parte delle deposizioni di Lo Giudice, i magistrati catanzaresi stanno facendo ulteriori verifiche perche', in particolare, non si esclude che alla fine di tutta questa strategia intimidatoria l'obiettivo vero potessero essere i vertici della Procura Antimafia reggina, che sono i titolari veri delle indagini sulle cosche. In tal senso il ritrovamento del bazooka era un segnale chiarissimo.
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