Il primo libro che lesse fu “Cuore”, ma
tutta la sua vita sembra essere uscita dal libro di De Amicis. Roba da non
credersi. Strappato ai banchi di scuola in tenerissima età, mentre studiava con
particolare profitto, perché la sua famiglia (composta da un padre minatore a
Carbonia - nomen omen - nel profondo Sulcis e da una madre amorevolissima, ma
concreta) non aveva risorse a sufficienza per fargli proseguire la scuola dopo
la quinta elementare, il piccolo Franco Pasqua fu obbligato a imparare un
mestiere, quello di carrozziere. Un lavoro che svolse al meglio fino al giorno
della pensione, ma nell’officina che tutti a Cosenza conoscono, nelle brevi
pause, non pensava che ai libri. Fino a quando non cominciò a scriverne,
soprattutto di notte, invece di riposarsi dalle dure fatiche del giorno.
Narrativa, poesie, racconti, questi ultimi finiti, nella versione a fumetti,
persino sui magici albi dell’Intrepido!
La tormentata e al tempo stesso
meravigliosa storia del poeta e scrittore Franco Pasqua, oggi ottantenne, è
stata ripercorsa durante una riunione della Commissione cultura di Palazzo dei
Bruzi, presieduta dal consigliere comunale Claudio Nigro nell’ambito della
rassegna promossa dalla stessa commissione e volta a tributare il giusto
riconoscimento a quei cosentini il cui talento è stato apprezzato anche fuori
dai confini della città di appartenenza.
Regola questa che vale ancora di più
per Franco Pasqua, se è vero, come è vero, che i suoi scritti e i suoi versi
hanno riscosso l’apprezzamento, inimmaginabile, di poeti e critici di vaglia,
del calibro di Mario Luzi, Giorgio Caproni, Giorgio Squarotti o Giuseppe
Petronio ai quali Pasqua era solito mandare i suoi libri e con i quali intratteneva
frequenti contatti epistolari.
Se per Caproni, Franco Pasqua è “tra i
pochissimi che scrivono per il bisogno di scrivere, senza smanie di premi o di
successo immediato”, per Mario Luzi esprimeva nelle sue poesie “un’alta
intensità e una misura difficile da trovare”. Di eguale avviso Giorgio
Squarotti che teneva il libro di poesie “Dissolvenze” (del 1992), sulla sua
scrivania per il piacere di rileggerlo ogni volta. E a proposito dei racconti
gialli di Pasqua è ancora Squarotti a sorprendersi per l’abilità con la quale
l’autore conduce il gioco della “sospensione” poliziesca. E Nicola Gardini,
condirettore di “Poesia”, mensile internazionale di cultura poetica, a
proposito della raccolta “Mantelli di luna”, ne assimila i toni a quelli del
primo Luzi e del primissimo Zanzotto.
La seduta della commissione cultura che
ha ospitato Franco Pasqua è stata introdotta dal Presidente Claudio Nigro che
nel presentare il poeta e scrittore cosentino lo ha definito “un talento
naturale della nostra città che adopera nelle sue poesie e negli scritti un
linguaggio colto, così come il suo modo di scrivere risulta colmo di profondi
pensieri, mentre la sua poesia, in particolare – ha aggiunto Nigro - riflette
stati d’animo di una vita interiore per niente facile. Ma è proprio nella
scrittura e nella poesia che Pasqua ha
trovato la chiave per affrancarsi da questo destino così amaro.”
Quando prende la parola davanti alla
commissione cultura di Palazzo dei Bruzi Franco Pasqua lo fa con un candore
disarmante dicendosi estremamente contento per l’invito ricevuto dal Comune
“perchè questo – dice - ha il sapore di un incontro speciale che esula da tutti
gli altri, perché è un incontro che arricchisce. Quello che conta è sempre
l’uomo.” E racconta ancora di quella volta che l’ormai suo amico Giorgio
Squarotti venne a Cosenza per una conferenza all’Accademia cosentina. Qualche
tempo dopo, l’ennesima lettera del lungo epistolario e nella quale Squarotti lo
ringraziava “per essere venuto a
contatto con la sua viva umanità e spontaneità fino a rimanerne arricchito.” Pasqua ha portato in commissione quasi tutti i
suoi libri, da “Dissolvenze” ai due volumi di “A futuro inganno”, da “Il seme
degli astri”, anche questa una raccolta di poesie come “Dissolvenze” e
“Mantelli di luna”, alla sua ultima fatica, “Il seme della luce”, ancora un
giallo, come quelli ripresi dagli albi dell’Intrepido. Libri “spietatamente
veri” li definisce Pasqua, perché parlano della sua infanzia negata e della
adolescenza non vissuta, del suo sradicamento dalla vita scolastica. Per quanta
sofferenza possano ancora procurargli, quegli avvenimenti, sono ricordati dal
poeta e scrittore-carrozziere con grande naturalezza.
Compagno di classe alle elementari di
personalità importanti della vita cittadina come lo scrittore Coriolano
Martirano, l’avvocato Ernesto D’Ippolito e il magistrato Tommaso Arnoni, Franco
Pasqua, grazie alle letture e alla scrittura, da perfetto autodidatta, ha siglato
il suo riscatto, alimentato dal desiderio di reagire alla coercizione di dover
abbandonare le aule scolastiche perché la famiglia, nonostante le
sollecitazioni del suo maestro elementare Antonio Scalise che si prese la briga
di andare a casa sua per convincere la madre a fargli proseguire gli studi, non
aveva i mezzi per mantenerlo a scuola.
Al termine della seduta, la Commissione
cultura, su sollecitazione di Maria Lucente, d’accordo anche Mimmo Frammartino
e gli altri componenti, ha ripreso in mano la proposta che altri, in passato,
avevano già formulato, per attribuire a Franco Pasqua la laurea honoris causa. Sarebbe
il giusto sigillo alla storia di un piccolo grande uomo.
E in attesa che quest’ultimo atto si
compia, la commissione ha donato a Franco Pasqua una targa con lo stemma della
città di Telesio. Di buon auspicio per il conseguimento del titolo accademico.
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