“Dai centri storici, come quello di Cosenza, bellissimo nonostante sia
un po’ decaduto, alle riserve naturali: è davvero grande il patrimonio della
Calabria. Ma le sue potenzialità andrebbero meglio valorizzate se solo si
indagasse a fondo sull’identità di una terra così importante e strategica nei
secoli”. E’ questa una delle considerazioni di Eric Salerno, editorialista del
“Messaggero”, globetrotter, figlio di Michele (militante comunista calabrese
che, per sfuggire al fascismo, sbarcò in America) e di Elizabeth Esbinsky
Salerno (ebrea russa sfuggita alle guardie bianche dello Zar). In una
intervista pubblicata da “Calabria on web”, il magazine edito dal Consiglio
regionale (www.calabriaonweb.it),
questa firma prestigiosa dei nostri tempi ricorda la terra del padre con un
pizzico di nostalgia e tanta lucidità. “Ricordo - confida ad Armando Acri che
l’ha intervistato - come fosse ieri quando pioveva e faticavo a fare i compiti
e non mi andava di andare a scuola che a New York distava solo tre blocchi.
Allora, mio padre per spronarmi mi raccontava della sua Calabria. Lui, al liceo
ci arrivava a piedi, da Castiglione Cosentino a Cosenza”. La sua storia,
contenuta nel libro “Rossi a Manhattan” (2001) - di cui nella
primavera del 2013 uscirà l’edizione aggiornata con altre illustrazioni- è in
fondo quella che molti desidererebbero. Nel cuore porta i diversi volti della
Calabria descritta con grande amore da suo padre. “Punto di riferimento per la
mia vita, nonostante ne sia stato quasi sempre lontano. Ma, al tempo stesso,
l’immagine di una terra sulla quale pesa il disastro dell’autostrada
Salerno-Reggio Calabria. Così, ogni viaggio, anche da Roma, sembra quello della
speranza”. Ha ereditato dal padre la passione per il giornalismo, occupandosi
soprattutto di Medio Oriente e Nord Africa, ma sempre con lo sguardo attento e
allargato a tutto il Sud. Del quale dice: “La Calabria e il Mezzogiorno hanno
ospitato in passato culture e religioni diverse. Su questo patrimonio da
scoprire, o da valorizzare, bisogna puntare ad occhi chiusi. Ma lo straniero,
proprio a causa di collegamenti infrastrutturali inesistenti o per nulla
potenziati, si sente disincentivato a raggiungere il Mezzogiorno. D’altra
parte, non ci si può basare quasi esclusivamente sul ritorno periodico degli
emigrati o dei loro figli”.
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