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sabato 24 novembre 2012

'NDRANGHETA: GRANDE CALL CENTER 'DIVORATO' DA CLAN SEQUESTRO BLUE CALL; BOCCASSINI, ORA STATO TUTELERA' LAVORATORI

(di Igor Greganti) (ANSA) - MILANO, 24 NOV - Un'azienda milanese, con sedi sparse in tutta Italia, che contava fino a due anni fa quasi mille dipendenti e aveva un volume d'affari di oltre 13 milioni di euro, svuotata e trasformata nel giro di poco piu' di un anno in uno ''zombie'' dalla 'ndrangheta. E' la ''storia'' della Blue Call, impresa che gestiva call center per ''le primarie aziende italiane, anche nel settore delle telecomunicazioni'', e che ora e' stata posta sotto sequestro a causa dell'infiltrazione della criminalita' organizzata calabrese. Una vicenda che viene narrata passo passo nell'ordinanza firmata dal gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell'ambito del blitz, condotto da polizia, carabinieri e Gdf, contro la cosca dei Bellocco che oggi ha portato a 23 arresti tra Calabria, Lombardia e Svizzera. Quasi 500 pagine di misura cautelare che rappresentano una sorta di 'summa' dell''effetto 'ndrangheta' sull'economia legale: la mafia calabrese, scrive il gip, ''non e' un socio di capitali, e' un virus che ha come unico scopo quello di impossessarsi della societa' e spolparla''. L'azienda, dopo il sequestro, e' stata affidata agli amministratori giudiziari. Dalle mani della mafia, dunque, a quelle dello Stato, che dovra' occuparsi, come ha sottolineato Ilda Boccassini, in primo luogo della tutela dei lavoratori. ''Ora verra' gestita dallo Stato, perche' 600 dipendenti non possono rimanere senza lavoro'', ha spiegato il capo della Dda di Milano. Nata nel 2008 con 87 addetti, la Blue Call (sede a Cernusco sul Naviglio, Milano) nel 2010 aveva gia' 872 lavoratori. E' proprio in quell'anno, quando il fatturato sfiora i 14 milioni di euro, che Umberto Bellocco, ''giovane rampollo'' di una delle piu' potenti famiglie della Piana di Gioia Tauro, decide di entrare coi suoi uomini nell'azienda, ''senza mettere un euro'', e in poco piu' di un anno, stando all'ordinanza, ne assume il controllo. I 'vecchi' titolari, gli imprenditori Andrea Ruffino, piemontese, e Tommaso Veltri, originario di Cosenza - finiti entrambi in carcere - non oppongono resistenza, ma anzi sono loro stessi, scrive il gip, a proporre ''il passaggio fittizio di quote ai calabresi''. In pratica, in questo caso ''l'infiltrazione e' in qualche modo gradita in quanto i soci espressione della 'ndrangheta assicurano protezione e difesa all'azienda da attacchi esterni provenienti da altri gruppi criminali. Questa - si legge ancora nell'ordinanza - e' la incredibile logica che porta l'imprenditore ad aprire le porte alla mafia''. Una storia ''emblematica della capacita' della 'ndrangheta di impossessarsi di aziende lecite, penetrando nel tessuto imprenditoriale come un virus''. E al termine di questo percorso, chiarisce il giudice, ''la bella s.r.l. e' ridotta ad uno zombie controllato da soggetti esterni''. Mentre, infatti, venivano mandati a casa, nel giro di due anni, 600 lavoratori (si passa da 872 a 272 addetti), ad amministrare la Blue Call c'era Michelangelo Belcastro (arrestato), una sorta di 'testa di legno' dei Bellocco: ''in fondo - conclude il gip - doveva solo scaldare la sedia, cercando di non addormentarsi, e mettere le firme dove gli dicevano di metterle''. 

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