Gli ambientalisti
esprimono netta contrarietà alla messa al bando dell’essenza di bergamotto
nell’industria profumiera: si fanno gli interessi delle multinazionali a danno
dell’Area Grecanica
Un assurdo
paradosso che mette a repentaglio una filiera biologica d’importanza mondiale.
Così Legambiente Calabria commenta la paventata messa al bando dell’essenza di
bergamotto nell’industria profumiera. Una proposta che, con ogni evidenza, mira
a sostenere gli interessi delle lobby della chimica a danno di un territorio,
quello dell’Area Grecanica reggina, che ha saputo investire sull’agricoltura
sostenibile creando una vera e propria perla della green economy italiana. A
provocare la levata di scudi degli ambientalisti calabresi è la proposta maturata
in seno all’Ue di limitare fortemente l’utilizzo delle essenze naturali –
accusate di provocare allergie – nel processo di distillazione dei profumi. Una
proposta che, se non altro, contiene un’insostenibile contraddizione: è stata
la stessa Ue ad assegnare il marchio Dop all’essenza di bergamotto.
“Si tratta di
un pesante attacco da parte delle multinazionali della chimica – ha dichiarato Francesco Falcone, presidente di
Legambiente Calabria – che fanno lobbying a Bruxelles e cercano di imporre
regole assurde per favorire i propri interessi. Un attacco che va respinto, con
il contributo degli europarlamentari italiani e delle istituzioni ad ogni
livello, per salvaguardare un’esperienza calabrese che fa parte a pieno titolo
del ‘made in Italy’, e che è di capitale importanza perché rappresenta
un’eccellenza dell’agricoltura sostenibile”.
La filiera
dell’agrume – che cresce esclusivamente lungo gli 80 km della fascia ionica
dell’Area Grecanica della provincia di Reggio Calabria – ha già subito un
pesante attacco negli anni 80 e 90, a vantaggio delle industrie di sintesi: si
avanzò la tesi, poi smentita, che il bergamotto fosse cancerogeno. Da allora i
produttori hanno saputo rimettersi in piedi e puntare nuovamente sull’oro
verde: il comparto dà lavoro a oltre 7mila addetti nelle 650 aziende agricole
impiantate nella zona, senza considerare l’indotto. Una produzione che
rappresenta la seconda voce delle esportazioni della Calabria, destinata a
quadruplicare nei prossimi dieci anni. Oltre ai profumi, l’oro verde di
Calabria viene utilizzato anche per aromatizzare dolci, succhi e liquori. Pochi
sanno, inoltre, che il tè indiano Early Grey, l’infuso più bevuto al mondo, è
ottenuto grazie all’essenza dell’agrume.
È evidente dunque
che la proposta targata Ue rappresenterebbe un danno clamoroso per l’economia
calabrese, mettendo a repentaglio un’esperienza virtuosa nata in un’area
depressa. Esattamente la strada opposta a quella della green economy: nel
convegno nazionale “La forza dei territori” svoltosi a Roma il 15 giugno,
Legambiente con il suo presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza ha esaltato la filiera del bergamotto
elevandola ad esempio di strategia dal basso per uscire dalla crisi economica e
dalla crisi ambientale globale.
“Quello delle multinazionali
della chimica non è l’unico attacco da cui produttori di bergamotto, e non solo
loro, devono difendersi. Il progetto di costruzione di una centrale a carbone a
Saline Ioniche, nel cuore dell’Area Grecanica, mette infatti a repentaglio un
intero mondo. Testimonial di biodiversità a livello planetario coi suoi 354
elementi chimici che lo distinguono dagli altri agrumi – ha spiegato Nuccio Barillà, storico ambientalista
calabrese, della segreteria nazionale del Cigno Verde – il bergamotto è
l’essenza di territori e luoghi antichi che hanno trovato una splendida armonia
tra l’agricoltura di qualità, i progetti di recupero dei vecchi borghi, il
turismo sostenibile e la cultura dei saperi tradizionali. Straordinario mix tra
natura, economia e cultura che rischia di essere cancellato, piuttosto che
coniugato con l’innovazione e col futuro, da chi in nome di mere logiche di
profitto punta sul carbone e sulla chimica di sintesi”.
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