E’ davvero vergognosa la decisione del governo Monti
di dare il via libera alla costruzione della megacentrale a carbone di Saline
Joniche.
Anche in materia ambientale, il governo tecnico ha gettato la maschera.
Dopo il massacro sociale promosso in questi mesi con l’attacco ai diritti dei lavoratori, dei
pensionati e dei precari e allo Stato
sociale (controriforma delle pensioni, cancellazione dell’art. 18, aumento
pressione fiscale, IMU sulla prima casa, ecc.), adesso c’è un nuovo tassello di
questo disegno sciagurato che sta distruggendo la società italiana.
Con la scelta compiuta su Saline Joniche siamo passati
adesso al massacro ambientale e al disprezzo del territorio. Si vuole obbligare
la regione a subire un impianto pericoloso, inutile e dannoso.
In questa come in diverse altre circostanze si
manifesta da vera natura antidemocratica del governo Monti, frutto di un
pasticcio politico-istituzionale voluto da Napolitano e senza alcuna
legittimazione popolare.
La scelta di imporre la costruzione della centrale a
carbone a Saline Joniche avviene contro la volontà delle popolazioni, delle
istituzioni e amministrazioni locali, delle associazioni ambientaliste e
dell’intero territorio che in diverse circostanze hanno espresso una chiara e
netta contrarietà all’impianto che la
multinazionale svizzera SEI -Repower vuole realizzare nell’area dell’ex
Liquichimica di Saline Joniche.
Ed è davvero paradossale che il parere favorevole del
governo sia avvenuto proprio nel momento in cui alla Conferenza di Rio + 20 sull’emergenza climatica ed ambientale, tutti
i paesi stanno discutendo di come abbassare le emissioni altamente inquinanti
di CO2, tra cui assumono una particolare pericolosità quelle generate
dall’utilizzazione del carbone quale combustibile.
Il decreto del Consiglio dei ministri rappresenta
un’evidente forzatura frutto di un vero e proprio pateracchio con aspetti
palesi di illegittimità ed arbitrarietà, da cui emergono chiaramente i pesanti
condizionamenti che nella vicenda si sono determinati per ottenere questo
obiettivo.
A questo punto non ci sono alternative: ci vuole una
reazione adeguata alla gravità della sfida che è stata lanciata con un forte ed
incisiva mobilitazione popolare sostenuta da tutte le istituzioni locali e
dalla Regione.
Una cosa è certa. Tutta la Calabria dovrà opporsi
strenuamente contro una scelta neocolonialista che vuole trasformare questa
regione nella pattumiera dell’Italia.
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