TERREMOTO: GABRIELLI, MOLTE EMERGENZE CON STESSI UOMINI
(AGI) - L'Aquila, 18 apr. - "Non ci sono gli strumenti e
neanche la possibilita' di incidere effettivamente. Non posso
dire ai vigili del fuoco andate sul Pollino per intensificare
la prevenzione dello sciame sismico se poi devo gestire anche
le alluvioni in tutta Italia e gli uomini sono sempre quelli.
Questa e' la fotografia del sistema che io dirigo". Lo ha detto
il capo dipartimento della Protezione civile,Franco Gabrielli,
ex prefetto dell'Aquila, nella sua testimonianza al processo
alla commissione Grandi rischi. Gabrielli ha parlato anche di
informazione e giornalismo in tempi di emergenza ed eventi
critici: "La veicolazione dell'informazione produce non effetti
certi, ma certi effetti", ha detto, facendo riferimento anche
al caso del naufragio della nave da crociera Costa Concordia e
citando il caso dello sciame sismico nel Pollino in Calabria". Gabrielli ha parlato di "pendolo
del rapporto di veicolazione dell'informazione. O c'e' allarme,
o c'e' normalita', non c'e' via di mezzo". A sostegno delle
proprie tesi Gabrielli ha portato ad esempio lo sciame in
Calabria. "In questo periodo - ha spiegato - e' lo sciame piu'
intenso e sta andando avanti da tempo in territori storicamente
sismici. Un giorno e' uscito un articolo intitolato 'Qui come
all'Aquila', in cui un esperto diceva che stava arrivando un
forte sisma nella zona di Castrovillari. Abbiamo sollecitato
questo professore e ha spiegato di non aver mai detto questo.
Il giorno dopo e' uscito un altro articolo con il titolo
'Nessun allarme, lo sciame sismico calabrese e' normale'".
Infine Gabrielli ha snocciolato i dati sugli sciami sismici da
quando e' stato nominato successore di Guido Bertolaso, tra cui
anche quello dell'Aquila. "Tanto per avere un termine di
paragone - ha detto al giudice Marco Billi - sono andato a
vedere lo sciame dell'Aquila, dall'inizio al 31 marzo le scosse
sono state circa 250".
'NDRANGHETA: PROCURATORE DI REGGIO CALABRIA, IMPRESE MAFIOSE TOLGONO SPAZIO A QUELLE SANE
Reggio Calabria, 18 apr. - (Adnkronos) - ''Il sequestro di
aziende, cioe' beni produttivi, ha una valenza strategica. Le cosche
affermano la loro presenza sul territorio anche attraverso le imprese
mafiose e tolgono spazio alle imprese sane''. Lo ha sostenuto il
procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino,
nella conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli
dell'operazione 'Califfo 2' al Comando provinciale dei Carabinieri.
''Ora - ha aggiunto - ricostruiremo tutto il complesso delle relazioni
commerciali che ci dara' informazioni sul peso della cosca Pesce nel
tessuto socio-economico del territorio''.
'NDRANGHETA: BOSS RICERCATO GIOCAVA A SUPERENALOTTO (ANSA) - REGGIO CALABRIA, 18 APR - Aveva la passione del
Superenalotto il boss della 'ndrangheta Francesco Pesce, detto
''testuni'', e non rinunciava a giocare anche durante la sua
latitanza, conclusasi il 9 agosto del 2011. E' quanto e' emerso
dall'inchiesta che ha portato agli arresti degli affiliati alla
cosca Pesce da parte dei carabinieri.
L'esame delle immagini effettuate dai carabinieri nel corso
delle indagini ha svelato che Francesco Pesce, in due occasioni,
aveva delegato Giuseppe Pronesti', figlio di Antonio, arrestato
lo stesso giorno in cui avvenne la cattura di Pesce, a giocargli
dei numeri al 'Superenalotto'. La mattina del 4 agosto Pronesti'
e' stato ripreso nell'atto di conservare alcuni fogliettini
assimilabili a schedine del Superenalotto. La sera del 9 agosto,
inoltre, i carabinieri hanno trovato nella Panda di proprieta'
di Antonio Pronesti' 8 ricevute del Superenalotto attestanti
altrettante scommesse effettuate il 4 agosto precedente, e cioe'
negli stessi giorni in cui Giuseppe Pronesti' aveva incontrato
il ricercato.
I numeri erano stati scelti dallo stesso latitante poiche' i
pronostici comprendevano la data di nascita di Francesco Pesce e
quella di sua figlia Maria Grazia, nonche' il giorno (7) ed il
mese (12) in cui era nato suo fratello Giuseppe Pesce.
'NDRANGHETA: BENI CON PRESTANOME, CENTRALE RUOLO DONNE
(ANSA) - REGGIO CALABRIA, 18 APR - Dall'indagine che ha
portato all'arresto di sei presunti affiliati alla cosca Pesce
della 'ndrangheta emerge ancora una volta la centralita' del
ruolo delle donne nell'organizzazione del gruppo criminale.
Dei sei arrestati, infatti, tre sono donne. Si tratta di
Maria Rosa Angiletta, di 30 anni; Maria Carmela D'Agostino (33)
e Maria Grazia Spataro (25). Le altre persone finite in manette
sono Giuseppe Fabrizio (38), e Demetrio e Domenico Fortugno, di
60 e 31 anni. Delle sette ordinanze di custodia cautelare emesse
dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda non e' stata
eseguita quella a carico di Giuseppe pesce, di 32 anni, che e'
latitante dall'aprile del 2010 dopo essere sfuggito
all'operazione All inside. A causa delle lunghe detenzioni
imposte agli uomini, riferiscono i carabinieri, le mogli, da
custodi della mentalita' mafiosa all'interno delle mura
domestiche tenutarie dei segreti di mariti, figli e fratelli, da
tempo, hanno assunto un ruolo dinamico ed operativo in seno alla
'cosca Pesce'. Una situazione che era gia' emersa ''All Inside''
in cui era stata evidenziata la posizione di numerose donne a
cui era devoluto il compito di far transitare all'esterno le
direttive dei boss in carcere; addirittura. A Maria Grazia
Messina, in particolare, era stata affidata la custodia della
''bacinella'', la cassa comune della cosca in cui confluivano i
proventi dell'attivita' illecita del gruppo criminale capeggiato
dal genero, Antonino Pesce, e dal nipote Francesco Pesce.
Nel corso dell'indagine viene accertato che a Maria Rosa
Angilletta, Maria Grazia Spataro e Maria Carmela D'Agostino
vengono intestate due imprese che in base ai loro redditi
dichiarati non avrebbero mai potuto fondare o mantenere.
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