Nella mattinata odierna, i Carabinieri del Comando Provicniale di
Reggio Calabria, del ROS e dello Squadrone Cacciatori hanno effettuato numerose
perquisizioni e rastrellamenti nelle campagne Rosarnesi, su delega della locale
DDA, finalizzati al rintraccio del boss PESCE Marcello, inserito nell’elenco
dei latitanti pericolosi:
-
n. 1 arresto;
-
n. 1 bunker
sequestrato.
La famiglia PESCE rappresenta una delle più potenti
cosche, con radici storiche che risalgono alla fine degli anni ’60, allorquando
si imponeva la leadership di PESCE Giuseppe cl. 1923, succeduto all’allora “capo bastone” CUNSOLO Domenico, ucciso
agli inizi degli anni ’70. Le recenti dinamiche criminali della cosca sono
state poste in risalto grazie all’operazione “ALL INSIDE”, grazie alla quale è stato possibile accertare
l’operatività di un sodalizio criminale qualificabile ai sensi dell’art. 416
bis, finalizzato in modo continuativo alla commissione di reati che spaziano
dal traffico di sostanze stupefacenti al riciclaggio di denaro, alla truffa,
estorsioni, armi, banca rotta fraudolenta ed altro ancora. PESCE Marcello è
ricercato dalla notte del 26 aprile 2010, quando si diede alla macchia assieme
al cugino Francesco detto “Ciccio ‘u
testuni”. La sua caratura criminale è evidenziata in modo esaustivo nel
capo di imputazione contestatogli: “promotore ed organizzatore del sodalizio, per aver svolto un
rilevante ruolo di intermediazione, nell’ambito dell’incontro tra i vertici
delle famiglie mafiose BELLOCCO e PESCE, al fine di redimere la faida nata in seguito all’omicidio SABATINO,
oltre a compiti decisionali ed organizzativi nell’ambito
della attività di traffico di stupefacenti e di reinvestimento dei
profitti accumulati dalla cosca”.
L’impegno dell’Arma dei Carabinieri ha fino ad ora
permesso di assicurare alla Giustizia ben tre latitanti rosarnesi: il
09.08.2011, nelle campagne di Rosarno, veniva catturato PESCE Francesco “testuni”; il 22.07.2012, a Catanzaro
Marina, veniva arrestato ARENA Domenico (cognato del boss PESCE Vincenzo);
infine, il 09.08.2012, MATALONE Roberto (cognato di Pesce Francesco) veniva
accerchiato e tratto in arresto mentre si trovava sulla spiaggia di
Joppolo.
L’importanza strategica giocata da PESCE Marcello
nelle dinamiche della cosca rosarnese trova conferma anche durante la sua
latitanza; infatti, PESCE Francesco “testuni”,
a soli due giorni dalla sua cattura, scriveva in
carcere un “pizzino” in cui indicava
una serie di soggetti che avrebbero dovuto gestire gli affari della cosca durante la sua detenzione: tra i vari
nominativi, vi era anche quello di TOCCO Francesco Antonio, cognato di
Marcello, che veniva tratto in arresto nel febbraio 2012 nell’ambito
dell’operazione “CALIFFO 1” (e tutt’oggi è detenuto) “per aver partecipato al sodalizio criminale, con funzioni direttamente
esecutive delle direttive di PESCE Francesco cl.78”.
Già la settimana scorsa, la DDA di Reggio Calabria aveva
disposto perquisizioni domiciliari, a seguito delle quali era stato tratto in
arresto il nipote del latitante e sequestrata varia documentazione finanziaria
di estremo interesse investigativo. Nella mattinata odierna, a conclusione dei
controlli disposti dalla magistratura, i militari hanno ammanettato ALVIANO Francesco – soggetto ritenuto
vicino al latitante – e fratello di Giuseppe detto
“PINO ROSPO” (tratto in arresto nel
febbraio 2012, nel corso dell’operazione c.d. “CALIFFO 1” ) e di recente
condannato in primo grado alla pena di 9 anni e mesi 4 di detenzione, per la
sua intraneità alla “cosca PESCE”.
I fratelli ALVIANO
sono noti già dal 2004 alle Forze dell’Ordine, perché sul loro conto si sono espressi senza riserve tre collaboratori di
giustizia: DROMI’ Cesare, FACCHINETTI Salvatore e PESCE Giuseppina; si tratta
di dichiarazioni convergenti che li dipingono come soggetti cresciuti a casa di
“don Peppino PESCE” (“il padre di Alviano è morto nella casa di
Giuseppe Pesce, quando la stavano costruendo allora, ha avuto un incidente sul
lavoro questo qua, e lo ha sempre accudito Peppe Pesce) - il defunto
patriarca della cosca - e da sempre considerati al servizio di quella famiglia. Su ALVIANO
Francesco ricadono, inoltre, sospetti in merito alll’omicidio di ARCURI
Francesco, avvenuto a Rosarno nel novembre del 1993. FACCHINETTI, in
particolare, sottolineava che i familiari dell’ARCURI, a seguito dell’omicidio,
avevano richiesto l’autorizzazione di uccidere un ALVIANO, “ma non hanno ricevuto il benestare dei Pesce
dato lo strettissimo rapporto esistente tra questa famiglia e gli Alviano”.
Le operazioni dei militari
dell’Arma si sono concluse con il sequestro dell’ennesimo bunker, rinvenuto nelle campagne di Candidoni, situato a pochi
metri da un manufatto rustico. Al rifugio sotterraneo, ritenuto nella
disponibilità di Marcello PESCE, si accedeva mediante una botola mimetizzata
dalla fitta vegetazione ed una scaletta metallica situata all’ingresso. Le
verifiche all’ambiente interno (un monovano di circa 5/10 mq) dimostravano che
a causa del maltempo degli ultimi giorni si era allagato e - probabilmente -
non era stato utilizzato di recente, ma poteva costituire idonea “camera di compensazione” per sfuggire ai
controlli stringenti delle FF.OO.. Nei pressi dell’ingresso, i Carabinieri
hanno dissotterrato cavi elettrici e tubi, che confermano la destinazione
illegale della costruzione sequestrata.
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