La Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili arriva alla sua sesta edizione, fu proclamata dall'Onu nove anni fa per condannare la gravissima pratica, diffusa in diversi parti dell'Africa, che viola il diritto alla salute e all'integrità fisica delle donne e purtroppo di tante bambine attraverso la mutilazione degli organi genitali con escissione o infibulazione, per garantire la purezza della ragazza sino al matrimonio.
Da oltre dieci anni a questa parte l'Europa ha dovuto affrontare questo fenomeno “culturale”, a seguito del fenomeno immigratorio che ha visto migliaia di persone africane spostarsi nei paesi comunitari per trovare lavoro.
Dai dati di una ricerca del Dipartimento per le Pari Opportunità è emerso che solo in Italia siano oltre 35mila le donne che hanno subito MGF e che circa mille minori sotto i 17 anni siano a rischio mutilazione.
La ricerca è di un paio di anni fa e coincide con una campagna di sensibilizzazione promossa dal Dipartimento Pari Opportunità e l'approvazione della legge n. 7 del 2006 per la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
La legge ha accolto così l'impulso delle Nazioni Unite e dall’OMS per prevenire e combattere la pratica innanzi tutto a livello socio-sanitario, con la formazione dei medici e degli operatori a diretto contatto con l'utenza che accolgono le donne immigrate, permettendo una maggiore conoscenza delle cause culturali e soprattutto una dimensione verosimile del dato in Italia.
Prevenzione, assistenza alle vittime e eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale femminili sono gli obiettivi del legislatore, che ha introdotto amche il reato di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili” all'art. 583 del codice penale il reato delle , prevedendo la pena della reclusione da 4 a 12 anni, con l'aumento di un terzo in caso di minorenni.
Negli anni l'approccio istituzionale verso le MGF è cambiato, e la legge è un esempio del nuovo stile: alle prime grandi campagne di comunicazione sono seguite attività di sensibilizzazione sulle donne, interventi di mediazione culturale con una maggiore attenzione all'impatto mediatico sulle comunità di immigrati per evitare che i toni sensazionalistici possano causare una chiusura verso l'esterno per evitare pericolose sovraesposizioni.
Fondamentale per il futuro è attivare canali locali di comunicazione, potenziare la sensibilizzazione presso le scuole, i servizi sociali, le strutture sanitarie, cercando di trasmettere un messaggio di rispetto della salute e dell'integrità fisica scevro da valutazioni culturali, che possa essere metabolizzato da una nuova generazione di immigrati che va via via emancipandosi da usanze retaggio di una cultura lontana da qualsiasi rispetto e riconoscimento dei diritti delle donne.
Ma ad oggi tutto questo non è sufficiente, da più parti viene richiesto al Governo che sottoscriva la Convenzione del Consiglio d'Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica al fine di creare uno strumento giuridicamente vincolante a tutela delle donne.
Amnesty International ha lanciato un appello ai leader europei per la sottoscrizione della Convenzione con un video che si può vedere su questo link:
www.endfgm.eu
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