In un periodo storico nel quale riemergono tristemente fenomeni di gratuita e barbara violenza nei confronti delle donne, è doveroso non abbassare la guardia verso intollerabili rigurgiti di misogenia, oggi più che mai al centro delle cronache italiane e non solo. Una buona politica è quella che non si limita ad affrontare le emergenze che di volta in volta si presentano, ma quella che ha la pretesa di forgiare la società nella direzione di un progressivo ed esponenziale aumento dei diritti. In questo specifico ambito l’Italia deve fare ancora molti passi in avanti, valorizzando il genio e l’intuito femminile anche e soprattutto nella gestione della cosa pubblica. La politica non può non interrogarsi sul perché l’Italia manifesti ancora oggi percentuali troppo basse di donne che ricoprono incarichi di pubblica responsabilità. La presenza di donne all’interno di processi decisionali di fondamentale importanza è spesso il termometro per misurare la civiltà di un Paese e la sua capacità di guardare lontano. Il mio augurio è che , tra non molto, l’Italia somigli di più ai paesi europei che rappresentano oggi della realtà dove le opportunità non conoscono differenze di sesso. Per raggiungere un obiettivo così ambizioso non bastano strumenti burocratici come le quote rosa, che invece finiscono con lo svilire una battaglia di principio che è precipuamente ideale e di pensiero. Bisogna partire da una rivoluzione del sentire che trasformi inerzialmente una realtà tutt’ora insufficiente, per dare pieno compimento a quelle istanze di uguaglianza tra gli uomini e i sessi, avvertite come non più rinviabili dalle fasce più riflessive e colte della nostra società contemporanea.
Come restanre insensibili e non volgere un attento sguardo aldilà dei nostri italici confini, per prestare adeguata attenzione verso alcuni fenomeni, ancora presenti presso culture distanti dalla nostra, che ricorrono a pratiche come l’infibulazione, degradanti per le donne, che non dovrebbero più trovare alcun diritto di cittadinanza in un mondo finalmente unito dagli stessi valori e principi.
Registro con soddisfazione anche l’evidente e importante tentativo delle femministe ucraine, che si riconoscono nell’associazione Femen, di porre l’accento sul fenomeno spesso dolosamente sottaciuto che riguarda lo sfruttamento e la mercificazione del corpo femminile. Alla luce di queste premesse invito i rappresentati regionali ad accelerare nella direzione di una definitiva consacrazione non retorica della parità tra i sessi. Sono pochissime le donne in Calabria che assurgono a ruoli di rilievo istituzionale. Ottime e brillanti eccezioni rappresentate in regione dalla vicepresidente Antonella Stasi e in Provincia dalla Presidente Alessandra Polimeno, dalla Presidente della Commissione Regionale Pari Opportunità Giovanna Cusumano e dalla Consigliera di Parità Daniela De Blasio. Presenze qualificate e non simboliche che dimostrano nei fatti quanto le donne possono dare per il miglioramento della nostra società e della nostra politica.
Termino questa mia riflessione in occasione della ricorrenza dell’otto marzo, proponendo al Consiglio Regionale della Calabria, che aveva manifestato la volontà di ridurre il numero dei consiglieri approvando una nuova legge elettorale, ben mutuando l’esperienza della legge elettorale campana, che prevede l’obbligo di esprimere due preferenze diversificate per sesso, per dare un segnale di cambiamento destinato a modificare in meglio la qualità e la funzionalità delle nostre diverse rappresentanze democratiche.
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