Giovani, lavoro e governo Monti “Ecco i punti che li riguardano”
9 marzo 2012
Qualche stimolo all’imprenditorialità, norme per l’accesso alle professioni, riordino dei contratti d’entrata, deduzioni al reddito d’impresa, nuovi ammortizzatori sociali e flessibilità in uscita. Sono alcuni dei primi strumenti su cui il governo Monti vuole puntare per dare maggiori opportunità alle nuove generazioni già da troppo tempo simbolo, loro malgrado, di un’Italia perennemente in crisi.
“Quasi sempre quello che giova ai giovani, giova al Paese. Quasi sempre ciò che restringe le possibilità dei giovani, restringe le possibilità per il futuro del Paese”. A dirlo davanti alle telecamere accese, era stato lo stesso Mario Monti. Era il 14 novembre del 2011 e il Professore aveva appena concluso la prima giornata di consultazioni da presidente del Consiglio incaricato. Il destino dell’Italia, ammetteva il premier, proprio allora che stava nel punto più acuto della crisi del nostro Paese, è indissolubilmente legato a quello dei giovani e per questo li indicava come una delle bussole principali per “orientare le azioni di politica economica e di politica sociale”.
Da quel giorno di novembre a oggi sono passati più di cento giorni. Le condizioni dei giovani, disincantati e preoccupati, sono ancora le stesse. Il tasso di disoccupazione degli under 24 è sempre intorno al 30 per cento e anche i fratelli maggiori fanno molta difficoltà a trovare qualcosa di dignitoso. Tutti hanno fretta, soprattutto i ragazzi che per troppo tempo si sono ritrovati a dovere ascoltare appellativi incongrui e suggerimenti, invece di vedersi offerte opportunità e scelte. Ecco una lista di punti estratti dal magma in mutazione dei primi provvedimenti presi dal governo e di quelli che dovrebbero arrivare dal tavolo in corso tra il ministro Elsa Fornero e le parti sociali.
“Quasi sempre quello che giova ai giovani, giova al Paese. Quasi sempre ciò che restringe le possibilità dei giovani, restringe le possibilità per il futuro del Paese”. A dirlo davanti alle telecamere accese, era stato lo stesso Mario Monti. Era il 14 novembre del 2011 e il Professore aveva appena concluso la prima giornata di consultazioni da presidente del Consiglio incaricato. Il destino dell’Italia, ammetteva il premier, proprio allora che stava nel punto più acuto della crisi del nostro Paese, è indissolubilmente legato a quello dei giovani e per questo li indicava come una delle bussole principali per “orientare le azioni di politica economica e di politica sociale”.
Da quel giorno di novembre a oggi sono passati più di cento giorni. Le condizioni dei giovani, disincantati e preoccupati, sono ancora le stesse. Il tasso di disoccupazione degli under 24 è sempre intorno al 30 per cento e anche i fratelli maggiori fanno molta difficoltà a trovare qualcosa di dignitoso. Tutti hanno fretta, soprattutto i ragazzi che per troppo tempo si sono ritrovati a dovere ascoltare appellativi incongrui e suggerimenti, invece di vedersi offerte opportunità e scelte. Ecco una lista di punti estratti dal magma in mutazione dei primi provvedimenti presi dal governo e di quelli che dovrebbero arrivare dal tavolo in corso tra il ministro Elsa Fornero e le parti sociali.
Imprese under 35. Si parte da uno stimolo all’imprenditorialità. Nel decreto sulle liberalizzazioni è stata introdotta la società semplificata a responsabilità limitata. Solo un euro di capitale per costituirla e un minor numero di controlli e verifiche. Prima, la più piccola società richiedeva un capitale di decine di migliaia di euro e spese molto elevate, soprattutto dal notaio. Secondo le nuove norme, quando uno dei soci supera i 35 anni è però costretto a dimettersi. Negli emendamenti introdotti è stato reintrodotto il passaggio dal notaio, seppure senza alcuna spesa. In Italia, secondo i dati di Unioncamere di fine febbraio, la quota di aziende di under 35 nel 2011 era solo dell’11,4 per cento. Meno di quanto fossero nel 2010. E il rallentamento si è sentito soprattutto nella seconda parte dell’anno.
L’accesso alle professioni. Sempre con il decreto sulle liberalizzazioni sono state introdotte alcune norme con l’obiettivo di rendere meno rigido il sentiero verso le carriere professionali. La durata del tirocinio, tranne per le professioni sanitarie, non potrà essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei mesi, potrà essere svolto nell’ultima parte degli studi. Tra gli emendamenti è stata introdotta la modifica che prevede che al tirocinante sia “riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio”. Quindi, primi sei mesi gratuiti e poi un anno con rimborso spese. Nel decreto c’è anche la norma che prevede le procedure per l’assegnazione di 550 posti di notaio e due concorsi entro la fine del 2013 e del 2014 per nominarne fino a un massimo di 500 nuovi l’anno. Nella commissione industria del Senato è stato introdotto un emendamento del Pd che stabilisce tempi certi per la definizione e la conclusione dei concorsi.
Il lavoro somministrato. Venerdì 24 febbraio è stato varato il decreto legislativo sul lavoro interinale. Gli interinali vengono equiparati, per il periodo di durata della missione, ai dipendenti. Un’equiparazione che per molti era già in vigore. La novità principale va rintracciata ad ogni modo nella cancellazione della causale (“picchi di lavoro e stagionalità”) di questa tipologia contrattuale nel caso in cui si tratti di giovani, disoccupati, lavoratori in mobilità, over 50 e stranieri e in tutti quei casi in cui c’è un accordo anche a livello locale con le parti sociali. Non ci sarà più bisogno di giustificazione per assumerli con questa tipologia contrattuale. Per il governo e per Cisl e Uil, è un modo per dare una chance in più per chi ne ha bisogno. Per Cgil, il decreto rischia di incrementare di fatto il lavoro già molto parcellizzato.
Deduzioni al reddito d’impresa. Nella manovra finanziaria di fine 2011 sono stati introdotti degli aiuti fiscali alle imprese che assumono giovani e donne. A partire dal 2012 le imprese potranno dedurre dal reddito di impresa, per ogni lavoratore di età inferiore a 35 anni assunto a tempo indeterminato, 10.600 euro l’anno che diventano 15.200 nelle aree svantaggiate.
Apprendistato. Per il ministro Elsa Fornero è il contratto di lavoro che potrebbe diventare il percorso di ingresso privilegiato dei giovani nelle imprese. E’ un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e è stato di recente riordinato dal precedente governo con un Testo Unito entrato in vigore il 25 ottobre 2011. E’ il contratto, in termini di aliquote da pagare, più vantaggioso per le imprese e prevede l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere e l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Nelle indicazioni del ministro va però potenziata, rispetto alla forma attuale, la componente formativa. Al tavolo con le parti sociali si discute anche della durata possibile.
Contratti d’entrata e premi stabilità. Il ministro Fornero ha detto che la complessa tipologia dei contratti in entrata va razionalizzata e ha sottolineato che si deve “evitare che si passi da un contratto a tempo determinato all’altro restando sempre determinati”. Si direbbero le premesse per una battaglia contro le false collaborazioni e le partite Iva “coatte”. Il quadro del ministro prevederebbe un aggravio di contributi a tempo determinato. I sindacati sono d’accordo, ma le imprese no. Tra gli altri strumenti sul tavolo ci sarebbe anche un premio di stabilità per quelle aziende che trasformano i contratti precari in stabili.
Nuovi ammortizzatori sociali. Il ministro Fornero ha fatto capire di volere ridisegnare il quadro degli strumenti in campo. La revisione entrerebbe in vigore “con gradualità”. L’anno di applicazione, probabilmente, sarà il 2017. Due gli elementi fondamentali: la cassa integrazione e l’indennità di disoccupazione. In particolare quest’ultima, della durata di 8-12 mesi, verrebbe estesa anche ai lavoratori flessibili attraverso il finanziamento che deriverebbe dalla maggiorazione dei contributi per i contratti dei precari.
Articolo 18. Si tratta della flessibilità in uscita e è il punto più doloroso. E’ l’elemento che suscita più critiche e su cui sarà molto difficile venga trovato un accordo. Sarà l’ultimo argomento trattato sul tavolo tra ministro e parti sociali. In questo momento l’articolo 18 prevede il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa. Tra le ipotesi, c’è quella di una norma che sospenda l’articolo 18 per chi proviene da contatti precari in cambio di un risarcimento economico che cresca con l’anzianità di lavoro. La tutela dell’articolo 18 rimarrebbe per tutti quelli che hanno già un contratto da dipendente in essere.
di Federico Pace
fonte:repubblica.it
fonte:repubblica.it
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