La
notizia della maxi confisca all’imprenditore Gioacchino Campolo è sicuramente
un risultato importante sul piano della lotta alla criminalità organizzata,
grazie al lavoro compiuto dalla Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Quei
beni, per un valore complessivo stimato di 330 milioni di euro, accumulati in
maniera illecita, oggi dovranno tornare alla comunità cittadina, vittima della
speculazione mafiosa, e riusati per scopi sociali. Ma a questo punto la domanda
sorge spontanea, chi e come potrà usufruire di quei beni? Quando e come
verranno assegnati? In base a quali progetti?
Reggio
Calabria è il secondo Comune d’Italia per beni confiscati alla mafia. Tuttavia
manca un regolamento nell’assegnazione dei beni agli aventi diritto, né è mai
stato fatto un bando che stabilisse i criteri precisi dell’assegnazione. Urge
immediatamente che il Comune di Reggio Calabria si doti di tale regolamento, in
modo che sia possibile istituire un albo di cooperative e associazioni aventi
diritto, ovvero titolate ad usufruire dei beni confiscati e informare gli
aventi diritto dell’elenco completo con relative caratteristiche dei beni
confiscati alla mafia destinati al Comune. Inoltre, tramite un bando annuale, il
Comune potrà chiedere agli aventi diritto di presentare proposte di utilizzo
dei beni in base ad obiettivi specifici che il Comune stesso individuerà.
Infine il regolamento servirà a istituire un sistema di controllo successivo
circa l’effettivo utilizzo dei beni assegnati.
Stabilire
regole di trasparenza per l’assegnazione e l’utilizzo dei beni confiscati è
prerogativa necessaria per portare a compimento il lavoro prezioso della
Magistratura e delle Forze dell’Ordine e per dare forza all’impegno sociale di
quanti si battono quotidianamente contro le mafie. E’ necessario evitare che
qualcuno pensi di utilizzare l’assegnazione di tali beni come una concessione
di “favori” solo per alcuni “fortunati” in base ad amicizie e prossimità
politiche, innescando un sistema clientelare al quale spesso assistiamo in
questa Città, piuttosto che come diritti realmente riconosciuti in base a
regole trasparenti e precise.
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