La fuliggine che esce dalla canna fumaria di un forno è molesta anche se le emissioni non superano il limite di legge. Se è vero che è buono il profumo del pane appena sfornato, certamente non è altrettanto gradevole avere la casa annerita dai vapori che escono dall’impianto di aereazione di una panetteria. Almeno così la pensavano gli abitanti del condominio che ha dichiarato guerra al proprietario di un forno, il cui impianto di smaltimento spargeva la nera fuliggine sulla facciata del palazzo.
La Cassazione, con la sentenza 7605, dà partita vinta ai condomini e conferma la condanna, inflitta al panettiere dal Tribunale di Sassari, per il reato di “getto pericoloso” di cose previsto dall’articolo 674 del Codice penale.
Inutile il tentativo del fornaio di denunciare la contraddizione in cui, a suo avviso, erano caduti i giudici di merito che lo avevano invece assolto dall’accusa di aver violato l’articolo 24 del decreto del presidente della Repubblica n.203 del 1988 con il quale sono state recepite le direttive comunitarie sull’inquinamento prodotto dalle realtà industriali. Una decisione che sarebbe, a parere del panificatore, un implicito via libera a svolgere la sua attività.
Ma non è così. Gli ermellini spiegano, infatti, che la molestia non c’è soltanto nel caso in cui le emissioni superino il tetto imposto da speciali norme giuridiche ma anche quando si oltrepassa la misura della comune tollerabilità per come fissata dall’articolo 844 del Codice civile, il quale stabilisce che nel giudizio devono avere un peso lo stato dei luoghi e anche il giusto bilanciamento tra le esigenze di produzione e quelle della proprietà. In questo caso si affermano senz’altro le seconde, al punto che la Corte di cassazione avalla, considerando sufficienti le prove raccolte, anche il rifiuto di assumere come teste a discarico, oltre al tecnico addetto alla manutenzione del forno anche un condomino. Troppo poco per essere assolto.
In maniera diversa è andata invece a un collega del ricorrente che non ha pagato pegno pur avendo un impianto rumoroso. La Cassazione, con la sentenza 33072 del 5 settembre scorso lo ha infatti “graziato” perché del rumore si era lamentata soltanto una famiglia. Per il reato di molestia serve, infatti, che il fastidio sia avvertito da un «numero indeterminato di persone».
La Cassazione, con la sentenza 7605, dà partita vinta ai condomini e conferma la condanna, inflitta al panettiere dal Tribunale di Sassari, per il reato di “getto pericoloso” di cose previsto dall’articolo 674 del Codice penale.
Inutile il tentativo del fornaio di denunciare la contraddizione in cui, a suo avviso, erano caduti i giudici di merito che lo avevano invece assolto dall’accusa di aver violato l’articolo 24 del decreto del presidente della Repubblica n.203 del 1988 con il quale sono state recepite le direttive comunitarie sull’inquinamento prodotto dalle realtà industriali. Una decisione che sarebbe, a parere del panificatore, un implicito via libera a svolgere la sua attività.
Ma non è così. Gli ermellini spiegano, infatti, che la molestia non c’è soltanto nel caso in cui le emissioni superino il tetto imposto da speciali norme giuridiche ma anche quando si oltrepassa la misura della comune tollerabilità per come fissata dall’articolo 844 del Codice civile, il quale stabilisce che nel giudizio devono avere un peso lo stato dei luoghi e anche il giusto bilanciamento tra le esigenze di produzione e quelle della proprietà. In questo caso si affermano senz’altro le seconde, al punto che la Corte di cassazione avalla, considerando sufficienti le prove raccolte, anche il rifiuto di assumere come teste a discarico, oltre al tecnico addetto alla manutenzione del forno anche un condomino. Troppo poco per essere assolto.
In maniera diversa è andata invece a un collega del ricorrente che non ha pagato pegno pur avendo un impianto rumoroso. La Cassazione, con la sentenza 33072 del 5 settembre scorso lo ha infatti “graziato” perché del rumore si era lamentata soltanto una famiglia. Per il reato di molestia serve, infatti, che il fastidio sia avvertito da un «numero indeterminato di persone».
Fonte: sole24ore.it
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