DA OGGI STOP AI PAGAMENTI OLTRE 1000 EURO
1 luglio 2012
Da oggi stop ai pagamenti in contanti oltre i 1.000 euro. Entra, infatti, in vigore la norma del decreto Salva-Italia sulla tracciabilita’ dei pagamenti.
Nessun pagamento per valori pari o superiori a 1.000 euro in contanti o con assegno non intestato o non recante la clausola ‘non trasferibile’ potra’ piu’ essere effettuato senza avvalersi di intermediari finanziari abilitati, come banche o poste.
La regola vale anche per stipendi e pensioni delle pubbliche amministrazioni.
Nessun pagamento per valori pari o superiori a 1.000 euro in contanti o con assegno non intestato o non recante la clausola ‘non trasferibile’ potra’ piu’ essere effettuato senza avvalersi di intermediari finanziari abilitati, come banche o poste.
La regola vale anche per stipendi e pensioni delle pubbliche amministrazioni.
Le sanzioni
Chi non osserva tale disposizioni andrà incontro ad una sanzione amministrativa che va dall’1 al 40 per cento dell’importo trasferito, se questo è compreso tra 1000 e 50 mila euro, mentre la sanzione sarà dal 5 al 40 per cento se l’importo oggetto dell’infrazione è superiore ai 50 mila euro.
Per gli assegni bancari o postali che superano il limite dei 999 euro sarà d’ora in avanti obbligatorio indicare il beneficiario ed apporre la clausola di non trasferibilità. Gli assegni bancari o postali emessi all’ordine del traente potranno essere riscossi solo presso una banca o un ufficio postale. L’ infrazione è punita con le stesse sanzioni amministrative previste per l’uso di contante.
Per gli assegni bancari o postali che superano il limite dei 999 euro sarà d’ora in avanti obbligatorio indicare il beneficiario ed apporre la clausola di non trasferibilità. Gli assegni bancari o postali emessi all’ordine del traente potranno essere riscossi solo presso una banca o un ufficio postale. L’ infrazione è punita con le stesse sanzioni amministrative previste per l’uso di contante.
IN SICILIA UN CITTADINO OGNI 25 (COMPRESI VECCHI E BAMBINI) PRENDE SOLDI A VARIO TITOLO DALLA REGIONE
30 giugno 2012
Una regione regno di privilegi, di arretratezza e ultimo baluardo di quello che è stato definito socialismo municipale: in Sicilia un cittadino ogni 25 (compresi vecchi e bambini) prende soldi a vario titolo dalla regione. Che è solo un aspetto di un apparato pubblico elefantiaco. Il dato, reso noto dal procuratore generale d’appello della Corte dei conti siciliana Giovanni Coppola, è solo parziale ma comunque interessante: alla regione lavorano 20.288 persone (costato nel 2011 poco più di un miliardo di euro) di cui 17.218 a tempo indeterminato e 3.070 a tempo determinato mentre il totale complessivo del personale addetto alla sanità al 31 dicembre del 2011 è di 50.034 unità. In totale, considerando solo questi due dati, si arriva a 70mila persone cui si possono benissimo aggiungere i 19mila precari degli enti locali in cerca di stabilizzazione, i lavoratori forestali, i dipendenti della formazione professionale, quelli delle società per azioni (che però sono a totale controllo dei comuni), i dipendenti diretti di comuni e province (i cui trasferimenti sono iscritti nel bilancio regionale) si arriva a poco più di 190mila persone che a vario titolo percepiscono risorse che transitano dal bilancio regionale.
In pratica se si considera il totale dei cittadini, ogni 25 abitanti ce n’è almeno uno che a vario titolo prende soldi dalla Regione e se invece si considera solo la fascia dei cittadini in età di lavoro (che in Sicilia francamente si può benissimo mediamente fissare tra i 18 e i 60 anni) ogni 15 persone mediamente ce n’è una che prende fondi dalla Regione. E non vengono considerati in questo calcolo, fatto prendendo solo spunto dalla relazione di Coppola, i 16.098 pensionati della Regione siciliana di cui 998 andati in pensione grazie alla legge 104/1992 ovvero, dice il procuratore generale della sezione siciliana della Corte dei conti, «gli ultimi cosiddetti baby pensionati che potevano ottenere la pensione con 25 anni di servizio ove accudissero un parente gravemente disabile».
Altro dato su cui ha posto l’attenzione Coppola è quello che riguarda il sistema delle società partecipate dalla regione: «Al 31 dicembre dell’anno scorso – dice – erano 34 ma attraverso un sistema simile alle scatole cinesi alcune di queste società detengono partecipazioni in altre società per l’esattezza 20: di conseguenza la partecipazione azionaria della regione concerne di fatto ben 54 società. Delle predette 34 società direttamente partecipate ben 21 hanno chiuso in perdita l’ultimo bilancio d’esercizio comunicato. È stata prevista la riduzione a 14 delle società partecipate ma tale riduzione e, quindi, la dismissione delle altre società non risulta ancora attuata». Tutto ciò mentre si registra inefficienza e paralisi in interi settori. Come quello delle opere pubbliche: dei 1.254 appalti aggiudicati nel 2005 solo 605 risultano collaudati al 31 dicembre 2011 mentre se si fa riferimento ai 1.047 appalti aggiudicati nel 2006 solo 448 risultavano collaudati al 31 dicembre dell’anno scorso.
Intanto la prospettiva è quella di una recessione sempre più forte, come si evince dal rapporto congiunturale della Fondazione Res presentato a Catania: «La crisi alimenta le diseguaglianze tra i percettori di reddito e tra le attività economiche, fenomeno che rallenta le prospettive di ripresa nel breve termine – spiega Adam Asmundo, responsabile del modello dell’economia siciliana all’interno dell Fondazione – e i primi possibili sintomi di ripresa non si avranno prima del 2014». Secondo il rapporto, in Sicilia la flessione del Pil attesa per il 2012 è del 2,6%, quella della domanda delle famiglie del 3,2 %, mentre gli investimenti in macchinari e attrezzature potrebbero diminuire del 5,3 per cento.
di Nino Amadore
fonte: sole24ore.it
fonte: sole24ore.it
ACCORDO AL VERTICE UE, BRINDANO LE BORSE. RIALZO RECORD A PIAZZA AFFARI, SPREAD CROLLA
29 giugno 2012
Al termine di una maratona notturna negoziale molto tesa, giunta più volte al limite della rottura, i leader europei hanno concordato un piano per salvare l’euro che include un patto da 120 miliardi per la crescita, azioni a breve per il controllo degli spread, la ricapitalizzazione diretta delle banche e misure a medio e lungo termine che prefigurano un’Unione più integrata sul piano finanziario, monetario ed economico, fino ad un super ministro del Tesoro.
Il vero test sarà l’apertura dei mercati di lunedì, ma per ora il piano è stato accolto ‘a caldo’ molto positivamente: le Borse hanno chiuso in forte aumento e gli spread sono calati. L’agenzia di rating Fitch ha promosso le decisioni di Bruxelles che “allentano le tensioni sui rating dei Paesi euro nel breve termine” ed ha parlato di esito superiore alle attese. La svolta è arrivata all’alba, dopo una trattativa ad oltranza sulle riserve poste dall’Italia e dalla Spagna che si sono battute per misure a breve e brevissimo termine per la stabilità finanziaria. Il presidente Herman van Romuy ha annunciato l’accordo sull’uso dei fondi salva Stati Efsf-Esm per arginare la febbre degli spread e per ricapitalizzare direttamente le banche, sotto strette condizioni e dopo l’affido alla Bce del ruolo della supervisione bancaria. I dettagli sono ancora tutti da definire, ma entro il 9 luglio le decisioni dovranno diventare operative. In mattinata c’é stata una coda polemica sulle condizioni. Angela Merkel ha dichiarato che l’accordo prevedeva l’intervento della troika Ue-Bce-Fmi, salvo poi ammettere che per i Paesi che chiederanno il meccanismo anti-spread non ci saranno condizioni aggiuntive rispetto a quelle già previste dal fondo Efsf-Esm.
“Se ci fosse stato l’intervento della troika non saremmo stati contenti”, ha precisato il premier Mario Monti. Nelle prossime settimane si capirà se i “tasselli” concordati a Bruxelles diventeranno i mattoni di un nuovo edificio. Il presidente Usa Barack Obama accoglie i progressi fatti e incoraggia i leader europei ad andare avanti. Le decisioni prese sono “i primi passi di un processo che deve prevederne altri in futuro”, insiste la Casa Bianca. Il bilancio italiano è positivo: “E’ un risultato veramente importante per l’Europa, abbiamo fatto passi in avanti su linee condivise dall’Italia”, ha dichiarato Monti. ‘Super Mario’ è stato il grande protagonista di un vertice che ha scompaginato le alleanze tradizionali e imposto un’accelerazione della risposta alla crisi su più fronti. L’asse tra Italia e Spagna é stato sostenuto pienamente dal presidente francese Francois Hollande, che ha giocato il ruolo inedito di grande mediatore con la cancelliera tedesca.
“E’ stato un Consiglio europeo di successo, su tutti i fronti”, ha commentato la Merkel, che ha incassato ‘sportivamente’ i due goal di Balotelli e la pressione dei partner per indurla a una maggiore flessibilità. La Merkel ha fatto concessioni importanti, che prefigurano passi ulteriori verso una maggiore integrazione, senza rinunciare al principio che ad una maggiore solidarietà devono corrispondere condizioni e responsabilità. Resta il suo grande no agli Eurobond che rende la prospettiva di una condivisione del debito ancora molto lontana. I tempi sono invece rapidi per una tassa europea sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta Tobin tax: Hollande ha dichiarato che potrà vedere la luce già entro la fine dell’anno, trainata da un ‘nocciolo duro’ di Paesi guidato da Francia e Germania, al quale è pronta ora ad associarsi anche l’Italia.
Da Hollande è giunta una spinta ad andare oltre: “Si deve arrivare all’unione fiscale e a un ministero del Tesoro europeo che emetta debito e lo mutualizzi e che faccia una politica economica comune”, ha preconizzato il presidente socialista. Come altri leader, Hollande ha rifiutato di ragionare in termini di vincitori e vinti. “Nessuno può dire di aver vinto o di aver perso. E’ l’Europa che ha vinto. E l’Eurozona è stata confortata e rinforzata. Era questo l’obiettivo del vertice”, ha chiarito. Quale che sia il giudizio sull’esito del summit, suonano vere le parole del presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso: “In questi due giorni sono state prese misure impensabili solo fino a pochi mesi fa”.
di Marisa Ostolani
fonte: ansa.it
fonte: ansa.it
GRANDE ESODO CON L’A4 CHIUSA: PRONTE LE RICHIESTE DI RISARCIMENTO
1 luglio 2012
Va in tilt il passante di Mestre nel giorno del primo esodo estivo. Code chilometriche, nemmeno un’area di sosta, Protezione Civile e vigili costretta ad intervenire con bottiglie d’acqua distribuite in fretta e furia ai poveri automobilisti bloccati per ore sotto un sole cocente.
Già alle 7 del mattino il traffico è stato intenso su tutta la rete viaria principale della nostra provincia sulle strade che portano alle spiagge – fa sapere l’Adico – e mentre gli italiani iniziano le vacanze c’è chi pensa di chiudere per 15 ore per lavori un tratto di autostrada fondamentale per il transito dei vacanzieri tra Venezia e Trieste creando un serpentone di auto tra Jesolo, Treviso mare, Caposile ecc…
“Visto quanto accaduto ieri e quanto potrà accadere dei prossimi fine settimana – spiega Carlo Garofolini, presidente dell’Associazione di Difesa dei Consumatori Adico – abbiamo cominciato a pensare e predisporre una azione collettiva contro i cattivi amministratori di questa tanto osannata arteria per chiedere il rimborso dei disagi e dei danni subiti nella giornata di sabato e delle prossime che potrebbero verificarsi.
Ricordiamo ad esempio i rimborsi fino a 300 euro a seconda delle ore passate ferme in autostrada che gli automobilisti hanno ottenuto nel dicembre del 2010 bloccati a causa del mal tempo sull’autrostrada A1.
Per qualsiasi informazione invitiamo contattare la segreteria dell’Adico al numero di tel 041/5349637 oppure tramite email all’indirizzo info@associazionedifesaconsumatori.it
CONFINDUSTRIA: «ECONOMIA ITALIANA NELL’ABISSO»
28 giugno 2012
L’economia italiana è “nell’abisso”, con un Pil 2012 che scende a -2,4% e il pareggio di bilancio che si allontana rispetto al ‘close to balance’ indicato per il 2013 dal governo, secondo il quadro macroeconomico a tinte fosche fornito oggi dal Centro Studi di Confindustria (Csc).
La previsione del -2,4% peggiora quella già negativa di una contrazione dell’1,6% indicata nelle precedenti stime del Csc di dicembre, mentre per il 2013 il Pil è dato a -0,3% da 0,6%. E la situazione potrebbe addirittura peggiorare se dovesse fallire il Consiglio europeo di Bruxelles di oggi e domani, nel quale sono riposte le speranze di superare la crisi dei debiti sovrani e stabilizzare l’euro. Male anche il debito/Pil che per l’anno in corso è dato in crescita al 125,7% (dal 121,3% precedente) e per il 2013 a 125,8% da 118%.
Le ultime stime governative indicavano un rapporto al 123,4% nel 2012, considerato già un picco massimo, per poi calare al 121,5% nel 2013, e al 118,2% l’anno successivo.
Al netto del contributo italiano agli aiuti chiesti da altri Paesi dell’Eurozona, il debito rispetto al Pil si attesta, secondo Confindustria, al 122,6% nel 2012 e al 122,2% nel 2013.
Saltano poi le speranze non solo del pareggio di bilancio a breve, ma anche di un avvicinamento al target. Secondo l’ufficio studi dell’associazione degli industriali italiani, per l’anno in corso il deficit/Pil è stimato a 2,6% (dall’1,5% indicato a dicembre), e quello del 2013 è visto a 1,6% (da 0,1%).
Nel Def il governo puntava a un indebitamento netto all’1,7% nel 2012, per poi andare a un ‘close to balance’ di 0,5% nel 2013, a 0,1% nel 2014 e a 0,0% nel 2015.
La previsione del -2,4% peggiora quella già negativa di una contrazione dell’1,6% indicata nelle precedenti stime del Csc di dicembre, mentre per il 2013 il Pil è dato a -0,3% da 0,6%. E la situazione potrebbe addirittura peggiorare se dovesse fallire il Consiglio europeo di Bruxelles di oggi e domani, nel quale sono riposte le speranze di superare la crisi dei debiti sovrani e stabilizzare l’euro. Male anche il debito/Pil che per l’anno in corso è dato in crescita al 125,7% (dal 121,3% precedente) e per il 2013 a 125,8% da 118%.
Le ultime stime governative indicavano un rapporto al 123,4% nel 2012, considerato già un picco massimo, per poi calare al 121,5% nel 2013, e al 118,2% l’anno successivo.
Al netto del contributo italiano agli aiuti chiesti da altri Paesi dell’Eurozona, il debito rispetto al Pil si attesta, secondo Confindustria, al 122,6% nel 2012 e al 122,2% nel 2013.
Saltano poi le speranze non solo del pareggio di bilancio a breve, ma anche di un avvicinamento al target. Secondo l’ufficio studi dell’associazione degli industriali italiani, per l’anno in corso il deficit/Pil è stimato a 2,6% (dall’1,5% indicato a dicembre), e quello del 2013 è visto a 1,6% (da 0,1%).
Nel Def il governo puntava a un indebitamento netto all’1,7% nel 2012, per poi andare a un ‘close to balance’ di 0,5% nel 2013, a 0,1% nel 2014 e a 0,0% nel 2015.
MALE CONSUMI, INVESTIMENTI E MERCATO LAVORO
Nel quadro delineato dal Centro Studi Confindustria, i consumi sono ai minimi, con la spesa delle famiglie che scende del 2,8% nel 2012 e dello 0,8% l’anno prossimo, e gli investimenti sono in caduta libera: -8% quest’anno e -0,2% nel 2012.
Per quanto riguarda il lavoro, il tasso di disoccupazione è visto al 10,4% quest’anno e all’11,8% nel 2013, che arriva al 12,4% nel quarto trimestre e al 13,5% se nel dato si comprendono i cassintegrati.
Il 2013 si chiuderà con 1 milione e 482.000 unità di lavoro occupate in meno rispetto all’inizio della crisi nel 2008, con una contrazione del 5,9%.
Le stime di Csc non tengono conto della riforma Fornero, i cui effetti “saranno valutabili solo nel medio-lungo periodo”.
La riforma sul mercato del lavoro è stata molto criticata dagli industriali e il presidente, Giorgio Squinzi, l’ha definita “una boiata” da approvare solo per andare in Europa, salvo poi modificarla.
“La pressione fiscale apparente è confermata salire al 45,4% del Pil nel 2013; quella effettiva, depurata del sommerso, giungerà al 54,6%. Entrambe includono l’aumento dell’Iva legiferato e pronto a scattare dal 1 ottobre prossimo”, nota infine il Csc.
Per quanto riguarda il lavoro, il tasso di disoccupazione è visto al 10,4% quest’anno e all’11,8% nel 2013, che arriva al 12,4% nel quarto trimestre e al 13,5% se nel dato si comprendono i cassintegrati.
Il 2013 si chiuderà con 1 milione e 482.000 unità di lavoro occupate in meno rispetto all’inizio della crisi nel 2008, con una contrazione del 5,9%.
Le stime di Csc non tengono conto della riforma Fornero, i cui effetti “saranno valutabili solo nel medio-lungo periodo”.
La riforma sul mercato del lavoro è stata molto criticata dagli industriali e il presidente, Giorgio Squinzi, l’ha definita “una boiata” da approvare solo per andare in Europa, salvo poi modificarla.
“La pressione fiscale apparente è confermata salire al 45,4% del Pil nel 2013; quella effettiva, depurata del sommerso, giungerà al 54,6%. Entrambe includono l’aumento dell’Iva legiferato e pronto a scattare dal 1 ottobre prossimo”, nota infine il Csc.
fonte: avvenire.it
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