Falcone: creare sinergie tra politica, istituzioni,
associazioni e investigatori
Barillà: foto inquietante, istituzioni contaminate. Ma
cresce un nuovo impegno
Le
mani delle ecomafie sulla Calabria. Se la ‘ndrangheta è ormai accreditata come
la principale organizzazione mafiosa del Paese e del continente europeo, le
cosche nostrane non sono da meno nella gestione del ciclo del cemento e dei
rifiuti. Il rapporto Ecomafia 2012,
l’indagine annuale di Legambiente sull’illegalità ambientale, anche quest’anno
fotografa una situazione impressionante, con un business illecito in costante
aumento, contrastato con impegno e perizia dalle forze dell’ordine. In un
contesto di grave attacco al patrimonio del Belpaese, la Calabria è sempre più terra di frontiera: al 2° posto tra le
regioni più colpite dietro la Campania e davanti a Sicilia, Puglia e Lazio con
l’11,2% delle infrazioni accertate nel 2011 (3.892 casi, con 2.561 persone
denunciate, 42 arresti e 980 sequestri). E sono ben tre le province calabresi tra le prime dieci: al 3° posto il territorio di Cosenza (il 4,6% delle infrazioni
accertate con 1.543 casi), al 6° Reggio
Calabria (2,8%, 956 infrazioni) e al
10° Crotone (2,0%, 675 infrazioni). Un quadro che conferma l’allarme
lanciato da Legambiente Calabria nel corso della recente audizione alla
Commissione regionale antimafia guidata dal presidente Salvatore Magarò.
“Il
dossier Ecomafia 2012 – commenta il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone – conferma le denunce
degli ambientalisti e legittima sempre più all’operato delle forze dell’ordine
e della magistratura. Lo abbiamo dichiarato di recente di fronte alla
commissione antimafia: dalla depurazione alla gestione delle discariche, dalle
infiltrazioni negli appalti pubblici all’abusivismo edilizio, dalla piaga degli
incendi ai misteri delle navi dei veleni, la Calabria è sempre più una terra di
frontiera in mano alle ecomafie. Occorre reagire, creare sinergie tra gli
attori istituzionali e non, tra la politica e l’associazionismo, per
riconquistare i territori a una sana gestione pubblica orientata al bene
comune”.
“La
fotografia dei reati ambientali – ha dichiarato Nuccio Barillà, della segreteria nazionale di Legambiente – restituisce
l’immagine di una situazione inquietante, resa ancora più opaca e vischiosa dalla torbida contaminazione di
settori istituzionali che nel settore dei rifiuti e delle ecomafie si manifesta
particolarmente. Sta germogliando però nella società calabrese una nuova
orgogliosa consapevolezza, com’è testimoniato dalle crescenti denunce e da un
crescente impegno a difesa dei
territori. Da qui può partire la molla decisiva per una ribellione diffusa da
parte dell’altra Calabria”.
La politica debole.
È
chiaro che la criminalità organizzata, e le ecomafie in particolare, prosperano
nell’assenza di una gestione razionale della cosa pubblica. Con i consigli
comunali sciolti per infiltrazioni (6 nel 2011 in Italia e già 18 nel 2012, una
cifra destinata a crescere), politici e burocrati coinvolti dagli scandali,
imprenditori senza scrupoli e controlli allentati, il Paese scivola
nell’illegalità. Una presenza, quella mafiosa e ‘ndranghetista in particolare,
che la Dna definisce ormai “strutturale” (relazione 2011). Gli amministratori
infedeli finiti in manette (è emblematico il caso degli Staface a Corigliano) e
quelli onesti sempre più sotto tiro, le nubi dense sul consiglio regionale
(dall’arresto di Santi Zappalà a quello di Franco Morelli, passando per il coinvolgimento
dell’ex Franco La Rupa), le decine di inchieste in corso, è questa la
fotografia della realtà calabrese.
Il ciclo del cemento.
Anche
in questo caso la Calabria è al 2° posto
dietro la Campania (il 12,3% delle infrazioni accertate, 821 casi) perdendo lo
scettro dell’abusivismo. E anche nella gestione degli appalti e del
calcestruzzo le province di Cosenza e
Reggio Calabria si piazzano tra le
prime dieci, rispettivamente al 3° e
al 4° posto. Ma se si rapporta il numero di reati ambientali alla popolazione,
la fotografia che emerge è davvero inquietante: la Calabria è al 1° posto nella classifica regionale,
con addirittura Crotone al 1° posto
nella classifica provinciale, Vibo al 5°
posto, Reggio Calabria all’8° posto
e Cosenza al 9° posto. Un ein plein.
Nel
2011, le inchieste Cosa Mia, Bellu Lavuru e Affari di Famiglia – con le sentenze e le indagini ancora in corso
– illuminano la gestione degli appalti per l’ammodernamento della
Salerno-Reggio Calabria e della Statale 106: la tangente fissa del 3-4%, la
spartizione al millimetro dei subappalti, la scelta di forniture e maestranze
affidata alle cosche, cemento depotenziato e minacce e ritorsioni a chi non si
sottomette. Con l’inchiesta Entourage
a Catanzaro emerge il ruolo della borghesia ‘ndranghetista: un cartello di
imprenditori capaci di creare una sorta di monopolio e pilotare le aste
pubbliche. Ancora più inquietante l’inchiesta Ceralacca tra Reggio Calabria e Catanzaro: con l’appoggio di
funzionari compiacenti (tre dei quali della Sorical, la società mista che
gestisce le acque calabresi), attraverso la gestione della Stazione unica
appaltante della Provincia di Reggio Calabria si determinavano le gare
d’appalto aprendo le buste e correggendo le offerte. Un sistema quasi perfetto,
ovviamente gestito dalla ‘ndrangheta.
Che
l’abusivismo in Calabria sia una vera e propria piaga lo dimostra il sequestro,
in contrata Lagani a Catanzaro nel 2011, di un intero quartiere costruito in
barba alle norme.
Ultimo
ma non ultimo, il Caso Reggio: dal 2001 in poi le concessioni edilizie sono
state gestite in maniera clientelare da un cartello che ha curato gli interessi
di un gruppo di potere, favorendo speculazione e abusivismo. L’affaire Urbanistica – che nasce dalle
rivelazioni della relazione del 2009 della commissione d‘inchiesta comunale
guidata da Nuccio Barillà – ha fruttato un enorme scandalo e diversi arresti.
Uno scandalo che sembra destinato a nuove puntate, con l’operato
dell’Amministrazione comunale posta sotto la lente della commissione d’accesso
agli atti.
Il ciclo dei rifiuti.
Sul
fronte dei rifiuti un 2011 nero per la Calabria che sale al 2° posto, ancora dietro la Campania (il
12,6% delle infrazioni accertate, 664 casi con 671 denunce, 18 arresti e 218
sequestri), e piazza tre province tra le
prime dieci, occupando il podio: al
2° posto Cosenza, al 3° Reggio
Calabria, al 10° Vibo. Anche in
questo caso, raffrontando il numero dei reati alla popolazione emerge un quadro
drammatico: Calabria al 1° posto
nella classifica regionale, e nella classifica provinciale Vibo al 1° posto, Crotone al
3° posto, Reggio al 4° posto e Cosenza al 6° posto.
Il
fallimento della ultradecennale gestione commissariale dei rifiuti e della
depurazione, le inchieste e i sequestri, gli scandali e gli arresti hanno
caratterizzato un 2011 a tinte fosche per la Calabria. I sigilli alla discarica
di Alli e di Casignana, entrambe successivamente riaperte o in via di
riapertura, chiudono davvero un epoca. Due vicende simili: secondo gli
inquirenti, in entrambi i casi le discariche sarebbero state gestite non senza
alcun controllo, ma addirittura con il sistematico e consapevole sversamento
del percolato nei corsi d’acqua vicini e dunque nel mar Ionio, con grave
pericolo per l’equilibrio dell’habitat costiero e soprattutto per la salute dei
cittadini.
Che
la gestione del ciclo dei rifiuti sia un “fronte caldo” è dimostrato, secondo
gli inquirenti, da un semplice dato: sono 171 in provincia di Reggio Calabria
le società del settore, una cifra abnorme, sproporzionata rispetto alle esigenze
del territorio. Ma quando il piatto è ricco, in tanti ci si fiondano.
Un
altro caso eclatante è quello del progetto di costruzione di una discarica in
località La Zingara di Melicuccà, nei pressi di un elettrodotto, addirittura
sopra una falda acquifera che rifornisce un vasto territorio della Piana
sottostante, in un’area balzata negli anni scorsi agli onori delle cronache per
i traffici di rifiuti gestiti dalla ‘ndrangheta. Una battaglia lanciata dal
circolo Aspromonte di Legambiente e sostenuta da diversi attori.
Rifiuti tossici e navi dei
veleni.
È
il caso del torrente Oliva, nella zona del Basso Tirreno cosentino, a tenere
alta la tensione sulla questione dei rifiuti tossici: addirittura fusti
contenenti scorie radioattive sepolti sotto l’alveo del corso d’acqua, con
gravissimo pericolo per la popolazione. Ma non è un caso isolato. La scoperta
di una megadiscarica alla foce del fiume Budello a Gioia Tauro è inquietante:
una buca di 100.000 metri quadrati riempita di ogni genere di rifiuti. Segno che
i segreti sepolti in Calabria sono ancora tutti da scoprire. Così come è ancora
da scrivere la storia delle scorie radioattive e delle navi dei veleni. In
particolare è tornata prepotentemente d'attualità la vicenda dei tombamenti dei
rifiuti tossici in località montane e dello scambio con la ‘ndrangheta tra armi
e siti di occultamento delle scorie che Legambiente per prima la lanciò con un
esposto nel 1994. Una storia caduta nell’oblio e oggi ritorna, arricchita oltre
che dalle rivelazioni di numerosi pentiti, dalla testimonianza esplosiva del
prefetto Giorgio Piccirillo, direttore dell’Aisi, audito dalla Commissione
parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti guidata dal presidente Gaetano
Pecorella: già nei primi anni ’90 i servizi segreti sapevano dei traffici
calabresi coperti da settori dello Stato, e hanno prontamente informato gli
investigatori, ma quelle carte non sono mai arrivate in mano ai magistrati.
L’ennesimo mistero.
Gli incendi.
La
Calabria scende al 2° posto nella
classifica degli incendi, dietro la Campania (1.322 infrazioni accertate, il
16,7% del totale, con 36 denunce, 1 arresto e 9 sequestri). Ma è Cosenza al 1° posto nella classifica
provinciale (una conferma, con 716 infrazioni accertate, il 9% del totale), con
Crotone al 6° posto. Dati che
rendono sempre più urgente l’istituzione dei catasti comunali delle aree
boschive colpite dai roghi, unico baluardo in difesa dei piromani. Nonostante
l’obbligo previsto dalla legge, la gran parte delle amministrazioni non ha
ancora provveduto a dotarsi di uno strumento fondamentale contro la
speculazione.
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi commentare questa notizia.