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domenica 23 settembre 2012

ADICO - CASO LAZIO: TRENTA MILIONI IN DUE ANNI. ECCO LE CINQUE DELIBERE SCANDALO


22 settembre 2012

Cinque delibere del presidente dell’Assemblea regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, documentano che l’assalto alla diligenza che, in due anni e mezzo, ha consegnato 30 milioni di euro di denaro pubblico all’inesauribile appetito dei consiglieri della Pisana sotto le due voci “corretto funzionamento dei gruppi” e “rapporto tra elettore ed eletto”, ha una paternità politica (la governatrice Renata Polverini, il suo assessore al bilancio Stefano Cetica e, appunto, Abbruzzese), una mano tecnica e una complicità silenziosa (con la lodevole eccezione dei radicali) di chi “chiedeva e riceveva” senza fare troppe domande.
Arrivano i “forchettoni”
Racconta Franco Fiorito a verbale che “il denaro arrivava a pioggia”. Che “non controllava nessuno”. Che la decisione di aprire ciclicamente la cuccagna era affare “nella sola discrezionalità di Abruzzese”, suo compagno di partito. Nelle sue parole, sembra esserci una parte di verità. Ma solo una parte. La storia di questo sacco ha infatti una suo incipit: le elezioni regionali della primavera del 2010. La Polverini è il nuovo governatore e la variopinta maggioranza di centro-destra che transuma alla Regione ha come primo assillo quello di mettere mano alla cassa per rabboccare le tasche dei nuovi consiglieri prosciugate dalla campagna elettorale. La vecchia giunta Marrazzo ha infatti stanziato in bilancio per quell’anno “solo” 1 milione di euro destinato al “funzionamento dei gruppi”. Non fosse altro perché il Paese sta entrando nella peggiore recessione della storia repubblicana. Troppo poco per l’appetito della nuova maggioranza. Al punto che, il 14 settembre, il nuovo presidente dell’Assemblea Abbruzzese quella cifra la quintuplica, facendo lievitare quel capitolo di bilancio, da 1 a 5,4 milioni di euro. Non è esattamente un atto da contabile. È un atto politico, che, come tale, ha l’avallo della Polverini e del suo potentissimo assessore al bilancio, Cetica. Ma che non merita più di una striminzita paginetta di giustificazioni. Nella delibera numero 90, si legge infatti che “l’integrazione del “contributo” ai gruppi si rende necessaria dal cambio di legislatura, dai sostanziali cambiamenti nel numero dei gruppi e nella loro consistenza”. L’atto è firmato da Abruzzese e da Nazareno Cecinelli, segretario generale della Pisana, un tipo con la licenza liceale presa ai salesiani di Caserta, nato in provincia di Latina e cresciuto politicamente nella Destra, all’ombra del padre-padrone di quelle plaghe, Claudio Fazzone, ex poliziotto di Fondi diventato signore delle tessere e dei voti.
La “torta” lievita
La coppia Abbruzzese-Cecinelli è di nuovo al lavoro nel 2011. In gennaio, la Giunta decide di confermare in bilancio la previsione di spesa per il “funzionamento dei gruppi” già rimpinguata tre mesi prima. Dunque, 5 milioni e mezzo. Ma, neppure due mesi dopo, il 5 aprile, l’auto-elargizione deve apparire del tutto insufficiente. E, per tre volte, di lì a novembre, vengono dunque nuovamente messe la mani nella cassa. Tecnicamente si chiamano “variazioni di bilancio al capitolo 5″. Di fatto, è un giochino contabile di vasi comunicanti, che vede svuotarsi altre voci del bilancio regionale a vantaggio del costo di “auto-sostentamento” della politica. Il 5 aprile, dunque, i 5,5 milioni iniziali vengono “integrati” con altri 3 (delibera 33). Il 19 luglio (delibera 86), di altri 3 ancora. L’8 novembre (delibera 72), di 2,5. Per una tombola finale di 14 milioni.
“Chiedete a Stracuzzi”
Le motivazioni dei tre provvedimenti sono fotocopia. Segnalano “una richiesta di fabbisogno”, senza dettagliarne le ragioni. Spiegano che la sollecitazione ad allargare i cordoni della borsa di ben 8 milioni e mezzo arriva niente di meno che da tale “Signor Stracuzzi Maurizio, Responsabile della Funzione Strumentale del trattamento dei consiglieri”. È lui, si legge nelle delibere, che non solo suona la campana che avvisa della “riserva” nel portafoglio della politica, ma, addirittura, ne quantifica “il fabbisogno”. Che è un po’ come dire che un cda di una Banca fa un aumento di capitale su segnalazione dell’addetto allo sportello per i correntisti.
Ma tant’è. Nessuno obietta. Tantomeno al momento di rendicontare il bilancio di quell’anno. Ascoltato due giorni fa dai militari del Nucleo Valutario, Abbruzzese, con disarmante candore, spiega infatti che in quel lavoro sul bilancio non c’è nulla di illegittimo. “Sia nel 2010, che nel 2011 – dice – la proposta di “variazione” è stata prima approvata dalla commissione bilancio della Regione (di cui, guarda caso, Fiorito era presidente ndr.) sia dall’Organismo di controllo, il Co. re. co. co, sia dal Consiglio in fase di voto di approvazione del rendiconto consuntivo del bilancio con legge regionale”. Semplice, insomma. Prima ci si auto-certifica un “fabbisogno aggiuntivo”. Quindi lo si accolla in testa a un funzionario (il signor Stracuzzi Maurizio) e alla fine lo si legittima con il voto dell’aula.
“Ho preso, ma ora restituisco”
Una volta distribuita da Abbruzzese, la cuccagna diventa affare “privato” di ogni gruppo. Nel Pdl – come racconta lui stesso a verbale – lo stile della casa lo detta Fiorito. La “stecca para” ritagliata dal contributo ai gruppi prevede 100 mila euro netti l’anno a consigliere. Ma per lui è triplicata. Tocca i 300 mila netti. Perché – si giustifica – “sono consigliere, capogruppo e presidente di commissione”. Per una busta paga che si muove così sui 35 mila netti al mese, con picchi che superano i 40. Attraverso il suo avvocato Carlo Taormina, dice ora Fiorito che parte di quei soldi – 400 mila euro, secondo il calcolo che ne ha fatto – è pronto a restituirli. A farli confluire su un conto che la Procura o la Guardia di Finanza gli indicheranno. Non è al contrario dato sapere cosa faranno gli altri consiglieri del Pdl.
“Richiedo e ricevo”
Per quel che Fiorito ha riferito a verbale, la quota dei consiglieri Pdl da 100 mila netti annui “veniva versata con cadenze di 25 mila euro a trimestre. Anche se poi qualcuno li finiva prima”. Mentre la quota di 4.190 euro (da ieri dimezzata) alla voce “mantenimento del rapporto tra elettore ed eletto” veniva elargita mensilmente. Portando così la retribuzione media di un consigliere Pdl intorno ai 20, 25 mila euro netti al mese (senza contare i rimborsi chilometrici di chi alla Pisana arrivava in auto propria, come la Nobili, che faceva Roma-Rieti in Porsche). Per molti, non c’era neppure l’obbligo di giustificare una parte di quell’importo che pure ricevevano quale “anticipo” di spese ancora da sostenere. Era sufficiente un’autodichiarazione su un qualunque foglio: “Richiedo e ricevo per attività svolte sul territorio”.
11.598 euro non possono bastare
Certo, nella notte della Pisana, non tutti i gatti sono stati necessariamente neri. Perché pur godendo della stessa manna, qualcuno, come il Pd e Sel, ha quantomeno stabilito regole di trasparenza sull’accesso ai rendiconti delle spese. I Verdi hanno rinunciato al rimborso chilometrico. I radicali di Emma Bonino non hanno giustamente smesso mai di strillare. Certo, la Polverini non deve averli mai sentiti in questi anni. A maggior ragione quando impose l’emendamento che riconosceva ai 14 assessori un vitalizio che assicurerà all’uomo a lei più vicino, Cetica, una vita libera da angustie quando lascerà la Regione. Anche se – è notizia che la governatrice ha voluto ieri rendere pubblica – lei, che “campa del solo stipendio da consigliere e Presidente della giunta”, pare non arrivi a fine mese. “Ho il conto sempre in rosso”, ha spiegato compiaciuta. Con gli 11.598 euro netti che prende ogni 27 in busta (cui vanno aggiunti i 100 mila annui da consigliere e i 4 mila 190 mensili per il rapporto “eletto-elettore”) evidentemente non ce la si fa.
di CARLO BONINI e CORRADO ZUNINO
fonte:repubblica.it

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