Inaugurata ieri sera al Museo dei Bretttii e degli Enotri,
alla presenza del Sindaco Mario Occhiuto, di Vittorio Sgarbi e di un folto
pubblico di intenditori e non, la Mostra sul Divino nell’arte sacra
contemporanea.
Come già quella dedicata ai massimi artisti del ‘900,
tenutasi nel 2005, anche questa esposizione, che dà spazio agli artisti del XXI
secolo, si deve, oltre che alla volontà dell’Amministrazione comunale, alla generosità e allo spirito d’iniziativa di
un esponente della famiglia Bilotti, cosentini amanti dell’arte che hanno
rinverdito la tradizione del mecenatismo nella loro città ed anche al di là dei
confini regionali.
Roberto Bilotti ha chiamato attorno a sé molti amici, che
sono stati lieti di prestare le loro opere che testimoniano la capacità tecnica
e interpretativa impresse, in particolare, ai lavori di committenza religiosa,
genere forse un po’ desueto ma tutt’altro che privo di interesse.
L’inaugurazione è stata
preceduta dalla presentazione del libro di Vittorio Sgarbi, protagonista
assoluto della serata, fin dalle prime battute dopo gli interventi dell’architetto
Fernando Miglietta, in veste di moderatore, dell’assessore Rosaria Succurro, di
Roberto Bilotti, del Direttore delle edizioni Cantagalli Francesco Corsi, dalla
professoressa Stefania Bosco della Sorpintendenza per i Beni Ambientali della Calabria.
Il libro “L’ombra del divino nell’arte contemporanea” è
nato dall’esperienza di Sgarbi quale curatore della riqualificazione pittorica
della Cattedrale di Noto, ricostruita dopo il disastroso terremoto del 1996.
“Il titolo-ha spiegato Corsi- fa riferimento alla possibilità che gli artisti
rimangano all’ombra del passato senza sentirsi per questo figli di un dio
minore.”
Sgarbi crede in un grande ritorno dell’arte sacra, il cui
percorso si è interrotto nel ‘900, come pure nella funzione degli artisti che
intendono, credenti o meno, dare luci e colori al sentimento del sacro.
Dopo aver ricordato la sua “scoperta” del centro storico
di Cosenza che richiamò l’attenzione nazionale sulla città, ed aver anche
assicurato, con molta ironia, che non possiede alcuna casa a Cosenza come
qualche malizioso ha in passato insinuato, Sgarbi si è soffermato sul
significato dell’arte contemporanea.
“Cos’è arte contemporanea?” - ha esordito. Ebbene: “Tutta l’arte lo è” .
E, visto che siamo in Calabria, ovviamente anche i Bronzi
di Riace, che (l’occasione per ribadire il concetto era ghiotta) bene si farebbe
–secondo il professore- a lasciare liberi di viaggiare per il mondo per essere
visti da migliaia di persone, invece di tenerli intrappolati a Reggio, vittime del
timore delle autorità che possano non tornare da una eventuale trasferta.
Tornando al tema, Sgarbi ha spiegato che ritiene
contemporanea tutta l’arte perché le opere, pur provenienti da un passato più o
meno lontano, vivono con noi e vivranno con chi verrà dopo di noi e così via.
Dunque, la contemporaneità non va intesa come elemento di
discontinuità con il passato. In questa cornice, gli artisti che ridanno vita
al tema del sacro hanno una funzione preziosa: l’ombra simbolegga la loro
condizione di interpreti autentici ed originali del sacro e di una storia che
non può essere messa da parte.
Il Sindaco Mario Occhiuto, intervenuto al termine della
presentazione di Sgarbi, ha sottolineato l’importanza degli argomenti trattati
che invitano a “guardare al passato con gli occhi di chi con il passato si sa
rapportare. Questo non toglie–ha sottolineato – che si debbano riconoscere le
innovazioni del mondo contemporaneo.”
Infine, a Sgarbi l’assessore Rosaria Succurro ha
consegnato un Telesio d’argento, opera della Gioielleria Scintille.
Ricordiamo che in esposizione sono
diversi artisti che sono stati chiamati a ridipingere luoghi sacri distrutti da
eventi sismici; altri che hanno partecipato alle ultime edizioni della Biennale
di Venezia; e, ancora, alcuni dei
vincitori e finalisti del Concorso mondiale di Arte contemporanea indetto dalla
Cattedra UNESCO di Bioetica e Diritti umani sul tema della vulnerabilità umana.
Due gli espositori cosentini: Maurizio Orrico e Niccolò De Napoli.
Due gli espositori cosentini: Maurizio Orrico e Niccolò De Napoli.
L’evento è stato curato da Roberto Bilotti, con la collaborazione di Giovanni Intra
Sidola.
La
Mostra resterà aperta fino al 14 ottobre.
Gli orari del Museo: da martedì a venerdì dalle 9 alle 13
e dalle 16.30 alle 19.30
Sabato e domenica: dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle
19.30
Dal 1 ottobre
l’orario pomeridiano viene anticipato di un’ora: dalle 15,30 alle 18,30.
Il Museo resta chiuso di lunedì.
Testimonianze di
alcuni artisti protagonisti del recupero delle basiliche ricostruite:
Roberto Ferri:
“è stato un confrontarsi con i grandi artisti del passato nell’interpretazione
di un tema come LA VIA CRUCIS. Anche
se avrei voluto esprimermi con le mie simbologie oniriche, contaminazioni e
metafore tipiche del mio lavoro, il recupero della basilica necessitava del
linguaggio della classicità – le quattordici tele della Via Crucis inoltre, più
altre dieci opere saranno presentate a Palazzo delle Esposizioni nel maggio
2013”.
Giuseppe Ducrot:
“per uno scultore che si interessa di arte cosiddetta “classica” come me, la
committenza religiosa è una conseguenza quasi naturale, essendo essa stessa una
continuazione, nell’ambito iconografico, di ciò che è stato creato nel mondo
greco e romano. Quando mi è stato offerta la possibilità di lavorare per Noto,
Cassino o per le Basiliche di San Pietro e Santa Maria degli Angeli a Roma ho
sentito non solo la grande responsabilità di coniugare l’effetto plastico con
un’immagine riconoscibile, ma ho cercato il più possibile di adattarmi al
luogo, in modo da creare un dialogo tra la mia opera e l’ambiente che la ospita.”
Giovanni
Gasparro: “Il mio intervento pittorico contemporaneo, per la duecentesca
chiesa aquilana di san Biagio d’Amiternum (S. Giuseppe), vuole essere un
paradigma estetico in controtendenza rispetto alle consuete modalità di arredo
liturgico ed artistico postconciliare, che di sovente hanno assunto un’aderenza
triviale ed arrendevole alle espressioni aniconiche di certa contemporaneità.
La Chiesa, nel secondo ‘900, troppo spesso ha mostrato una marcata predilezione
per le istanze più avanguardiste dell’architettura e dell’arte profana,
rinunciando al potenziale eloquentemente catechetico della figurazione, nel
solco della tradizione”.
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