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giovedì 9 agosto 2012

SEL: Simona Mastroddi, SEL “Scopelliti il giudice solo, si poteva fare di più, Campo Calabro doveva essere il paese simbolo della lotta alla ‘ndrangheta e invece si ricorda con tarantelle e doppie celebrazioni”


Antonino Scopelliti, il giudice solo, muore il 9 agosto del 1991 per un accordo tra mafie: Cosa Nostra chiede il permesso alla 'ndrangheta di uccidere il magistrato del maxi processo in terra calabra, a Campo Calabro, nel suo paese, dove lui si muove senza scorta, sicuro di non essere tradito. La sua morte è servita per ottenere la pace tra cosche dopo una lunga faida iniziata nel 1985 in seguito all'uccisione del boss De Stefano.  21 anni sono passati e la domanda non può che sorgere spontanea: cos’è cambiato da allora? Qualcuno dirà: premi letterari, commemorazioni, eventi che mantengono memoria storica di un Figlio di questa terra che in questa terra è tornato, che in questa terra è morto. Ma la domanda è: cos’è cambiato? e non che cosa si è fatto? Il “fare” spesso non coincide con il “raccogliere” risultati aspettati. La Calabria non riesce a svegliarsi dal torpore della reticenza e applaude alle celebrazioni nelle prime file come se non si stesse parlando di lei, come se l’argomento le fosse estraneo. Se qualcosa si è mosso lo dobbiamo spesso ai figli e alle figlie della ndrangheta stessa che hanno deciso di sottrarsi al giogo mafioso. Un paradosso antropologico: questa terra è stata sempre assoggettata a poteri palesemente forti e violenti, liberata per poi essere nuovamente sotto assedio. Oggi sarebbe il momento di darci una bella scossa, quanto basta per fare delle considerazioni di natura politica, ma non solo.
Una morte non può mai essere utile per una pace, perché diviene una pace sporca di sangue, che ha sete di giustizia e verità. Nel ‘91 avevo 13 anni ma ricordo benissimo il giorno dell'omicidio. Non lo dimenticherò mai. A distanza di anni io stessa sento di non aver mai fatto abbastanza per fare tesoro della testimonianza del Giudice Scopelliti. Tra i più giovani si percepisce voglia di riscatto, anche se troppo debole e fioca. Alcuni campesi oggi ricordano Antonino Scopelliti con piccoli e spontanei pensieri personali senza lesinare una sana indignazione su come è stato “mal ricordato”. Campo Calabro, luogo natio del Giudice solo, doveva essere il paese della lotta alla ‘ndrangheta, come Cinisi per la Sicilia. Doveva incarnare il pensiero di legalità, giustizia trasparenza e voglia di riscatto sociale. E oggi doveva accogliere gente da ogni parte d’Italia, doveva aprirsi a pensieri e nutrirsi di energie vitali per poter gridare in primis il suo No alla ndrangheta e ribadire la voglia di rivincita. Oggi, a Piale di Villa San Giovanni, borgo a soli due chilometri dal paese del Giudice, per ricordare la lotta alla mafia, ci sarà uno spettacolo dei pupi siciliani sulla storia di Falcone e Borsellino. E invece A Campo Calabro, in commemorazione di Antonino Scopelliti, stasera si ballerà la tarantella. Questi gli eventi culturali, ma venendo a quelli istituzionali, paradossalmente, anche quest'anno, i campesi si ritroveranno ad assistere a doppie commemorazioni, in virtù di non si sa quale criterio di proprietà di una memoria che dovrebbe essere di tutti. Il Giudice, oggi, è più solo che mai.

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