POSTI A RISCHIO, I 141 TAVOLI ANTI-CRISI, 160 MILA LAVORATORI IN BILICO
7 agosto 2012
«Fino al 9 agosto abbiamo attività»: oggi c’è un incontro con Cantieri Apuania di Marina di Carrara, poi un tavolo con la Sixty, azienda di abbigliamento, in settimana anche un tavolo tecnico sulle acciaierie Lucchini. «Poi si ritorna per un settembre caldo», dice Giampietro Castano, ex sindacalista della Fiom, che da diversi anni sovraintende all’unità per la gestione delle vertenze del ministero dello Sviluppo economico dove con le aziende, i sindacati e gli enti locali si affrontano le crisi aziendali per provare a trovare nuovi proprietari o magari a cambiare la produzione, salvando il bene più prezioso, i posti di lavoro. Sulla scrivania di Castano c’è un elenco delicato di 141 vertenze, che mettono a rischio 168.462 lavoratori. Per poco più di un terzo delle aziende è stata individuato una soluzione, mentre 88 di questi tavoli sono ancora aperti al confronto, con incertezza sul futuro di 111 mila lavoratori, dicono le tabelle del ministero.
In alcuni casi pesa la crisi dell’acciaio che corre parallela a quella finanziaria, in altri è delocalizzazione della produzione che ha portato a chiudere gli impianti, poi ci sono le difficoltà di quelle imprese i cui prodotti sono superati dai tempi. E su tutte pesa la recessione che erode mese dopo mese la capacità produttiva. Le crisi aziendali agitano il Sud, dove il caso Ilva rischia di far esplodere, trascinando l’indotto, una situazione già pesante, il Centro e il Nord della penisola colpendo le imprese di elettrodomestici in Umbria, nelle Marche e in Friuli, o il distretto della ceramica e le industrie tessili della Toscana passando per la Vinyls di Porto Marghera.
IL DOSSIER – Molti di questi casi sono citati in un dossier della Cgil, che ha fatto la mappa delle crisi che richiedono una soluzione in autunno. Nel settore degli elettrodomestici c’è la Indesit che ha annunciato la chiusura del sito di None (Piemonte) per trasferire la produzione di lavastoviglie in Polonia: in bilico ci sono 360 lavoratori per i quali la cassa integrazione è in scadenza; e la Electrolux il cui piano sociale che prevedeva 30 milioni per evitare circa 800 licenziamenti negli stabilimenti di Porcia e Susegana, dice il sindacato, è «rimasto sulla carta»: 500 lavoratori in esubero e da ricollocare sono in cassa integrazione straordinaria a rotazione e c’è incertezza sul futuro al termine del periodo di copertura. E ancora nella chimica, la Vinyls: per molti dei 150 lavoratori di Porto Marghera la Cig è scaduta, e attendono ancora la cessione di ramo d’azienda e la riconversione industriale. Nel settore metallurgico, oltre alle vicende Eurallumina e Alcoa in Sardegna, che nell’elenco del ministero sono tra quelle segnalate come ancora da risolvere, le acciaierie Lucchini hanno fatto ricorso ai contratti di solidarietà per 1.900 lavoratori. Nei beni di consumo c’è la crisi del distretto del mobile imbottito che investe la Murgia, tra Matera, Bari e Taranto. Erano 500 le aziende che occupavano 14 mila lavoratori, oggi sono un centinaio e danno lavoro a circa 6 mila addetti, il tutto con un utilizzo della cassa integrazione che ormai è strutturale (90%). La Nokia – prosegue il sindacato – ha aperto la procedura di licenziamento per 445 dipendenti su 1.104 lavoratori in Italia: chiudono le sedi di Catania e Palermo e viene ridotto il personale a Milano, Roma e Napoli; per la Sirti (istallazioni telefoniche) gli esuberi sono 1.000, i lavoratori in cassa 622. «Queste crisi – avverte il sindacato – non possono concludersi con il solo intervento degli ammortizzatori sociali». Secondo una simulazione della Cgil aggiornata a giugno in base alle ore ammesse dall’Inps, sono mezzo milione i lavoratori in cassa integrazione a zero ore, con il reddito decurtato di 4 mila euro l’anno. Un numero che sale ancora, se si considera il boom delle ore di cassa autorizzate a luglio, 115 milioni, e 640 milioni in sette mesi.
IL CASO PUGLIA – Nel bollettino sulle ore di cassa stilato mensilmente dall’Istituto di previdenza, oltre all’aumento del 44% delle richieste da un anno all’altro, colpisce il caso Puglia dove in trenta giorni, da giugno a luglio, le ore di cassa sono triplicate. Quasi 12 milioni (11.821.341), mentre quelle di giugno 4.044.179. Come si spiega? In primo luogo «il peso dell’Ilva e dell’indotto picchia. La produzione è al minino, al di là delle ultime vicende», risponde Castano. Poi ci sono «crisi croniche», come quelle della Miroglio, gruppo tessile, che ha chiuso due stabilimenti, e il gruppo calzaturiero Filanto, nel Salento, che «va avanti solo con la cassa». E ancora: la Natuzzi, il cui 60% della forza lavoro è il cassa integrazione, e i semilavorati che vi ruotano intorno. E c’è la Om Carrelli elevatori, un gruppo tedesco, che ha chiuso la fabbrica nella zona industriale di Bari per tornare a produrre in Germania, «quindi ora lo stabilimento va reindustrializzato». «L’Ilva rappresentato il 20% del Pil industriale della Puglia – dice il segretario regionale della Cgil Gianni Forte -. Siamo preoccupati anche sul futuro dell’indotto e degli appalti che già avevano subito un appesantimento».
Melania Di Giacomo
fonte: corriere.it
fonte: corriere.it
SCUOLA: ECCO IL CALENDARIO, SI PARTE DAL 5 SETTEMBRE
6 agosto 2012
La maturità si è conclusa da poche settimane ed è già tutto pronto per l’apertura del nuovo anno scolastico. Ecco tutte le date per il rientro in classe. I primi a sedersi sui banchi di scuola dopo la pausa estiva, mercoledì 5 settembre, saranno gli alunni della provincia autonoma di Bolzano, e pochi giorni dopo – lunedì 10 settembre, quelli della Valle d’Aosta. Il martedì successivo, l’11 settembre, sarà la volta dei compagni del Molise. E il giorno dopo, toccherà a bambini e ragazzi di Friuli Venezia Giulia, Lombardia (con le scuole dell’infanzia che anticipano al 5 settembre), Marche,Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto, e della provincia autonoma di Trento.
Giovedì 13 settembre, rientreranno in classe gli alunni di Lazio e Campania. Venerdì 14 settembre, saranno le scuole siciliane a suonare la prima campanella e il lunedì successivo, il 17 settembre, la restante parte delle regioni italiane: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Puglia eSardegna. Quella del calendario scolastico è una competenza che la Costituzione assegna alle regioni. Sono state infatti queste ultime nei mesi scorsi a deliberare le date del prossimo anno scolastico, inserendo anche feste regionali e adattandolo alle esigenze climatiche. Ma le scuole autonome possono anticipare o posticipare l’avvio e la fine delle lezioni per fare aderire meglio il calendario alle proprie esigenze e a quelle dei propri alunni, l’importante è programmare all’inizio dell’anno almeno 200 giorni di lezione.
Nel 2013, i primi a congedarsi dagli insegnanti saranno gli alunni dell’Emilia Romagna, che lasceranno i banchi di scuola giovedì 6 giugno. In dieci regioni – Abruzzo, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto la scuola terminerà sabato 8 giugno. Il martedì successivo – l’11 giugno – lasceranno le aule gli alunni di Basilicata, Molise e della provincia autonoma di Trento. Altre sei regioni – Calabria, Lazio, Liguria, Piemonte, Sicilia e Valle d’Aosta chiuderanno le attività didattiche il 12 giugno e in ultimo, il 14 giugno, la provincia autonoma di Bolzano. La prova scritta di Italiano della maturità partirà mercoledì 19 giugno.
In quasi tutte le regioni italiane le vacanze di Natale inizieranno il 24 dicembre per terminare il 6 gennaio, che cade di domenica. Soltanto in quattro regioni – Sicilia, Toscana e nella provincia di Trento – la pausa natalizia prenderà il via qualche giorno prima – il 22 dicembre – mentre in Lombardia si comincerà il 23. Avvio in linea anche per le vacanze di Pasqua – il 28 marzo in tutte le regioni, tranne che in Umbria, dove cominceranno il 25 marzo, in provincia di Trento – dove inizieranno il 27 marzo, e in Sicilia dove inizieranno il 29. Stesso discorso per il rientro dopo la pausa pasquale: previsto in tutte le regioni per il 3 aprile, tranne che in Campania e Liguria – dove si rientrerà il 2 aprile – in Abruzzo e a Trento i cui alunni rientreranno in aula il 4 aprile.
Al di fuori delle festività nazionali – domeniche e feste comandate – le regioni marciano in direzione decisamente opposta al governo, che aveva ipotizzato di accorparle per evitare interruzioni che danneggiano l’economia. Ma poi ha cambiato idea. In quasi tutti i territori nazionali è stata ripristinata la festa dl 2 novembre, che spesso si allunga anche a sabato 3, per permettere un lungo ponte di Ognissanti: dall’1 al 4 novembre, che cade di domenica. E in diverse regioni è stata prevista anche una pausa invernale per il Carnevale.
Quello che si aprirà fra poco più di un mese sarà un anno scolastico decisamente “caldo”, come hanno promesso i sindacati della scuola che non hanno affatto gradito le misure previste dalla Spending review ormai alle battute finali in parlamento. Pensavano che dopo la cura da cavallo imposta dalla coppia Tremonti-Gelmini la scuola fosse al riparo da ulteriori interventi, specialmente sul personale. “Abbiamo già dato”, è stata la frase più pronunciata in questi giorni dai rappresentanti dei lavoratori, che minacciano scioperi e manifestazioni proprio in concomitanza dell’avvio delle lezioni.
fonte: repubblica.it
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