In data 11 gennaio 2012, i Carabinieri del Comando Provinciale e del ROS di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 21 indagati, appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali denominate cosche: “MORABITO - BRUZZANITI - PALAMARA”, “MAISANO”, “RODÀ”, “VADALÀ” e “TALIA”, operanti nel “mandamento jonico” ed in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo, responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.
Le investigazioni, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria (PM dot. Giuseppe Lombardo), hanno documentato l’infiltrazione pervasiva della ‘ndrangheta, nella sua espressione unitaria delle cosche operanti sul territorio, negli appalti per la realizzazione delle seguenti opere pubbliche:
- l’ammodernamento della S.S. 106 - variante all’abitato di Palizzi - rientrante nel programma delle “Grandi Opere” di competenza dell’A.N.A.S. S.p.A. (aggiudicato per l’importo di 84 milioni di Euro alla Società Italiana per Condotte D’acqua S.p.A. di Roma, in data 22.02.2005);
- la realizzazione dello stabile dell’Istituto Superiore “Euclide” di Bova Marina (comprensivo di Istituto Tecnico per Geometri e Liceo Scientifico) indetto dalla Provincia di Reggio Calabria (aggiudicato per l’importo di 3.067.889,28 Euro al Gruppo CORSARO S.r.l. con sede legale in Adrano [CT] in data 15.03.2005).
“È proprio un bellu lavuru”, con queste parole i parenti di Giuseppe MORABITO, meglio conosciuto come “il Tiradritto”, annunciavano all’anziano capomafia, recluso nel carcere di Parma in regime di 41 bis, l’appalto per i lavori di ammodernamento della Strada Statale 106 jonica ed in particolare la costruzione della variante al centro abitato del comune di Palizzi.
Da quel momento i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria sono riusciti a monitorare l’intervento parassitario della ‘ndrangheta in ogni segmento dell’appalto.
In particolare, le cosche che operano in quella parte del territorio del mandamento jonico, confermando l’unitarietà della ‘ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in quell’area in passato avevano dato luogo anche a sanguinose faide e si sono suddivise gli ambiti di intervento (arrivando addirittura a federarsi tra loro mediante apposito organismo direttivo denominato “base”), presentandosi ai responsabili della società appaltatrice come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto.
Ne è scaturito un quadro investigativo che ha documentato come le cosche si sono infiltrate in ogni settore produttivo, hanno imposto: le assunzioni, le forniture di ogni tipo di materiale - finanche la cancelleria per ufficio - i contratti di subappalto e nolo.
Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, infatti, hanno accertato che il campo d’azione della ‘ndrangheta era rappresentato: per un verso, dall’infiltrazione diretta, mediante l’impresa di famiglia I.M.C. di STILO Costantino & C. S.n.c., ed indiretta, tramite la D’AGUÌ BETON S.r.l., nella fornitura del calcestruzzo dell’appalto pubblico per l’ammodernamento della S.S. 106; per altro verso, dalla gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio della A.T.I. capeggiata dalla ditta CLARÀ e sotto un ultimo profilo, dalla sostanziale gestione di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri della grande opera.
Per quanto riguarda il calcestruzzo, è emerso che la ‘ndrangheta, attraverso dei prestanome vicini per vincoli di parentela alle cosche, ha monopolizzato l’intero ciclo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre del calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al vincolo progettuale, fatturarne falsi quantitativi e falsificarne, attraverso dei propri contigui, i risultati dei controlli.
Per ciò che riguarda le collusioni tra i vertici delle cosche ed i responsabili della Società Italiana per Condotte D’acqua S.p.A. e dell’A.N.A.S. S.p.A., i Carabinieri hanno documentato gli incontri conviviali tra gli stessi, i rapporti strettissimi per favorire gli interessi delle cosche e le attività per dissimulare le responsabilità emerse in seguito ai controlli della Prefettura e delle Forze dell’Ordine. Proprio per questi motivi i responsabili delle citate società rispondono, oltre che dei singoli reati contestati, anche dell’accusa di concorso nell’associazione di tipo mafioso.
Le investigazioni, infatti, hanno documentato che Vincenzo CAPOZZA, direttore dei lavori dell’A.N.A.S. S.p.A., Pasquale CARROZZA, capo cantiere della Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., Rinaldo STRATI, amministrativo di cantiere della citata società appaltatrice, Antonino D’ALESSIO, direttore di cantiere della società appaltatrice, Sebastiano PANEDURO, project manager della società appaltatrice, Cosimo Claudio GIUFFRIDA, direttore tecnico della società appaltatrice, al fine di favorire gli interessi economici della ditta I.M.C. di STILO Costantino & C. S.n.c., articolazione imprenditoriale del cartello formato dalle famiglie MORABITO - BRUZZANITI - PALAMARA a cui la stessa è direttamente riconducibile[1], hanno consentito alla predetta impresa di continuare la fornitura di calcestruzzo, nonostante in data 30 agosto 2007 fossero pervenute dalla Prefettura di Reggio Calabria una serie di informazioni “atipiche” che, nel rendere edotti i soggetti prima elencati del pericolo di infiltrazioni mafiose all’interno di detta impresa fornitrice, avrebbero dovuto portare all’estromissione immediata della suddetta impresa sulla base del disposto del protocollo d’intesa sottoscritto dalla stazione appaltante e dalla società appaltatrice con la Prefettura di Reggio Calabria. In realtà, la prevista estromissione ha avuto luogo solo in data 12 novembre 2007, allorquando la Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., a seguito dei rilievi della commissione prefettizia, ha comunicato all’impresa fornitrice che, ai sensi della “clausola risolutiva espressa” inserita nella scrittura privata, la risoluzione del rapporto in essere “non era più suscettibile di alcuna deroga”.
Sempre in relazione ai rapporti tra la società appaltatrice e l’organizzazione criminale, è stato accertato come Pasquale CARROZZA, capo cantiere della Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., e Rinaldo STRATI, contabile della citata società appaltatrice, hanno favorito gli interessi del cartello criminale “MORABITO - BRUZZANITI - PALAMARA”, consentendo al predetto sodalizio di inserire tra le maestranze assunte un numero elevato di operai generici direttamente e/o indirettamente riconducibili allo stesso contesto di tipo mafioso, personale poi impiegato in punti nevralgici del cantiere così da assicurare alle suddette organizzazioni criminali il controllo dello svolgimento di ogni fase dei succitati lavori pubblici.
Altro dato allarmante emerso nel corso dell’indagine è quello che l’esigenza di favorire le suddette cosche si è risolto in un’elevata soglia di approssimazione nell’esecuzione dei lavori, la cui qualità si è rivelata inferiore a quanto prescritto negli atti progettuali che presiedevano e dovevano orientare la realizzazione della grande opera. In sostanza, è emerso come in moltissimi casi la società appaltatrice si è resa protagonista del mancato rispetto, nella fase esecutiva dei lavori, delle prescrizioni progettuali. Ma questo non è l’unico fronte delle illiceità emerse, in quanto l’attività investigativa ha consentito di rilevare l’assenza di controllo da parte dell’A.N.A.S. e, in particolare, plurime omissioni del direttore dei lavori, Vincenzo CAPOZZA, ciò anche quando egli ha rilevato inadempienze da parte della società appaltatrice.
Le conversazioni telefoniche registrate hanno, infatti, consentito di rilevare, da un lato, la difformità dagli elaborati progettuali dei lavori eseguiti e, dall’altro, l’assoluta consapevolezza di tali vizi da parte del CARROZZA e di alcuni dei suoi assistenti.
Tale gestione irresponsabile dell’appalto ha determinato il crollo della galleria Sant’Antonino di Palizzi, avvenuto in data 3 dicembre 2007, perché realizzata in difformità alle prescrizioni dettate dalla Relazione Tecnica e Strutturale e dal Piano Operativo di Sicurezza del Progetto Esecutivo, nonché a quanto disposto dal Capitolato Speciale di Appalto, quale allegato al contratto d’appalto.
In particolare, gli effetti originati dalle predette difformità operate in fase realizzativa, hanno comportato la perdita di stabilità del versante scavato ed il riversamento dello stesso sulle opere in fase di realizzazione, atteso che la mancata realizzazione dell’arco rovescio e della calotta, negli avanzamenti del fronte di scavo per come indicati progettualmente, non hanno consentito il ripristino dell’equilibrio naturale preesistente all’opera nelle sue condizioni geostatiche originarie.
[1] a cui favore era stato stipulato subcontratto per la fornitura di calcestruzzi per un importo contrattuale di 7.400.000 di Euro.
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