“La condanna della Corte europea di
Strasburgo all’Italia per il sovraffollamento delle carceri dovrà essere
assunta come monito e come uno degli impegni prioritari dal prossimo
Parlamento”.
Lo afferma il Vicepresidente del
Consiglio regionale, Alessandro Nicolò.
“L’Italia ha dovuto subire l’ennesima
umiliazione su una questione civile assolutamente delicata che connota l’indice
di qualità del sistema democratico. Ma i dati – prosegue Alessandro Nicolò –
sono inquietanti: sono ventimila i detenuti in più rispetto alla capienza di 45
mila delle strutture operative, di cui il 40% in attesa di giudizio. Lentezze
processuali, strutture fatiscenti le cui condizioni si sono ulteriormente
aggravate per il taglio delle risorse della Giustizia, relegano il nostro Paese
accanto alla Serbia, nonostante il decreto salva-carceri, che ha permesso di
deistituzionalizzare ed assegnare alla
pena alternativa ben tremila detenuti. Secondo i dati dell’associazione
‘Antigone’ – prosegue Alessandro Nicolò – fatta base cento per posti letto,
sono 142 i detenuti in Italia, a fronte di una media europea del 99% circa.
Tutto ciò, in condizioni fatiscenti, spesso senza acqua e servizi igienici
minimi, situazioni – sottolinea Nicolò – che inducono fatalmente atteggiamenti
autolesionistici, forme di aggressività, ulteriormente moltiplicate
dall’insufficienza di personale di polizia penitenziaria, di servizi sociali,
di strutture alternative aperte, come nel caso del ‘Luigi Daga’ di Laureana di
Borrello. E’ dunque necessario stringere
i tempi – suggerisce Alessandro Nicolò -
individuando, nel contingente, istituti giuridici che consentano forme
di detenzione extracarceraria, e, nel contempo, accelerare tutte le procedure
amministrative affinchè strutture di detenzione come il supercarcere di ‘Arghillà’, siano al più presto messe nella
condizione di operatività. La sentenza di Strasburgo – conclude il
Vicepresidente del Consiglio regionale – è stata uno spartiacque senza ritorno
per il nostro sistema penitenziario cui occorrerà la massima attenzione,
nonostante i tempi di crisi, poiché rappresenta uno degli indici di civiltà, di
autorevolezza di uno Stato che non dia l’impressione di comminare soltanto
‘vendette’, ma che sia garante delle parti, aggressori ed offesi, con i canoni
della democrazia compiuta”.
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