Un cambio di passo per risolvere la questione rifiuti, un impegno
straordinario e l’assunzione di responsabilità da parte dei sindaci e della
giunta regionale per chiudere l’infinita e assurda fase del commissariamento.
Alla vigilia del confronto in consiglio regionale su quella che da più parti
viene definita come la vera emergenza della Calabria, Legambiente rilancia con
forza il tema della programmazione nella gestione dei rifiuti e propone con
determinazione la soluzione della raccolta differenziata spinta “porta a
porta”, una serie di misure per la prevenzione delle illegalità ambientali in
questo settore, la riduzione della crescita e il vero rilancio
dell’impiantistica a servizio del sistema. Un modello, quello della gestione
responsabile del ciclo dei rifiuti, che da anni garantisce risultati in quelle
realtà, i cosiddetti “comuni ricicloni”, che hanno saputo mettere da parte il
punto di vista emergenziale e trasformare i rifiuti in risorsa, grazie a un
sapiente mix di raccolta porta a porta, riciclo, sensibilizzazione, consumi
responsabili. Ma non in Calabria dove si è preferito puntare sulle discariche,
sullo spreco di risorse pubbliche e di territorio, che hanno alimentato il
malaffare e le ecomafie.
“È tempo di bilanci – dichiara il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone – e un’analisi
critica della situazione calabrese non può non sancire la più totale bocciatura
dello strumento commissariale e l’immediata esigenza del ritorno a una gestione
politica del ciclo integrato dei rifiuti: il ruolo del commissario
straordinario si è limitato a quello di un maldestro smistatore di tonnellate
di rifiuti da una buca all’altra del territorio regionale, con un gran
dispendio di risorse e valzer di camion da una parte all’atra del territorio
regionale”.
Una presa di posizione che chiama in causa non solo gli amministratori
ed i consiglieri regionali, ma anche e soprattutto i sindaci: serve una forte e
determinata inversione di tendenza, tale che il problema non sia più la stretta
attualità che vede le strade invase dai sacchetti dell’immondizia – causata
dall’attendismo nell’affrontare il blocco delle discariche di Alli e Casignana
(noto da un anno), l’abbandono del gestore Tec Veolia (annunciato a febbraio),
la chiusura di Pianopoli a causa dei ritardi nei pagamenti da parte
dell’ufficio del commissario (anch’essi prevedibili) – ma la messa a regime di
un sistema che sappia trovare un equilibrio.
“Solo una programmazione di lungo periodo – dichiara il vicepresidente
di Legambiente Calabria, Andrea
Dominijanni – può invece assicurare una soluzione della crisi, figlia di un
quindicennio sciagurato di anarchia e negazionismo. Perché una cosa è certa: la
crisi del sistema non si può più nascondere, come si tenta di fare con il mare
sporco. Non servono misure tampone, ma la presa di responsabilità di un’intera
classe dirigente. E in seconda battuta della società civile e della
cittadinanza tutta”.
Un duro attacco ambientalista anche nel merito della vicenda di alcune
discariche come quella di Melicuccà, Rossano e di San Giovanni in Fiore. In
merito alla vicenda dell’apertura della discarica di Melicuccà, non possiamo
che salutare positivamente l’intervento della procura di Catanzaro che a
seguito di un nostro esposto ha bloccato i conferimenti e disposto una perizia
urgente. “Esprimiamo soddisfazione – dichiara Mimmo Rositano del Circolo Legambiente di Sant’Eufemia d’Aspromonte
– per la nomina di un perito chiamato a esprimersi in merito alla possibilità
di inquinamento delle falde e alle distanze tra discarica ed elettrodotto.
Siamo certi che l’esito dell’indagine ci darà ragione nel merito, ma
soprattutto ribadiamo l’importanza di prevenire qualsiasi possibilità di contaminazione
delle riserve idriche”.
Per quanto riguarda la discarica di San Giovanni in Fiore di località
Vetrano, invece, negli anni abbiamo assistito ad una trasformazione della
natura stessa del sito: da discarica a servizio della raccolta differenziata
per l’ambito Cosenza nord, a discarica che ha accolto rifiuti tal quale con una
crescita dei conferimenti passati da 30 tonn/giorno agli attuali 150
tonn/giorno. Il tutto fatto in violazione di direttive europee, visto che la
discarica è inserita nella Zona di protezione speciale dell’Alto crotonese; con
un abbancamento dei rifiuti in altezza che ha creato problemi di stabilità alla
discarica, senza un adeguato recupero del biogas; con la insufficiente gestione
del percolato che ha provocato a più riprese, con la certificazione
dell’Arpacal, inquinamento nel Fiume Neto. Tutte vicende denunciate da circolo
locale di Legambiente senza che nè la magistratura nè gli amministratori
locali, di tutte le parti politiche, intervenissero a risolvere una chiara
situazione di grave illegalità. Anzi in più occasioni l’attuale sindaco Barile
si è reso responsabile silenzioso complice di Scopelliti e dei vari commissari.
“Una
rinnovata gestione politica della questione rifiuti – conclude Falcone – non può prescindere dalla
stesura di un piano pluriennale, che sappia organizzare il sistema a livello
regionale privilegiando la scala locale, sul modello dei comuni virtuosi che
hanno sposato la filosofia della raccolta differenziata in cui gli
amministratori si assumono le loro responsabilità anche alla luce della nuova
imposta sui rifiuti (TARES) che graverà sui cittadini a fronte di un servizio
inefficiente e criminogeno”.
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