Le catene di Sant’Antonio e il marketing piramidale sono illegali. A sancirlo, stabilendo un decisivo precedente giurisprudenziale, è stata la terza sezione penale della Corte di Cassazione. La sentenza 37049/2012 – di cui ora sono state depositate le motivazioni – recita: «le attività commerciali in cui il beneficio economico deriva dal reclutamento di utenti, piuttosto che dalla vendita diretta di beni o servizi, sono da ritenersi fuorilegge». Una decisione che rischia di far partire una serie notevole di cause, sia contro le truffe web ma anche contro quelle aziende che usano il multilevel marketing per incrementare la loro rete di introiti. Insomma, si aprono scenari nuovi per i tribunali italiani, soprattutto per quanto riguarda gli illeciti commessi attraverso la rete. La formula delle catene di Sant’Antonio è un fenomeno esploso sul web negli ultimi anni e sfrutta il phishing per diffondere false promozioni e falsi servizi.
IL RECLUTAMENTO – La decisione della Cassazione rappresenta una conferma ed è il risultato del giudizio espresso una sentenza impugnata dagli imputati, colpevoli, secondo la legge italiana, di aver svolto pratiche «riconducibili alla categoria delle vendite piramidali e delle cosiddette catene di Sant’Antonio», già regolate dalla legge 173 del 2005. Nel caso in esame, si legge nelle motivazioni, la struttura creata dall’imputato rientra nella prima delle due categorie di condotte vietate, e rappresenta «la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura».
Marta Serafini
fonte:corriere.it
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