L’ultima
relazione della struttura ATO 5 di Reggio Calabria, riferita al 30 aprile
scorso, individua “le criticità del sistema idrico integrato nel quale trovano
una propria definizione gli obiettivi relativi alla ricognizione, al programma
degli interventi, al piano degli investimenti, ai costi di gestione e alla
tariffa necessaria a coprire i costi e ad assicurare la remunerazione dei
capitali necessari a finanziare investimenti in un sistema avviato”. Obiettivi non più raggiungibili dopo che la
Regione ha deciso di affidare ai comuni i compiti che fino ad oggi erano propri
delle finalità degli ATO. Gli scenari che adesso si disegnano non sono certo
rosei. Intanto perché non si è tenuto conto del DL del 23 dicembre 2011 che proroga
di un anno l’esistenza degli Ambiti Territoriali Ottimali, prima del varo di un
unico organismo regionale. Poi perché, frettolosamente, sono stati cancellati
anni di esperienza e di professionalità ancora valide anche per terminare i
programmi già avviati. Dalla relazione emerge che la rete idrica del territorio
della provincia è caratterizzata da un’alta dispersione di liquido che si
attesa al 60% e che siamo in presenza di un sistema fognario e depurativo
precario e non conforme a quanto prescritto dalla normativa comunitaria e
nazionale. Le criticità interessano il 90% dei comuni della provincia di
Reggio. Precarietà che, per quanto riguarda il sistema fognario, è aggravata
dal fatto che in “molte zone del territorio le reti sono insufficienti o
addirittura mancanti”. Ciò comporta numerose infrazioni europee che determinano
sanzioni a carico della Regione Calabria. In generale, poi, si fa rilevare che
il sistema della depurazione, dal 1999 al 2011 è stato caratterizzato dalla
presenza del Commissario per l’Emergenza
Ambientale che “ha determinato un notevole cambiamento strutturale
del sistema depurativo all’interno del territorio dell’ATO 5 con la
realizzazione di una serie di depuratori ‘consortili’ che di fatto non lo sono
a causa della mancanza di collettori fognari”. I particolari del rapporto sono
ancora più drammatici. In oltre duecento località con una densità abitativa di
ventimila residenti non esiste la rete fognaria; la mancanza di fognature riguarda
segmenti di territorio con popolazione compresa tra i 50 e i 200 abitanti; una
terza fascia di popolazione residente pari a 4.400 abitanti non conosce
l’esistenza delle fognature. In tutta la provincia, la quasi totalità del
sistema fognario è prevalentemente misto. Tutto ciò, ovviamente, è motivo di
infrazione per l’Unione Europea. Non meno drammatica è la situazione riferita
al sistema depurativo: in parte obsoleto e in parte di nuova generazione che,
tuttavia, è insufficiente e critico nonostante l’Ufficio del Commissario per l’Ambiente,
“con attività mirate, abbia cercato di rimuovere situazioni di rischio
ambientale con la costruzione di diversi depuratori consortili, la cui attività
ancora risulta insufficiente”. I compiti
dell’ATO 5, con interventi programmati e finalizzati ad affrontare l’intera
problematica, hanno consentito alla provincia di Reggio, fino alla stagione
estiva del 2011, di avere una discreta balneabilità nonostante la vetustà degli impianti di depurazione”.
“Adesso – dice
il Presidente Giuseppe Raffa - , dopo che la legge regionale ha soppresso gli Ato preferendo un rapporto
diretto con i comuni, è stata smantellata quella rete sinergica tra gli enti
che ha portato a buoni risultati nonostante fossimo in presenza di situazioni
di crisi e di grande precarietà. Una decisione, tanto azzardata quanto
inopportuna, che non produrrà effetti positivi: né per quanto attiene la
continuità del servizio né sull’efficacia dell’azione amministrativa. Perché
tanta fretta, quando la legge ha inteso assicurare l’indispensabile continuità
nell’erogazione del servizio? I sindaci
– rileva Raffa – si troveranno di fronte a un ginepraio di criticità e di
emergenze in cui difficilmente i comuni, soprattutto quelli di piccola
dimensione, riusciranno a muoversi. E lo diventa ancora di più per mancanza di
una rete in grado di superare le difficoltà di chi dovrà gestire tanti piccoli
segmenti operativi che per diventare virtuosi richiedono un coordinamento per evitare
la spirale della frammentazione. Forse non si è
tenuto conto delle struttura
tecniche degli enti di piccole dimensioni in cui sono totalmente assenti figure
professionali in grado di far fronte ai nuovi compiti imposti dalla Regione.
Non si esclude, quindi, che i Comuni saranno costretti a percorsi tortuosi e a
grosse difficoltà di gestione, soprattutto in assenza, diversamente da quanto
avveniva in passato, di una specializzata
società di manutenzione. Smantellare gli Ambiti Territoriali, come quello
che faceva capo alla Provincia di Reggio, significa annullare un modello che,
nel bene e nel male, non aveva fatto gravare sui singoli comuni il peso e la
responsabilità, anche di natura penale, di un servizio delicato e al tempo stesso
vitale sia per la salute sia per lo sviluppo socio – turistico del territorio.
Una decisione assunta in un momento storico in cui la collaborazione tra enti è
vitale nella gestione di servizi d’interesse pubblico. Lo smantellamento degli
Ato, che qualcuno considera una ‘rivoluzione’- termina il Presidente della
Provincia di Reggio-, appare, invece, una decisione finanche priva di logica. Ecco perché credo, almeno per
quanto riguarda l’esperienza reggina, sia importante consentire all’Ato 5 di
operare in regime di prorogatio, nella gestione del servizio idrico integrato, fino
alla costituzione dell’Ato unico regionale. Non è solo questione di
risorse. E’ fondamentale, invece, che
queste risorse siano messe in ‘rete’ e procedere così a strutturare un sistema
in grado di superare le criticità esistenti e rilanciare l’economia del
territorio, soprattutto quella che trae linfa dal comparto turistico”.
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