Si tratti di Mafia o Sacra Corona
unita, di terrorismo o del gesto isolato di un folle, quale che sia la matrice
di questo vile attentato quello che preoccupa maggiormente oggi è che si tratta
di un episodio che colpisce al cuore la speranza nel futuro del nostro Paese: i
nostri giovani. Già, perché chi ha scelto di collocare proprio lì a
Brindisi davanti all’Istituto professionale “Francesca Laura Morvillo Falcone”,
lo ha fatto in modo premeditato con il
preciso obiettivo di uccidere delle giovani vite innocenti, infrangendo e
spezzando i sogni e le speranze di ignare studentesse pendolari nel fiore dei
loro anni migliori. Non si è trattato di un azione dimostrativa volta a
distruggere o danneggiare qualcosa o ancora colpire una Istituzione, bensì
destinata a ferire, dilaniare ed ustionare i corpi delle povere vittime di
questa che, non a torto, possiamo definire come un vera e propria strage degli
innocenti. Sono d’accordo anche io con
il segretario nazionale del PDL Angelino Alfano, si tratta di un episodio di
una più generale strategia della tensione che lo Stato ha il dovere di
arrestare sul nascere con una reazione forte e repentina individuando e punendo
il prima possibile i vigliacchi responsabili di questo assurdo gesto di
violenza. Questo il commento del Coordinatore
Provinciale PDL di Reggio Calabria Avv. Roy Biasi di fronte la notizia
dell’ordigno esploso a Brindisi davanti all’Istituto professionale “Francesca
Laura Morvillo Falcone” che ha ucciso una studentessa di 16 anni, Melissa
Bassi. Altri sette i feriti gravi fra i
quali Veronica Capodieci ricoverata all'ospedale "Perrino" in
gravissime condizioni, con traumi toracico-addominali e ustioni su gran parte
del corpo.
Vivo anche io in una terra difficile –
prosegue Roy Biasi - come la Calabria dove la presenza della criminalità
organizzata è asfissiante. Ho delle
figlie della stessa età della studentessa vittima di questo attentato. Di fronte a simili tragedie ritengo che
qualsiasi buon padre di famiglia non possa che sentirsi profondamente
addolorato. Ai vigliacchi attentatori che
hanno attivato il timer o premuto il pulsante telecomando che ha provocato la
deflagrazione dell’ordigno chiedo: ma che cosa c’entrano delle ragazzine? Che
colpa avevano? Perché? Speriamo sia preso
fatta giustizia. Adesso ci sarà la fila ai funerali e il coro della solidarietà
si farà sentire. Il fatto che la scuola di fronte alla quale si è scatenata la
potenza esplosiva dell’attentato sia intitolata alla memoria della moglie,
Francesca Marvillo e del giudice Giovanni Falcone uccisi dalla mafia venti anni
fa e che in città fosse atteso l’arrivo della carovana Antimafia non passa
certamente inosservato. Forse per questa naturale associazione di idee nella
mente mi continuano a rimbombare quelle parole proferite in cattedrale ai
funerali di Palermo: “ma loro non cambiano”.
Vito Schifani era agente della scorta di Giovanni Falcone e venne ucciso
anche lui nella strage di Capaci. Era al
volante della prima delle tre Fiat Croma che riaccompagnavano il magistrato,
appena atterrato a Punta Raisi da Roma a Palermo. Al suo fianco stava l'agente
scelto Antonio Montinaro, sul sedile posteriore l'agente Rocco Dicillo; Falcone
guidava la Croma bianca che li seguiva, sulla quale viaggiava anche la moglie
Francesca Morvillo. Nell'esplosione, avvenuta sull' Autostrada A29 all'altezza
dello svincolo per Capaci, i tre agenti morirono sul colpo, dato che la loro
Croma marrone fu quella investita con più violenza dalla deflagrazione, tanto
da essere sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi a più di dieci
metri di distanza. Schifani aveva 27 anni e lasciò la moglie Rosaria Costa 22
anni e un figlio di appena 4 mesi. Quando, nella camera ardente allestita a
Palazzo di Giustizia a Palermo, il presidente del senato Spadolini si avvicinò
alla vedova, lei gli disse: « Presidente, io voglio sentire una sola parola: lo
vendicheremo. Se non puoi dirmela, presidente, non voglio sentire nulla,
neanche una parola. » Le parole che poi Rosaria
pronunciò ai funerali del marito, di Falcone, della Morvillo e del resto della
scorta fecero presto il giro dei notiziari per la disperazione ma anche
lucidità che ne traspariva: « Io, Rosaria Costa, vedova dell'agente Vito Schifani
mio, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, lo Stato...,
chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini
della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani,
sappiate che anche per voi c'è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi
dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare...
Ma loro non cambiano... [...] ...loro non vogliono cambiare...»
Ma loro non cambiano... [...] ...loro non vogliono cambiare...»
Ieri a Capaci. Oggi a Brindisi.
Vittime innocenti di una strage fratricida.
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi commentare questa notizia.