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lunedì 10 dicembre 2012

ADICO. le news


LA CRISI IN ITALIA SPEGNE ANCHE IL TELEFONINO. IN NOVE MESI PERSE CHIAMATE PER UN MILIARDO


9 dicembre 2012
La crisi colpisce anche i cellulari e l’Italia, famosa nel mondo come uno dei Paesi per il più alto tasso di diffusione del telefonino, accusa una battuta d’arresto. Il 2012 ha registrato una brusca contrazione delle chiamate e il periodo peggiore è stato quello delle vacanze estive, che invece di solito coincideva con un momento favorevole per la telefonia mobile: tra luglio e settembre le tre maggiori compagnie telefoniche tricolori insieme hanno perso 300 millioni di euro di fatturato, un miliardo in nove mesi. Se è vero che a partire dallo scorso giugno sui conti di Tim, Vodafone e Wind ha inciso anche il taglio dei costi delle tariffe da terminazione, è anche vero che rispetto all’andamento dell’estate 2011 c’è stato un calo del traffico voce. Inoltre per salvare i ricavi e evitare l’erosione dei margini tutti gli operatori hanno iniziato a lanciare delle tariffe un po’ più alte ma tutto compreso (voce, sms e internet). Operazione che ha arginato il crollo dei ricavi, ma che si è abbattuta come una scure sugli utili delle società telefoniche.
Tra tutti gli operatori italiani quella che è stata meno travolta dalla bufera è Wind, che grazie ad alcune offerte stracciate (tipo quella da 9 euro al mese all inclusive) ha saputo conquistare i clienti delle rivali. Nonostante gli sforzi il gruppo guidato da Maximo Ibarra, ha comunque tagliato significativamente le tariffe, e pur acquistando qualche nuovo cliente, ha comunque generato meno ricavi: nei primi nove mesi del 2012 il calo è del 3,7% a 2,78 miliardi di euro (107 milioni di fatturato in meno rispetto al 2011). Nonostante la tenuta di Wind, la crisi non ha sposato però flussi determinanti di clientela perché chi era leader comeVodafone è rimasto saldamente al primo posto, ma ugualmente il gruppo guidato da Paolo Bertoluzzo che tra il 2009 e il 2010 era cresciuto di più, con la sforbiciata che anche gli italiani hanno dato a tutte le utenze, ha perso più degli altri: tra gennaio e settembre Vodafone ha perso l’8,9% dei suoi ricavi vale a dire 484 milioni di fatturato. Tim che invece aveva iniziato l’anno con brio, già con l’arrivo della primavera ha accusato pesantemente il colpo, rimanendo al secondo posto: nei primi nove mesi il gruppo ha infatti perso 415 milioni di ricavi, vale adire l’8,1% del suo fatturato.
E così l’inasprirsi della crisi ha portato il 12esimo Paese al mondo nel comparto della telefonia mobile, a accusare un calo del fatturato di oltre un miliardo in nove mesi, dato che è desinato ad aumentare perché i segnali per il periodo ottobre dicembre non mostrano un’inversione di tendenza. Tra gennaio e settembre i ricavi da servizi di Wind, Vodafone e Tim sono stati pari a 12,4 miliardi, il 7,5% in meno rispetto ai 13,4 miliardi del 2011.
di SARA BENNEWITZ
fonte:repubblica.it


CGIA: NEL 2012 STANGATA FISCALE PER 726 EURO A FAMIGLIA


8 dicembre 2012
L’introduzione dell’Imu, gli aumenti dell’Iva, delle accise sui carburanti e dell’addizionale Irpef regionale hanno fatto aumentare sensibilmente il peso delle tasse sulle famiglie italiane, con aggravi che quest’anno potranno raggiungere i 726 euro: una vera stangata che, in un momento di profonda crisi economica, rischia di mettere in ginocchio soprattutto il ceto medio.
“Se si continua ad agire solo sulla leva fiscale – segnala il segretario dalla Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi – siamo destinati ad avvitarci in una crisi dalla quale difficilmente riusciremo ad uscirne in tempi brevi”.
Le simulazioni su tre tipologie di famiglie realizzate dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, alla luce delle novità fiscali introdotte sia dal Governo Berlusconi che da quello Monti, mostrano, ad esempio per un giovane operaio senza familiari a carico, con un reddito poco inferiore ai 20.000 euro e con un’abitazione di 60 mq, un aumento del prelievo fiscale pari a 405 euro. Particolarmente pesanti sono gli aumenti riconducibili all’impennata di accise e Iva sui carburanti (+199 euro) e all’introduzione dell’Imu sulla prima casa (+120 euro). Nel 2013 la maggiore tassazione sul 2012 sarà di 55 euro e scenderà a 16 euro nel 2014. Al termine del triennio, rispetto al 2011, questo operaio pagherà 477 euro euro in più.
Per una coppia con un figlio, composta da un impiegato con un reddito annuo di 22.000 euro, che vive assieme al figlio in una casa di 115 mq ed è sposato con una donna che lavora come commessa presso un negozio e che percepisce 19.000 euro all’anno, l’aumento fiscale di 640 euro (anche in questo caso i carburanti e l’Imu saranno le voci di spesa più importanti), mentre nel 2013 registreranno una lieve flessione, pari a 11 euro, rispetto a quanto hanno versato nel 2012.
Questo risultato è riconduicibile alla “Legge di stabilità” che ha deciso di aumentare le detrazioni Irpef per i figli a carico. Infine, nel 2014 l’aggravio fiscale si attesterà sui 93 euro. Alla luce di ciò, tra il 2011 ed il 2014 l’aumento della tassazione peserà sul bilancio di questa famiglia per un importo pari a 722 euro.
Infine per una coppia con due figli, con un solo stipendio annuo di 50.000 euro, e una abitazione di 115 mq quest’anno il carico fiscale aggiuntivo sarà pari a 726 euro (le voci più significative sono i 305 euro di Imu e i 199 euro di maggiori spese per il carburante), mentre nel 2013, per l’effetto dell’aumento delle detrazioni Irpef per i figli a carico, l’aggravio fiscale sarà negativo. Vale a dire che l’anno prossimo, rispetto al 2012, risparmieranno 61 euro. Nel 2014, invece, saranno costretti a pagare ben 146 euro in più rispetto all’anno precedente. In virtù di tutto questo, gli effetti fiscali delle manovre Berlusconi e Monti costeranno a questa famiglia ben 812 euro di tasse in più.
Fonte:repubblica.it


CENSIS: “ITALIA PIÙ POVERA E ARRABBIATA”. REDDITI AI LIVELLI DEL’97, CROLLO PER IL CETO MEDIO


7 dicembre 2012
Una crisi peggiore delle altre, “perfida”, la definisce il Censis nel Rapporto 2012, presentato stamane al Cnel, che ci ha resi inermi di fronte a “eventi estremi”, quasi incomprensibili: non solo siamo stati costretti a imparare rapidamente il significato di parole come spread e default, ma le abbiamo viste travolgere la nostra vita, le nostre certezze. E allora gli italiani si sono trincerati nella “restanza”, cercando di “sfruttare al massimo tutte le più nascoste ma solide componenti del modello pluridecennale che ha fatto l’Italia di ieri e anche di oggi”. Risparmio, rinuncia e rinvio sono diventate per necessità le direttrici dei comportamenti familiari, le tre “r”, le chiama il Censis.
Ma non c’è solo paura, trincea, lo sguardo rivolto al passato non è solo nostalgico. Intanto, gli italiani non sono rassegnati. Se si chiede loro qual è la reazione alla crisi della politica, indicata come la causa prima del disastro attuale, la risposta prevalente è “rabbia” (52,3%). La rabbia è anche superiore alla voglia di reagire (20,1%), che però non manca. Gli italiani stanno cercando faticosamente di “riposizionarsi”. I giovani si orientano verso “percorsi di formazione tecnico-professionale dalle prospettive di inserimento occupazionale più certe”.
Emergono a tutti i livelli modelli di cooperazione: si va dai sempre più consistenti aiuti della rete familiare al boom del modello delle imprese cooperative, cresciute in dieci anni del 14%, al noleggio e al car sharing come superamento dell’auto di proprietà. Si condivide, e si innova anche: la scuola si “internazionalizza”, favorendo gli scambi e i soggiorni all’estero di studenti e insegnanti. L’agricoltura diventa più organizzata e competitiva, il commercio inventa nuove reti e nuove forme di distribuzione. Cresce il numero delle imprese attente ai controlli e alle certificazioni di qualità, cambia il modo di informarsi degli italiani, sempre più legato ai social network e meno ai fenomeni tradizionali. Non è tutto sfacelo: il Censis vede consistenti “segnali di reazione degli italiani”, e coglie numerosi “processi di riposizionamento nel sociale e nell’economia”.
Famiglie allo stremo
I consumi delle famiglie, incapaci ormai di elaborare strategie innovative di sopravvivenza e prostrate da una crisi spietata, sono ritornati ai livelli del 1997: 15.700 euro annui pro capite, complice anche una flessione tendenziale del 2,8% nel primo trimestre di quest’anno, e del 4% nel secondo. La propensione al risparmio si è ridotta al lumicino, passando dal 12% del 2008 all’attuale 8%. L’83% delle famiglie ha riorganizzato la spesa alimentare cercando offerte speciali e cibi meno costosi, il 65,8% ha ridotto gli spostamenti per risparmiare sulla benzina, il 42% ha rinunciato ai viaggi e il 39,7% all’acquisto di abbigliamento e calzature. Le parole d’ordine sono “risparmio, rinuncio, rinvio”. Con qualche operazione “straordinaria” di sopravvivenza: 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o altri oggetti preziosi, 2,7 milioni di italiani coltivano ortaggi e verdura per l’autoconsumo, 11 milioni di italiani preparano tutto in casa, dal pane ai gelati.
(Più) ricchi e (più) poveri
Negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%. Ma questa è la media. Nel dettaglio, le cose sono andate in maniera diversa: la quota di famiglie con una ricchezza finanziaria netta superiore a 500.000 euro è raddoppiata, passando dal 6% al 12,5%, mentre la quota di ricchezza del ceto medio (compresa tra i 50.000 e i 500.000 euro, e comprensiva anche dei beni immobili) è scesa dal 66,4% al 48,3%. C’è stato inoltre uno slittamento della ricchezza verso le componenti più anziane della popolazione: se nel 1991 i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie, nel 2010 tale quota è scesa al 5,2%.
Mai così tanti senza lavoro
Anziché usare banalmente il termine “disoccupati”, il Censis parla di 2.753.000 job seekers. Ma non si tratta di un “inglesismo” superfluo: è che questi quasi tre milioni di persone, in eccezionale aumento (+34,2% tra il primo semestre del 2011 e il primo del 2012) sono effettivamente “persone in cerca di lavoro”. Attive, dunque, anche se in difficoltà. Un quarto ha tra i 35 e i 44 anni, un altro quarto si colloca nelle fasce più anziane, gli altri sono under 35, i più penalizzati. Il 20,4% ha perso l’occupazione nel corso del 2011.
 Il sostegno della famiglia
Nel corso del 2012 “il 29,6% delle famiglie ha realizzato un trasferimento economico a favore di un proprio componente, con un esborso annuo complessivo intorno ai 20 miliardi di euro”. La famiglia, in una situazione così drammatica, senza più punti di riferimento, fa da baluardo economico e da welfare. Per il resto, ci si arrangia come si può: la casa diventa un bed & breakfast (scelta compiuta dal 2,5% delle famiglie nelle grandi città), si affittano alloggi prima tenuti vuoti (3,9%, la quota delle famiglie in affitto nei centri urbani sfiora il 30%) o in ultima analisi si vende la propria casa, senza ricomprarne una nuova e rassegnandosi all’affitto (2,6%).
Il boom della cooperazione
Mentre i modelli produttivi tradizionali scricchiolano (nel manifatturiero si registra il 4,7% di imprese in meno tra il 2009 e oggi) si affermano nuovi settori, come quelli legati alle applicazioni Internet, o si rivalutano nicchie di mercato guardate a lungo con sufficienza, come la cooperazione. Le imprese cooperative sono cresciute del 14% tra il 2001 e il 2011, l’occupazione ha visto l’8% in più di addetti tra il 2007 e il 2011 (+2,8% nei primi nove mesi del 2012), a fronte del -1,2% degli occupati in Italia.
Piccoli Bill Gates crescono
Ci sono poi germogli di novità: nelle circa 800 start-up del 2011 nel settore delle applicazioni Internet l’età media degli imprenditori è di 32 anni. Molti inoltre gli investimenti nelle green technologies. Nell’industria digitale è ormai avvenuto il passaggio “all’era biomediatica”, caratterizzata dalla miniaturizzazione dell’hardware e dalla proliferazione delle commessioni mobili.
La scuola: “internazionalizzazione” e percorsi tecnici
In un sistema che si sgretola non ci sono più certezze, e i giovani a fronte al deserto di opportunità cercano nuove strade. Aiutati anche dalla scuola, che, per quanto abbandonata e “tagliata” da ogni nuovo governo che s’insedia, non rinuncia ad affiancare gli studenti nella ricerca di un percorso formativo adeguato a un mondo sempre più complesso. Il 68,1% dei dirigenti scolastici dichiara che la propria scuola negli ultimi cinque anni ha partecipato a percorsi di “internalizzazione”, il che significa non solo che gli studenti sono andati all’estero per scambi culturali (il 76,6% dei progetti va in questa direzione) ma che ci sono andati anche i professori (nel 38% delle scuole). E’ dunque una scuola sempre meno chiusa quella attuale. I giovani che hanno deciso di completare all’estero la loro formazione superiore sono aumentati del 42,6%. Un altro cambiamento degli ultimi anni è la disaffezione verso l’università (le immatricolazioni sono diminuite del 6,3%) e soprattutto verso le facoltà “generaliste”, e l’orientamento verso percorsi di studi di tipo tecnico-scientifico, che registrano un progresso del 2,7% tra il 2007 e il 2010.
Fonte: repubblica.it

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