Non ci meraviglieremmo più di tanto se, tra non
molto, le altre città cominciassero ad invidiarcelo. Il cosentino Maurizio
Orrico, già molto apprezzato nelle città d’arte per antonomasia, da Berlino a
Venezia, con significativi “sconfinamenti” negli USA e in Cina, è destinato a
far crescere le sue quotazioni di artista a tutto tondo.
Un passaggio obbligato il suo dalla Commissione
cultura di Palazzo dei Bruzi, da più di un anno impegnata in un certosino
lavoro di segnalazione alla città di artisti, scrittori poeti e musicisti,
figli della nostra terra, alcuni inghiottiti dall’oblìo, altri, come Orrico,
quasi più conosciuti altrove che non nella città di origine.
Ad introdurre l’ospite speciale dell’ultima seduta
di commissione è stato il Presidente Claudio Nigro che ha svolto anche il ruolo
di consigliere relatore, definendo subito Maurizio Orrico “un ospite illustre e
un artista di valore”, prima di ricordare le tappe più importanti del suo
percorso.
In principio fu la fotografia, poi la pittura, ora,
in maniera dirompente, la scultura. Nella formazione di Maurizio Orrico, molto hanno
contato le frequenti trasvolate oceaniche con destinazione States. E’ qui che
partecipa alle prime collettive, grazie alle quali il suo nome comincia a
circolare negli ambienti dell’arte che conta.
Le sue sculture sono di singolare profondità e di
una forza evocativa non comune, come la “Carne di Cristo”, che raffigura un
Cristo nel tritacarne che in una smorfia di dolore si appresta a diventare,
appunto, carne da macello. Di primo acchito può sembrare una provocazione, al
pari di un’opera del newyorchese Andres Serrano, ma in realtà racchiude un
messaggio, fuori da ogni irrispettosità, sulla mercificazione dell’uomo.
Le opere di Maurizio Orrico, specie quelle
scultoree, hanno fatto il giro del mondo: Berlino, Shangai, Venezia, la
Biennale, tappa obbligata. Alla sua 54ma edizione Orrico presenta una scultura
in marmo dedicata al vuoto, raffigurante un uomo, colto nell’atto in cui si
china a raccogliere i suoi stessi cocci, come se la sua esistenza fosse andata
in frantumi. Un’opera che trasuda riflessione, solitudine, volontà di
ricominciare e di non darsi per vinti. E un’opera che non può non essere fruita
dal grande pubblico. Sarebbe il caso - e l’Amministrazione comunale ha
cominciato a pensarci - di farla uscire dallo studio di Maurizio Orrico, dove è
attualmente custodita, per collocarla in una piazza della città. Certo, si
tratta di una scultura molto delicata e che, come tale, necessita di
accorgimenti particolari, sia nel trasporto, sia per tutto ciò che attiene il
capitolo sicurezza. L’ideale sarebbe di renderla visibile, ben custodita
all’interno di una teca. Si vedrà.
A Berlino, la prestigiosa galleria “Marzia Frozen”
ospita altre tre opere di Maurizio Orrico che racchiudono, in una commistione
ed incroci di tecniche e temi, tutto il suo percorso artistico che ha
attraversato la pittura, la fotografia analogica e digitale e la sua passione
più recente: la scultura. Senza per questo tenere a freno la sua creatività
quando si tratta di dispiegarla in videoinstallazioni o altre manifestazioni
inconsuete dell’arte moderna. La prima, del 2001, è un’opera che se da un lato
tra origine dalle frequentazioni americane di Orrico, dall’altra rivela
un’anima premonitrice. Si tratta della croce e della bandiera a stelle e
strisce che venne ultimata proprio l’11 settembre, il giorno stesso
dell’attacco alle Twin Towers.
Sempre alla berlinese Frozen ha trovato ospitalità
il maialino su tela neutra, un grido di dolore sulla mattanza degli animali e,
infine “Trough life”, ancora un uomo chino, intento ad attraversare un ponte e
ancora una metafora esistenziale di particolare impatto visivo. Da Berlino ai
trionfi in Cina il passo è breve. Due dei sette
“Viaggiatori” di Maurizio Orrico, sculture simbolo dell’umanità in
perenne movimento, hanno fatto bella mostra di sè nel palazzo del Ministero
dell’Ambiente a Pechino e nel padiglione italiano all’ultima Expò di Shangai.
Altri due viaggiatori sono, invece, collocati a Cosenza davanti Palazzo Salfi.
E a Cosenza, la sua città, Maurizio Orrico ha
offerto altre espressioni della sua arte, realizzando, tra l’altro, la Cattedra
Vescovile del Duomo, un manufatto creato da un unico blocco di marmo di Carrara
che originariamente pesava ben 15 tonnellate. Nelle mani di Orrico, il sedile
vescovile è impreziosito da un morbido panneggio adagiato sulla cattedra a
simboleggiare la Sacra Sindone.
Nel corso della seduta della commissione cultura di
Palazzo dei Bruzi sono intervenuti, oltre al Presidente Nigro, anche i
consiglieri Mimmo Frammartino, Maria Lucente e Pino Spadafora, tutti concordi
nel ritenere Maurizio Orrico un artista raffinato, capace di infondere grandi
suggestioni. Ragioni tutte che gli valgono il consueto premio finale della
Commissione.
Poi la parola passa direttamente ad Orrico che,
quando gli si chiede di indicare un modello di riferimento, afferma di sentirsi
più vicino a Maurizio Cattelan, tra i più quotati e seducenti artisti italiani
del momento, che non all’inglese Damien Hirst, forse perché giudica le sue
opere troppo provocatorie.
E mentre si lascia avvolgere dall’arte scultorea non
disdegna altre incursioni nella pittura e nella fotografia, perché il primo
amore non si scorda mai, come quando immortala i palazzi di Chicago in uno
sforzo proteso a scomporre drammaticamente le architetture, un’idea che sta
mettendo in cantiere anche per Cosenza con l’intenzione di far parlare i muri
dei fabbricati. Quei pochi fortunati che hanno già visto i provini di queste
foto sono rimasti a bocca aperta!
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