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giovedì 13 dicembre 2012

Cosenza:La Locandiera di Goldoni apre Stagione Prosa.


Nancy Brilli è Mirandolina

Scritta nel 1751, “La Locandiera” è la commedia di Goldoni che testimonia quel mutamento importante, la conquista di spazio da parte della borghesia a danno della nobiltà veneziana, che, negli anni, andrà consolidandosi diventando un vero e proprio primato della prima sulla seconda. E la storia di Mirandolina – il primo personaggio femminile del teatro occidentale che reca i caratteri della modernità – è l’espressione piena di questo cambiamento. Stratega, calcolatrice, animata da un forte spirito di rivalsa sui ‘maschi’ in crisi, Mirandolina si prende gioco di conti, marchesi e cavalieri per impalmare il servitore Fabrizio, promettendogli che, sposandola, rinuncerà a far innamorare gli uomini per pura vanità.
Non si fa alcuna fatica ad immaginare nel personaggio uscito dalla penna di Goldoni un’attrice brillante e dotata di grande simpatia come Nancy Brilli che, dopo otto anni, torna alla tournée, attraversando tutto lo stivale, con questa Locandiera, diretta da Giuseppe Marini – regista abituato alle riletture critiche dei grandi classici - e prodotta da “Società per attori”. Al teatro Rendano di Cosenza, unica tappa calabrese, lo spettacolo inaugura la stagione di prosa sabato prossimo 15 dicembre (ore 20.30) con replica pomeridiana (ore 18.00) domenica 16.
Nei panni dei personaggi maschili della commedia, al centro degli intrighi orchestrati da Mirandolina, ci sono Fabio Bussotti, Maximilian Nisi e Claudio Castrogiovanni e Andrea Paolotti, rispettivamente il Marchese di Forlipopoli, il Conte di Albafiorita, il Cavaliere di Ripafratta ed il cameriere Fabrizio. Le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi sono disegnati da Nicoletta Ercole e – scrive la critica – giocano un ruolo determinante nella regia di Marini che punta su passione, desiderio e relazioni pericolose. “In questo gioco, perverso quanto sterile – così Marini nelle sue note alla regia – l’Amore è sostituito dalle sue recite e la finzione si serve dell’Amore stesso come strumento e mai come autentica componente affettiva”. Eppure, ammette infine con spiazzante sincerità Mirandolina «tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne».
In arrivo Vinicio Capossela con il suo tour “Rebetiko Gymnastas” Manca ancora qualche giorno, ma la febbre per il “Rebetiko Gymnastas” che il cantautore Vinicio Capossela terrà al Teatro “Rendano” lunedì 17 dicembre, alle ore 21,00, comincia a salire. Il tour che fa tappa al “Rendano” e che è inserito nella sezione “Celebrity” della stagione del teatro di tradizione cosentino, firmata dal direttore artistico Isabel Russinova, prende il nome dall’ultimo disco di Vinicio Capossela, uscito nel giugno scorso, dopo una lunga gestazione, iniziata nel 2007 ad Atene, quando il cantautore irpino si chiuse in sala di registrazione insieme ad alcuni tra i più grandi musicisti rebetici dell’era moderna. Il disco e il tour celebrano, infatti, il rebetiko, la musica popolare greca nata negli anni venti, ad Atene e Salonicco, figlia di una crisi diversa, ma non meno drammatica di quella che attualmente attanaglia la Grecia, strangolata dalla crisi economica e dall’incertezza del vivere.
Una musica fiorita tra porti, emarginati, fuorilegge, capace di raccontare dolore e rabbia, ma soprattutto l’assenza. Infatti, il rebetiko, sorta di blues dell’Egeo che viene suonato ancora oggi nelle taverne e nelle cantine, è essenzialmente il canto dell’assenza, ma anche, oggi più che mai, espressione di fierezza e resistenza.
E quei sentimenti di cui il rebetiko è portatore e che trovarono sfogo quasi un secolo fa, quando la Grecia visse un altro periodo nerissimo, riaffiorano magicamente e quasi per incanto, a sottolineare la ribellione di un popolo che non ci sta a piegarsi. E’ lo stesso Vinicio Capossela a spiegarci la forza e la profondità dei contenuti di questo singolarissimo genere  musicale.
“Il rebetiko – sottolinea il cantautore - evoca un modo di prendere la vita. Sono cose che si ri-conoscono perché ci appartengono già. Ho sempre amato il rebetiko perché è musica che fa male, che non prova a renderti migliore ma solo te stesso, che riapre i conti con te stesso. Musica rivoltosa perché accende la rivolta di quanto le convenzioni hanno occultato di noi stessi. E poi è musica bellissima, che sa di fierezza, di oriente, di assenza, di qualcosa di perduto. Praticare questa musica tiene in esercizio il " mangas " che è in noi.
Di sicuro mio nonno paterno – continua Capossela - era un mangas (chi canta rebetiko), non aveva di certo ascoltato Markos Vanvakaris, ma era un mangas. Il suo modo di vantarsi, di portare il cappello, di avere un codice, di sapere cosa era giusto per lui e cosa non lo era, il modo di essere despota in casa e compagnone tra i suoi simili, la sua anarchia politica. Tutto questo lo faceva un mangas. E quando vedo le vecchie foto dei rebetis, riconosco gente che mi appartiene.
Gente dignitosa, con un’identità, che non faceva dipendere chi si era da quello che si possedeva… Mi fa sentire vecchio, dignitosamente vecchio. E poi è musica per il corpo, per tutti i muscoli, soprattutto il cuore. E il cuore si scambia solo con il cuore.” Sul palco del “Rendano” di Cosenza, Vinicio Capossela sarà affiancato da grandi musicisti della tradizione rebete, coloro che lo hanno già accompagnato nel disco ed ora, dal vivo, nel corso di questo apprezzatissimo tour: anzitutto Manolis Pappos, re del bouzuki (lo strumento tricorde tradizionale), poi Vassilis Massalas alla chitarra e baglamas, Ntino Chatziiordanou alla fisarmonica e all'organo Farfisa, Dimitri Emmanouil alle percussioni. Completano l'organico, due autentici pilastri della band di Capossela: Glauco Zuppiroli al contrabbasso e Giancarlo Bianchetti alla chitarra. Nel concerto di Vinicio Capossela alcuni dei suoi brani cult come “Il ballo di San Vito” e “Che cos’è l’amor” saranno, grazie agli strumenti della tradizione rebetika, rivestiti di nuove sonorità. “In scaletta – chiarisce Capossela - ci sono brani della tradizione anarchica, come “Lavorare con lentezza” di Enzo del Re e una versione di "Quello che non ho" di De Andre’, sulla musica di un brano del grande Markos Vanvakaris, dal titolo "Primo ministro". È musica che non si vergogna dei propri peccati e dei propri errori. E' un concerto di canzoni, che attingono a un repertorio vario. Ci sono canzoni dei miei primi dischi, canzoni di anarchici, canzoni di rebetiko cantate in originale da Manolis Pappos e Vassili Massalas. Sono canzoni che praticano esercizi ginnici di rebetiko, perchè sono suonate da musicisti di quella tradizione. Tanto è vero che in scena ci sono delle spalliere che evocano l'esercizio ginnico: sollevamento di pesi emotivi, esercizi di disequilibrismo, ma soprattutto mettersi a nudo, perché "gymno" in greco significa nudo.

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