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mercoledì 2 marzo 2011

Scuola e libertà...

La scuola é finita? La scritta che si legge nella foto sembra più attuale che mai. Siamo lontani da giugno e il significato é un altro. Purtroppo, infatti, ancora una volta, gli italiani si ritrovano a "dover" disquisire su temi che ai più appaiono sterili o almeno discutibili. Oggetto del contendere, questa volta, la bontà della scuola pubblica.
Non vogliamo entrare nel merito di chi ha detto cosa (indubbiamente opinabile) e di chi (sempre alla ricerca del cavallo vincente da cavalcare) ha risposto immediatamente per portare acqua al proprio mulino. Il batti e ribatti politico fine a sé stesso non ci interessa, non l'abbiamo mai sottolineato. A noi interessano contenuti e fatti.
Il punto adesso é capire la condizione della scuola odierna: gli insegnanti sono ancora preparati? Gli studenti acquisiscono conoscenze tali da consentir loro di vivere la propria vita "liberamente"?
Prima di tutto é importante ricordare che gli stipendi dei docenti sono bloccati da tempo immemore e quindi assolutamente inadeguati all'impegno richiesto nonché a sopravvivere nella società moderna. Per non parlare delle riduzioni drastiche di personale causate dal taglio dei fondi destinati all'Istruzione. I 30-35 alunni per classe di oggi, poi, non permettono di certo a nessun insegnante di seguire bene ognuno di essi. Era difficile già in precedenza quando si viaggiava tra i 25 e i 30. Questi "operatori culturali" avrebbero tutte le ragioni per gettare la spugna e invece... Son sempre lì, "lì nel mezzo", come diceva Ligabue, a sudare per regalare un po' di sapere e guadagnarsi la pagnotta, nonostante mortificazioni di vario genere. Sì, proprio loro che erano la spina dorsale della società, rispettati da tutti. Oggi si ritrovano a non avere più il rispetto di studenti, genitori e neppure poltici.
Eppure non crediamo che ci siano docenti di destra o di sinistra, bensì insegnanti di matematica, fisica, italiano... e soprattutto di vita. Avere professori con differente credo politico, con qualcuno di essi che lo palesa, qualcuno che lo dichiara, non é il problema. Perché a tutti sarà capitato di discutere della situazione politica in classe. E l'esperienza dice che le pressioni "cuturali" sono lontane e, al contrario, i "prof" invitavano a riflettere asetticamente su taluni aspetti, senza richiamare alcuna storia politica. Il loro desiderio é aiutare i ragazzi a crescere, anche grazie alla loro esperienza. E l'unico modo per renderli liberi é donar loro il sapere, la conoscenza.
Una funzione che può benissimo svolgere anche la scuola privata ma, ahinoi, non tutti possono permettersela. Ed é una funzione che ormai non può certamente più svolgere la TV, sempre più inguradabile teatrino trash.
E se i genitori, per sbarcare il lunario, si "sfiancano" di lavoro e sono costretti agli straordinari o a un secondo impiego, o, ancora, sono poco inclini a svolgere questo compito, chi dovrebbe guidare i giovani? Forse la scuola?
Passiamo alla crisi... Eh, sì, la crisi... Sembra fagocitare tutto senza pietà. Come uscirne? Con la cultura, ovvio! Solo investendo sulla ricerca, rendendo competitivo il made in Italy, si può tornare a crescere. E allora rafforziamo l'università, rendiamola vero serbatoio per le aziende e le innovazioni. Perché oggi é ormai una scatola vuota che regala titoli e gioie effimere. Perché i giovani laureati a volte si voltano indietro e pensano che i loro sforzi sono stati vani e le loro capacità troppo spesso mortificate. Rendiamo invece il settore dell'istruzione una catena di montaggio in cui il lavoro fatto in una fase valorizzi quella successiva, fino ad arrivare all'università, vero anello di congiunzione con il mondo del lavoro. Facciamo che le aziende attingano da lì, creando una sinergia che può far solo bene.
Ma se continuiamo a sminuire l'importanza della scuola, degli insegnanti e della loro onestà intellettuale e morale, le future generazioni non avranno stampelle con le quali attraversare il guado sociale del terzo millennio. La libertà di guardare al mondo senza filtri esterni, né pressioni, passa dalla cultura e quindi dalla scuola.

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