19 febbraio 2012
È scontro tra il Governo e i sindacati sull’ipotesi di abolire la cassa integrazione straordinaria per sostituirla con un sussidio di disoccupazione. L’obiettivo del Governo è di mettere in campo una revisione profonda del sistema degli ammortizzatori sostituendo una situazione di grande segmentazione (con differenze in caso di crisi tra lavoratori di aziende grandi e piccole, tra licenziamenti collettivi ed individuali ecc) con un sistema più omogeneo e una platea di beneficiari più ampia.
Lo strumento più a rischio eliminazione (anche se comunque non prima dell’anno prossimo avendo Fornero assicurato a sindacati e imprese il mantenimento degli attuali ammortizzatori per almeno 18 mesi) è la cassa integrazione straordinaria, spesso utilizzata per tenere legati i lavoratori alle imprese anche quando non c’è possibilità di reinserimento in azienda.
L’obiettivo del Governo è limitare la cassa ai casi di difficoltà temporanea nei quali quindi è possibile per il lavoratore rientrare in azienda. Ma le affermazioni del ministro Fornero sulla possibilità che il sussidio di disoccupazione sostituisca nel futuro (comunque non immediato) la cassa straordinaria non sono piaciute ai sindacati che già all’inizio del confronto con il Governo sulla riforma del mercato del lavoro avevano espresso su questa materia le proprie perplessità.
“La Cisl – ha detto il numero uno del sindacato Raffaele Bonanni – è contraria all’ipotesi di cancellazione della cassa integrazione straordinaria e la sostituzione con un sussidio di disoccupazione. Il ministro sa che vogliamo confermare il sistema degli ammortizzatori esistenti”.
“In una stagione difficile – ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – è prioritario mantenere gli ammortizzatori che abbiamo. Sull’ammortizzatore universale serve che il governo decida quali risorse rendere disponibili perché sia finanziato altrimenti è solo una riduzione delle tutele e non un ampliamento”. E una bocciatura netta arriva anche dal numero uno della Fiom-Cgil, Maurizio Landini. “Sostituire la cigs con l’indennità di disoccupazione – ha detto – è come aprire ai licenziamenti collettivi di fronte alle riorganizzazioni aziendali. Da sempre la cigs è stata lo strumento che ha impedito i licenziamenti di massa”.
“Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero – ha detto il leader Uil, Luigi Angeletti – aveva già affermato che la cigs sarebbe stato il principale strumento per affrontare questo periodo di crisi. Se ne parlerà nell’incontro di lunedì”.
“L’abolizione della cassa integrazione straordinaria si potrebbe accettare nella teoria – ha detto il numero uno Ugl, Giovanni Centrella – ma non nella realtà, che ci obbliga a contrastare una crisi senza precedenti e senza risorse da parte del governo”.
Proprio oggi la Cgil ha rielaborato i dati di gennaio sulla cassa integrazione affermando che il calo del mese di fatto è in segnale di una “progressiva transizione verso la disoccupazione”. A gennaio erano in cassa l’equivalente di 312.000 lavoratori con una perdita media in busta paga di 675 euro.
Lo strumento più a rischio eliminazione (anche se comunque non prima dell’anno prossimo avendo Fornero assicurato a sindacati e imprese il mantenimento degli attuali ammortizzatori per almeno 18 mesi) è la cassa integrazione straordinaria, spesso utilizzata per tenere legati i lavoratori alle imprese anche quando non c’è possibilità di reinserimento in azienda.
L’obiettivo del Governo è limitare la cassa ai casi di difficoltà temporanea nei quali quindi è possibile per il lavoratore rientrare in azienda. Ma le affermazioni del ministro Fornero sulla possibilità che il sussidio di disoccupazione sostituisca nel futuro (comunque non immediato) la cassa straordinaria non sono piaciute ai sindacati che già all’inizio del confronto con il Governo sulla riforma del mercato del lavoro avevano espresso su questa materia le proprie perplessità.
“La Cisl – ha detto il numero uno del sindacato Raffaele Bonanni – è contraria all’ipotesi di cancellazione della cassa integrazione straordinaria e la sostituzione con un sussidio di disoccupazione. Il ministro sa che vogliamo confermare il sistema degli ammortizzatori esistenti”.
“In una stagione difficile – ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – è prioritario mantenere gli ammortizzatori che abbiamo. Sull’ammortizzatore universale serve che il governo decida quali risorse rendere disponibili perché sia finanziato altrimenti è solo una riduzione delle tutele e non un ampliamento”. E una bocciatura netta arriva anche dal numero uno della Fiom-Cgil, Maurizio Landini. “Sostituire la cigs con l’indennità di disoccupazione – ha detto – è come aprire ai licenziamenti collettivi di fronte alle riorganizzazioni aziendali. Da sempre la cigs è stata lo strumento che ha impedito i licenziamenti di massa”.
“Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero – ha detto il leader Uil, Luigi Angeletti – aveva già affermato che la cigs sarebbe stato il principale strumento per affrontare questo periodo di crisi. Se ne parlerà nell’incontro di lunedì”.
“L’abolizione della cassa integrazione straordinaria si potrebbe accettare nella teoria – ha detto il numero uno Ugl, Giovanni Centrella – ma non nella realtà, che ci obbliga a contrastare una crisi senza precedenti e senza risorse da parte del governo”.
Proprio oggi la Cgil ha rielaborato i dati di gennaio sulla cassa integrazione affermando che il calo del mese di fatto è in segnale di una “progressiva transizione verso la disoccupazione”. A gennaio erano in cassa l’equivalente di 312.000 lavoratori con una perdita media in busta paga di 675 euro.
fonte: avvenire.it
Latte artificiale più caro d’Europa. L’Antitrust interviene sui prezzi
18 febbraio 2012
Latte artificiale i più caro d’Europa secondo il ministro per la cooperazione internazionale con delega alla Famiglia, Andrea Riccardi, che in un esposto inviato al presidente dell’Antitrust ha segnalato un fenomeno ricorrente, il caro-bebè: «Il comparto dei prodotti per la prima infanzia risulta caratterizzato da alcune specificità che incidono sulla formazione dei prezzi e sulla struttura della catena distributiva», denuncia il ministro. La conseguenza è che «il consumatore si trova obbligato ad acquistare il prodotto di una particolare marca su indicazione del pediatra. Tra l’altro la sostituibilità con prodotti equivalenti, alternativi è piuttosto limitata».
I principali canali di vendita secondo Riccardi sono farmacia e parafarmacia «dove i prezzi sono in media più elevati», fino ad arrivare a rincari che, per prodotti analoghi paragonati con altri paesi europei, lievitano del 40 per cento. In supermercati e ipermercati l’offerta è più conveniente. Conclusione: «Un grave danno per le famiglie costrette a sostenere un impegno economico esagerato. Negli ultimi anni sembra cresciuta la tendenza a organizzare gruppi di acquisto solidali per ottenere un risparmio». Ecco allora il pendolarismo in Paesi confinanti come Austria, Slovenia. Una situazione di «non trasparenza» soprattutto per quanto riguarda il meccanismo della determinazione dei prezzi.
Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, la scorsa settimana ha risposto annunciando l’apertura di una pratica. Perché, riconosce, «i prezzi sono mediamente superiori a quelli praticati nel resto d’Europa. In modo ingiustificato». Non è la prima volta che l’Autorità interviene nel settore dell’infanzia. Nel 2004 una quindicina di aziende di latte artificiale vennero multate perché i loro listini risultarono esageratamente cari. Altre iniziative hanno in quegli anni calmierato i prezzi, in particolare del latte artificiale che, secondo una ricognizione di Altroconsumo, si sono abbassati del 25%. Ma ancora i più alti restano. E in un periodo di grandi difficoltà per le famiglie alcune decine di euro sono un risparmio importante. Dice Riccardi: «Quando le risorse scarseggiano bisogna trovare nuove idee. L’abbattimento dei prezzi è a costo zero per lo Stato ma può portare sollievo agli italiani. Da noi la famiglia da sempre rappresenta un grande ammortizzatore sociale».
Una delle iniziative correttive potrebbe consistere in una sorta di patto, di accordo con le farmacie comunali arrivando così ad un abbassamento dei listini. La Federazione degli ordini dei farmacisti respinge l’accusa di speculare sul latte formulato: «Noi dal 2004 vendiamo il Neolatte, polvere equivalente, 10 euro e 90 al chilo. Più competitivi di così. E anche i pannolini li teniamo per spirito di servizio visto che non possiamo competere con la grande distribuzione». Anche le aziende replicano: «Da noi come in Francia sono in commercio anche latti liquidi, più sicuri sul pianto della sterilità, ma più cari. E la presenza di questi prodotti incide sul prezzo medio. Presi singolarmente i latti italiani sono competitivi col resto d’Europa». Secondo i dati riportati dall’istituto Ims che rileva a livello internazionale le vendite dei medicinali, i prodotti artificiali di tipo 1 e 2 danno un fatturato annuo di 155 milioni in Italia, prezzo medio 20 euro a chilogrammo, spesa media per bambino 276 euro.
I principali canali di vendita secondo Riccardi sono farmacia e parafarmacia «dove i prezzi sono in media più elevati», fino ad arrivare a rincari che, per prodotti analoghi paragonati con altri paesi europei, lievitano del 40 per cento. In supermercati e ipermercati l’offerta è più conveniente. Conclusione: «Un grave danno per le famiglie costrette a sostenere un impegno economico esagerato. Negli ultimi anni sembra cresciuta la tendenza a organizzare gruppi di acquisto solidali per ottenere un risparmio». Ecco allora il pendolarismo in Paesi confinanti come Austria, Slovenia. Una situazione di «non trasparenza» soprattutto per quanto riguarda il meccanismo della determinazione dei prezzi.
Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, la scorsa settimana ha risposto annunciando l’apertura di una pratica. Perché, riconosce, «i prezzi sono mediamente superiori a quelli praticati nel resto d’Europa. In modo ingiustificato». Non è la prima volta che l’Autorità interviene nel settore dell’infanzia. Nel 2004 una quindicina di aziende di latte artificiale vennero multate perché i loro listini risultarono esageratamente cari. Altre iniziative hanno in quegli anni calmierato i prezzi, in particolare del latte artificiale che, secondo una ricognizione di Altroconsumo, si sono abbassati del 25%. Ma ancora i più alti restano. E in un periodo di grandi difficoltà per le famiglie alcune decine di euro sono un risparmio importante. Dice Riccardi: «Quando le risorse scarseggiano bisogna trovare nuove idee. L’abbattimento dei prezzi è a costo zero per lo Stato ma può portare sollievo agli italiani. Da noi la famiglia da sempre rappresenta un grande ammortizzatore sociale».
Una delle iniziative correttive potrebbe consistere in una sorta di patto, di accordo con le farmacie comunali arrivando così ad un abbassamento dei listini. La Federazione degli ordini dei farmacisti respinge l’accusa di speculare sul latte formulato: «Noi dal 2004 vendiamo il Neolatte, polvere equivalente, 10 euro e 90 al chilo. Più competitivi di così. E anche i pannolini li teniamo per spirito di servizio visto che non possiamo competere con la grande distribuzione». Anche le aziende replicano: «Da noi come in Francia sono in commercio anche latti liquidi, più sicuri sul pianto della sterilità, ma più cari. E la presenza di questi prodotti incide sul prezzo medio. Presi singolarmente i latti italiani sono competitivi col resto d’Europa». Secondo i dati riportati dall’istituto Ims che rileva a livello internazionale le vendite dei medicinali, i prodotti artificiali di tipo 1 e 2 danno un fatturato annuo di 155 milioni in Italia, prezzo medio 20 euro a chilogrammo, spesa media per bambino 276 euro.
fonte: corriere.it
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