L'undicesimo appuntamento con Tabularasa, dedicato all'incontro con l'astrofisica cosentina Sandra Savaglio e con il mecenate antimafia Antonio Presti, ha fornito parecchi spunti di riflessione.
Partiamo dal racconto della Savaglio. La ormai famosissima ricercatrice, finita sulla copertina del Times nel 2004, è stata capace di vincere per due volte lo stesso concorso all'Osservatorio di Roma prima di dover rinunciare al proprio posto di lavoro a causa di una fantasiosa denuncia per truffa da parte di un'altra candidata. Sandra, invece di deprimersi e piangersi addosso, ha fatto le valigie e, giunta negli USA, ha trovato la propria consacrazione, dimostrando a sé stessa e al mondo di non voler scendere a compromessi, uscendo da quel sistema malato.
Antonio Presti, figlio di un imprenditore edile messinese che per andare avanti è sceso a patti con la mafia, dopo la morte del padre, prendendo in mano le redini dell'azienda, ha deciso in poco tempo di uscire dal "sistema" e di combatterlo con l'arte. Quell'arte che, secondo il mecenate messinese, è la via per sconfiggere la mentalità mafiosa, diffondendo il culto del bello.
Due storie diverse ma molto simili tra loro quelle di due persone che, entrando all'interno di un sistema che si rivela malato, ne colgono l'essenza e decidono di uscirne, comunicando alla società non le brutture dei sistemi stessi ma le vie da seguire per migliorare il mondo, l'atteggiamento positivo che può modificare l'approccio culturale all'attuale modello sociale.
Accanto ai due ospiti "esterni", anche un reggino si è seduto su una delle poltrone di Tabularasa, ovvero il prof. Ferrara.
Lui che, certamente grazie alla propria preparazione, ha ottenuto in pochissimi anni risultati invidiabili, durante il dibattito, riferendosi al settore della ricerca universitaria e al mondo universitario in generale, ha parlato di baronati, caste e assenza di meritocrazia.
Un controsenso, a nostro modesto parere. Chi fa parte di un sistema che, per sua stessa ammissione, funziona grazie a meccanismi di diffusa ingiustizia, dovrebbe denunciarli non parlarne accademicamente. "Casta" e "baronato" sono termini così abusati che anche un ragazzino delle scuole medie ne conosce il significato. Ci saremmo aspettati qualcosa di diverso in quel contesto dal professor Ferrara. Chi fa parte di un sistema non può criticarlo in modo asettico. Perché a causa di quel sistema, tantissimi ragazzi non avranno mai l'occasione di affermarsi nel proprio settore. Si chiama meritocrazia, un qualcosa che in Italia praticamente non esiste anche grazie a chi tace e acconsente per poi affrontare filosoficamente il problema. Esca dal sistema, l'esimio professore, e lo combatta come la Savaglio e Presti donando al mondo un esempio positivo. Solo dopo potrà, nelle sedi più opportune, parlare di caste e baronati.
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi commentare questa notizia.