“Centinaia di piccole aziende calabresi hanno avviato le procedure
di fallimento o sono in procinto di farlo perché nell’impossibilità di
riscuotere crediti dalle pubbliche amministrazioni. E’ un fenomeno preoccupante
e in costante escalation, come confermano le telefonate e gli sfoghi personali
che in questo periodo sto ricevendo purtroppo quotidianamente”.
Da’ voce a un disagio che definisce “silenzioso quanto drammatico”
il consigliere regionale Salvatore Magarò e lancia un vigoroso appello: “E’
inaccettabile, sul piano razionale ed anche morale – afferma – , che
imprenditori perbene debbano fallire non per errori o investimenti sbagliati ma
soltanto perché non riescono a riscuotere somme, in alcuni casi anche ingenti,
che le pubbliche amministrazioni non erogano con ritardi anche di diversi anni.
Ecco perché faccio appello all’intera pubblica amministrazione della Calabria,
a cominciare dalla Regione, e alle Province e ai Comuni, affinché si compia
ogni sforzo possibile e con un impegno straordinario si venga incontro al grido
di dolore delle aziende onorando, anche parzialmente se è il caso, i debiti
accumulati”.
“Dobbiamo trovare il modo di salvare un’imprenditorialità che,
senza colpe soggettive rischia concretamente di finire sul lastrico e di
scomparire – aggiunge l’esponente politico -. Le imprese e soprattutto le piccole aziende
costituiscono la risorsa più preziosa dell’economia calabrese. Sono il tessuto
connettivo ‘sano’ nel quale i calabresi onesti ripongono le speranze di una
ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, a fronte di un’imprenditoria
inquinata dalla ‘ndrangheta che certo non soffre di problemi di liquidità”.
“So bene, per conoscenza diretta e in base alla mia esperienza di
amministratore – conclude Magarò –, quanto gli enti locali siano sottoposti in
questa fase a ristrettezze senza precedenti, a causa della congiuntura
economica. Ma spero che comunque si possa fare ogni sforzo possibile per venire
incontro eccezionalmente alle esigenze di operatori economici costretti a
gettare la spugna non per colpa di debiti ma, paradossalmente, di crediti”.
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