Visita il nuovo sito Italia Inchieste

E' ONLINE IL NOSTRO NUOVO SITO ITALIA INCHIESTE (http://italiainchieste.it/) CON PIU' NOTIZIE, PIU' SPAZIO PER I LETTORI, PIU' INTERATTIVITA', VIDEO E NOVITA'... VI ASPETTIAMO!!!

sabato 24 dicembre 2011

Last News Calabria

'NDRANGHETA:PENTITA,FIGLIO BOSS PESCE TENTO'SEQUESTRO MOGLIE REATO CONTESTATO DA PM DURANTE UDIENZA PROCESSO A PALMI (ANSA) - PALMI (REGGIO CALABRIA), 23 DIC - Francesco Pesce, figlio del boss Salvatore, nel 2006 tento' di sequestrare la moglie, Ilaria La Torre, che lo aveva lasciato recandosi, insieme ad altre tre persone, armati di un kalashnikov, di una pistola e di un fucile, a casa dei genitori della ragazza. Ilaria La Torre si salvo' pero' dal sequestro perche' si era rifugiata altrove. E' quanto emerge dai verbali della nuove dichiarazioni della pentita Giuseppina Pesce, sorella di Francesco, depositati dal pm Alessandra Cerreti nel processo alla cosca Pesce in corso a Palmi. Sulla base delle nuove affermazioni della pentita sono state formulate agli imputati nuove imputazioni. Giuseppina Pesce, infatti, ha parlato anche di una rapina compiuta dalla cosca capeggiata dal padre Salvatore in una gioielleria di Rosarno nel febbraio del 2005. Il pm Cerreti ha contestato nuove accuse anche ad un altro imputato del processo, Domenico Varra', impiegato del Comune di Rosarno. Secondo il pm, tra l'altro, Varra' avrebbe fornito ai Pesce moduli prestampati del Comune di Rosarno che sarebbero stati falsificati per certificare rapporti di parentela inesistenti per consentire l'autorizzazione ai colloqui in carcere.


'NDRANGHETA: MANAGER ASSOLTI, "SU DI NOI MARCHIO INGIUSTO" (AGI) - Reggio Calabria, 23 dic. - Piero Morabito, Santo Emilio Caridi, Domenico Latella, Roberto Mittiga e Domenico Pangallo, coinvolti nell'inchiesta "Onorata sanita'" in qualita' di manager di aziende sanitarie ed ospedaliere, assolti ieri in appello con formula piena dall'accusa di aver favorito interessi mafiosi, commentano la loro vicenda giudiziaria riguardante l'accreditamento e la contrattualizzazione della clinica Villa Anya, quale Residenza Sanitaria Assistenziale. "Aveva gia' destato sorpresa, - scrivono - la sentenza di primo grado, allorche', pur nel turbine di risultati di indagini allarmanti e suggestive, gli imputati e le difese, non si erano risparmiati, nell'esibizione di documenti, deposizioni, argomenti e testimonianze, dimostrando la completa estraneita' dei manager imputati, che avrebbero dovuto consentire al GUP Ramondino, un esame ed un giudizio piu' sereni e confacenti alla realta' ed alla verita', per come, puntualmente, e' stato rilevato dal Procuratore Generale ed in seguito dalla sentenza dell'Organo Collegiale di secondo grado. In primis, l'errore che gli amministratori denunciano a piena voce e' l'inopportunita', sottolineata anche dal Procuratore Generale e recepita dalla Sentenza, di avere creato una erronea e pericolosa commistione tra fatti ed ipotesi di ordine mafioso, con fatti ed ipotesi di ordine amministrativo. In particolare - continuano - offende e ferisce il nome dato all'operazione "Onorata Sanita'" che', cosi' restando, con la sua ironia, dimostratasi inopportuna ed erronea, lascerebbe un ingiusto marchio su tutta la Sanita' reggina che, invece, pur con la risaputa insufficienza di risorse e con qualche immancabile inconveniente, ha operato con enorme spirito di sacrificio nell'ambito di un ambiente che, purtroppo, resta ancora difficile malgrado lo spiegamento di forze ed il proclamato impegno delle istituzioni. La sentenza, -proseguono - conseguenza degli atti e dei documenti prodotti nel corso di questi quattro "lunghi" anni, dimostra chiaramente che la Sanita' reggina degli anni 2004 e 2005, puo' essere, eventualmente, onorata dai suoi collaudati Amministratori e Dirigenti senza il bisogno di ricorrere a fonti anomale. Del resto anche il lungo Commissariamento e le severe verifiche cui e' stata sottoposta l'ASL, non sembra abbiano dato risultati che possano smentirci".La sentenza d'appello, inoltre, - scrivono - dovrebbe servire da monito per qualcuno che ha espresso pubblicamente la propria errata opinione, offrendola come verita' assoluta e conclamata ai cittadini, senza conoscere fatti, persone e documenti, e senza attendere esiti definitivi; qualcuno che ha come attivita' principale quella di "opinionista", che pur di comparire non si lascia scappare alcuna occasione per cavalcare l'onda di fatti a forte impatto mediatico, non essendo in grado di esercitare con serieta' il proprio ruolo". "Questa esperienza e la sentenza di assoluzione della Corte di Appello - affermano i manager - ci fornisce, nonostante la nostra eta', un'importante lezione di vita e riguarda la garanzia che riesce ad offrire il nostro sistema giuridico col doppio grado di giudizio e il dovere di capire che anche un Magistrato puo' sbagliare senza, con cio', ipotizzare punizioni, ma ritenendo scontata la buona fede. In questa ottica - concludono - resta secondario ogni interesse all'immagine individuale che, certamente, non puo' essere costruita attraverso un solo episodio, sia di assoluzione che di condanna, ma resta costruita dal curriculum personale e dalla stima che ogni individuo si e' saputo guadagnare attraverso i suoi rapporti di lavoro ed interpersonali nel corso di un'intera vita".

Nessun commento:

Posta un commento

Puoi commentare questa notizia.