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giovedì 22 dicembre 2011

ADICO: Le News

Via al controllo dei conti correnti ecco il maxi-computer del Fisco
21 dicembre 2011
L’Italia mette in campo l’arma letale nella lotta all’evasione. Il primo gennaio 2012 è il D-Day della guerra contro i furbetti del fisco. Il giorno – così si augura il governo Monti – della svolta. Il segreto bancario non esisterà più. Archiviati i botti di San Silvestro (o quando saranno raggiunti gli accordi con le banche e gli intermediari finanziari) i nostri conti correnti, i titoli che abbiamo in banca e tutte le nostre operazioni sopra i mille euro saranno un libro aperto per l’Erario.
E a rastrellare questi dati per mettere nel mirino chi muove milioni senza dichiarare un centesimo sarà Serpico. Non Frank, l’inflessibile super-poliziotto newyorchese reso immortale da Al Pacino, ma il maxi-cervellone da un milione di miliardi di byte di memoria che ronza 24 ore su 24 nei sotterranei romani della Sogei.
È lui – il Grande fratello dell’Agenzia delle entrate – il jolly del Belpaese per far fare il salto di qualità alla lotta ai furbetti del fisco. Duemila server stipati in meno di duemila metri quadri che conoscono al centesimo tutti i nostri segreti finanziari. Un super-eroe con il cervello di silicio cui è affidata un missione fondamentale per salvare le casse tricolori: quella d’acchiappa-evasori. Obiettivo: utilizzare le 22.200 informazioni al secondo che transitano dai suoi processori per stanare gli italiani che ogni anno sottraggono all’erario qualcosa come 120 miliardi (3mila euro a contribuente), una cifra che da sola basterebbe a pagare gli interessi su tutto il nostro debito pubblico.
Il curriculum vitae di Serpico – acronimo di Servizi per i contribuenti – è già più che onorevole: da cinque anni a questa parte ha dato un contributo sostanziale per raddoppiare da 5 a 11 miliardi le cifre recuperate dall’Erario e smascherare 350mila evasori totali. Ecco come funzionerà l’acchiappa-evasori della Laurentina quando da Capodanno avrà a disposizione il suo nuovo arsenale di dati.
Un tesoro in byte. Visto così, alla prima schermata, Serpico pare una creatura innocua. Qualche campo da riempire, sfondo turchese e due caselle chiave: codice fiscale o partita Iva. Basta digitare uno dei due valori però, e il Grande Fratello del fisco mostra subito i muscoli.
La seconda videata è solo l’antipasto. Nome e cognome del contribuente, più le sue ultime cinque dichiarazioni dei redditi. Un “invio” e si va oltre. Scavando in pochi millesimi di secondo tra tutte le banche dati collegate online con l’Einstein della Sogei (catasto, demanio, motorizzazione, Inps, Inail, dogane, registri) il pc alza il tiro: sul megaschermo appaiono le auto intestate, le case, i terreni, eventuali aerei e barche.
Un altro invio, la schermata vira in blu, e il servizio è completo. Serpico ha scovato tutte le nostre utenze (luce, gas, acqua) le spese voluttuarie più alte e significative, le polizze assicurative, le operazioni per cui ci è stato chiesto il codice fiscale, persino le iscrizioni in palestra o allo Yacht club Costa Smeralda.
La quinta schermata, il bazooka come lo chiamano in Sogei, è figlia del Salva Italia ed è in fase di preparazione. Fotografati i redditi dalla dichiarazione, censiti i principali beni immobiliari, l’occhio del cervellone fotograferà i soldi che teniamo in banca, i movimenti dei nostri conti correnti e le operazioni sopra i mille euro. Le banche e gli intermediari finanziari manderanno una nota periodica e lui elaborerà per segnalare le eventuali anomalie. Una rivoluzione visto che il controllo dei conti correnti era consentito fino ad oggi solo se sul singolo contribuente era già in corso un controllo.
Il faro sui sospetti. Nessun essere umano, naturalmente, è in grado di gestire la valanga di dati che piove ogni giorno nel sotterraneo a due passi dalla Laurentina. Serpico macina quasi 31 milioni di dichiarazioni dei redditi, poco meno di 5 di comunicazioni Iva e quasi un centinaio di migliaia di pagamenti telematici all’anno.
L’Agenzia delle Entrate imposta gli algoritmi applicativi per concentrare la ricerca sulle categorie più a rischio. L’anno scorso è toccato alle finte Onlus e al redditometro, la spia che segnala la disponibilità di beni sproporzionati al reddito percepito.
Il lavoro sporco lo fanno i duemila server (che hanno un po’ di gemelli in Abruzzo per salvare il data-base in caso di problemi): incrociano i dati, verificano le anomalie. E quando individuano il sospetto mandano in automatico un “alert” informatico alla direzione dell’agenzia delle entrate e alla sede provinciale del caso individuato. Con un “bip” del computer il super-ispettore ha già scovato 518 proprietari di aerei e 42mila titolari di barche più lunghe di 10 metri che dichiarano meno di 20mila euro. Tutti finiti ora sotto accertamento.
Il Salva-Italia, ovviamente, moltiplica la sua efficacia. Non tanto sul fronte del numero dei contribuenti passati ai raggi X, quanto rendendo più semplice isolare i casi a rischio evasione grazie alla fotografia in tempo reale dei loro conti correnti, delle loro spese e del loro patrimonio mobiliare.
La palla agli ispettori. La vera novità della manovra, dicono in camera caritatis tutti i super-esperti di fisco, è proprio qui. Nessuno andrà a ficcare il naso nelle tasche dei contribuenti fedeli, ma gli algoritmi di analisi di rischio di Serpico selezioneranno un elenco di presunti colpevoli (si spera) a basso tasso d’errore. Le vecchie lettere del redditometro di qualche anno fa, per dire, avevano incastrato solo 12mila evasori su 75mila cartelle erariali inviate.
Le cose già ora sono migliorate (su 30mila accertamenti con il redditometro nel 2010 ben 12mila si sono conclusi con un patteggiamento dell’interessato). Gli “alert” informatici usciti dai sotterranei della Sogei, dopo l’era delle cartelle pazze, dovrebbero partorire quella delle cartelle intelligenti. E il lavoro dei 15mila ispettori delle Entrate e della Finanza – che nel 2010 ha scovato un evasore all’ora contro uno ogni 71 minuti del 2009 – dovrebbe essere molto più semplice. mirato ed efficace.
Lo stesso discorso vale per Gerico, il software con cui autonomi e partite Iva calcolano la congruità dei loro redditi con gli studi di settore (la media per la loro categoria d’attività). Il timore che l’occhio lungo del fisco possa scoprire dai sotterranei della capitale i capitali evasi potrebbe convincere molti ad aumentare il tasso di fedeltà al fisco. Anche perché il Salva-Italia ha introdotto norme che premiano le dichiarazioni più realiste inasprendo le pene (indagini finanziarie più sanzioni penali) per chi dichiara il falso. E con sul collo il fiato di Serpico – così spera Monti e tutto il paese – non saranno in molti quelli che oseranno sfidare la sorte.

fonte: repubblica.it



Informazioni errate dalla Motorizzazione, spende 120 euro per nulla mestrina residente in Francia denuncia l’episodio ad Adico
21 dicembre 2011
Francesca Zanardo doveva solo restituire le targhe dell’auto venduta oltre confine: le hanno chiesto di far tradurre dei documenti, ma 4 mesi dopo ha scoperto che non servivano.
Un’automobile italiana venduta in Francia, l’ex proprietaria – originaria di Mestre – che coglie l’occasione delle ferie estive per tornare a casa e restituire le targhe della vettura alla Motorizzazione civile. Insomma, sulla carta un affare di pochi minuti: invece per Francesca Zanardo la faccenda iniziata lo scorso agosto si è risolta solo pochi giorni fa, quindi a oltre 4 mesi di distanza e dopo essere stata “rimbalzata” per diverse volte tra Pra e Motorizzazione. E la storia si è conclusa nel peggiore dei modi: con la scoperta, cioè, di aver speso inutilmente ben 120 euro per far tradurre dal francese all’italiano dei documenti che nemmeno servivano. E questo a causa di un’informazione sbagliata ricevuta allo sportello della Motorizzazione.
«Lo scorso agosto mi reco al Pubblico registro automobilistico di Mestre in via Ca’ Marcello per restituire le targhe di una autovettura di mia proprietà e venduta in territorio francese ad una persona francese – racconta la signora Zanardo – ma lì mi viene detto che l’ufficio del Pra è chiuso e che dovevo recarmi all’Ufficio della Motorizzazione civile». Francesca quindi inforca la bici e va sul Terraglio, sicura del fatto suo visto che, prima di rientrare in Italia, si era informata sia sul sito dell’Aci che chiamando l’Urp per arrivare con tutti i documenti necessari: lo sportello per la radiazione però apre alle 10.30 e chiude alle 12.30, troppo poco tempo per poter risolvere il secondo problema della giornata: «Scopro in quel momento che per consegnare le targhe per la radiazione avrei dovuto fare un versamento su conto corrente postale di 59,30 euro complessivi perché non avevo la carta di circolazione in originale – ricorda ancora la signora – a quel punto sono uscita subito e andata alle Poste. Ma la più vicina è alla Favorita, e una volta uscita dall’ufficio postale era già mezzogiorno passato così, essendo in bicicletta e facendo ormai un caldo infernale, ho rimandato all’indomani». Ma nemmeno il giorno dopo è quello buono: l’impiegato allo sportello infatti si dice impossibilitato ad accettare le targhe perché parte dei documenti che la donna portava con sé – essendo rilasciati dall’amministrazione pubblica francese – non erano in italiano. Serve insomma una traduzione ufficiale.
Le ferie di Francesca, però, sono finite e non le resta che lasciare la documentazione valida al padre di 84 anni e tornare in Francia per far tradurre quella francese. Che non è cosa da poco: trattandosi di documenti ufficiali si deve recare al Consolato di Parigi, che le fornisce un elenco di traduttori autorizzati. Ma non tutti sono disponibili a fare il lavoro immediatamente e per avere in mano la traduzione la signora Zanardo impiega quasi due mesi. E la paga 120 euro per due cartelle. A metà novembre, finalmente, può spedire al padre tutti i documenti.
L’epilogo è del 5 dicembre scorso: il signor Zanardo insieme alla nipote si reca, documenti alla mano, allo sportello della Motorizzazione civile. Ma viene detto loro di recarsi al Pra di via Ca’ Marcello, quello stesso ufficio che era stato la prima tappa della via crucis della signora Francesca. I due quindi si rimettono in auto e vanno al Pra. Lì la beffa: allo sportello scoprono che dei documenti chiesti dalla Motorizzazione, alla fine sarebbero bastati i versamenti, le targhe, la delega della signora al padre e copia dei miei documenti d’identità della signora e dell’auto venduta. I documenti tradotti? Non servivano. Francesca Zanardo quindi ha sborsato 120 euro che probabilmente nessuno le rimborserà – oltre agli immaginabili disagi per le lungaggini del tutto – a causa di un’informazione sbagliata. Da qui la segnalazione ad Adico Associazione Difesa Consumatori, per uno sfogo e per conoscere le possibili strade da intraprendere.
«Pur essendosi informata personalmente via Internet e con diverse telefonate per essere sicura di arrivare in Italia con tutti i documenti necessari, la signora di fronte alla richiesta di una persona che si presume sia addetta ai lavori non ha potuto far altro che “eseguire”, accantonando le informazioni reperite con dispendio di tempo ed energie – commenta il presidente di Adico Carlo Garofolini – non escludiamo la possibilità di diffidare la direzione della Motorizzazione per cercare giustizia per la signora Zanardo chiedendo almeno il rimborso della spesa. Purtroppo in queste circostanze il cittadino consumatore si sente abbandonato a sé stesso e quindi vessato dalle stesse istituzioni che dovrebbero dargli servizi, e invece troppo spesso danno solo disservizi».

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