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lunedì 5 settembre 2011

ADICO: le news

Se l’automobilista si è trasferito è nulla la notifica della multa all’indirizzo del Pra

5 settembre 2011
Non è valida la notifica della multa presso l’indirizzo risultante dal Pubblico registro automobilistico se il destinatario si è trasferito. Con questa motivazione la Corte di cassazione, con la sentenza n. 18049 del 2 settembre 2011 ha annullato ben 7 verbali comminati dal comune di Napoli ad una automobilista.
Bocciata dunque la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale di Napoli nel 2004 aveva ritenuto valide le notifiche in quanto la Polizia Municipale aveva comunque provveduto a notificare le multe al portiere dello stabile risultante dalla carta di circolazione dell’auto e, non trovando il destinatario, aveva apposto sui verbali la dicitura “sloggiato”.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, il codice della strada quando (al terzo comma dell’articolo 201) prevede che “le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza, al domicilio o sede del soggetto risultante dalla carta di circolazione…”, non vuole in alcun modo legittimare una notifica “solo virtuale”. Piuttosto, la norma va interpretata nel senso che “la validità della notificazione non è fondata sul semplice tentativo della stessa presso uno dei luoghi risultanti dai documenti ivi menzionati” ma al contrario deve basarsi “sul necessario espletamento delle formalità previste per le ipotesi di irreperibilità del destinatario”.
Ragion per cui nell’ipotesi di trasferimento del trasgressore “in un luogo non annotato sulla carta di circolazione”, la notificazione, sia essa ordinaria o postale, per essere valida richiede necessariamente che venga seguito l’iter complessivo previsto dalla legge. E cioè, il deposito della copia presso la casa comunale e l’affissione del relativo avviso, in busta chiusa, alla porta di casa, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, oltre a dargliene notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
Tutte formalità che non risultano essere state rispettate da parte dei vigili napoletani nella notifica dei 7 verbali.



Contratti, passa deroga all’art. 18. Camusso: “Governo cancella Costituzione”

4 settembre 2011
Approvato in Commissione bilancio l’emendamento della maggioranza sui contratti. Salvi i diritti delle mamme, prevista possibilità di accordi tra piccoli sindacati e aziende. Critiche da sindacati e Pd.
Le intese sottoscritte a livello aziendale o territoriale possono derogare a leggi sul lavoro, comprese quelle sul licenziamento, e alle relative norme contenute nei contratti nazionali. Via libera della commissione Bilancio del Senato ad un emendamento alla manovra presentato dalla maggioranza. Resta salvo il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionli sul lavoro. “Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese” aziendali e territoriali “operano anche in deroga alle disposizioni di legge” e alle “relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”, si legge nel testo approvato. “Il governo autoritario distrugge l’autonomia delle parti”, ha commentato il leader della Cgil, Susanna Camusso. Per il Pd l’emendamento è rischioso perché “con il sì dei sindacati si potrà anche licenziare”.
Nel testo tra l’altro si esplicita che le intese valide saranno non solo quelle “sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (come già prevedeva il testo della manovra), ma si aggiunge che anche le associazioni “territoriali” avranno la possibilità di realizzare specifiche intese “con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati” su temi come la “le mansioni del lavoratore, i contratti a termine, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione, le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio” e per le problematiche legate alle lavoratrici madri.
Salvi i diritti delle mamme. Tra le materie che non potranno essere inserite nelle intese aziendali e territoriali, come il licenziamento discriminatorio, ci sono alcuni diritti delle lavoratrici madri. Queste intese non potranno infatti occuparsi di temi come “il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento”.
Accordi piccoli sindacati-aziende. L’emendamento prevede anche che piccoli sindacati percentualmente più rappresentativi a livello territoriale possono sottoscrivere accordi con le aziende. Nel testo dell’emendamento infatti si legge che il provvedimento, che modifica l’articolo 8 della manovra sul ‘sostegno alla contrattazione collettiva’, stabilisce che “i contratti collettivi di lavoro, sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, ovvero delle loro rappresentanze sindacali operanti in aziende possono realizzare specifiche intese con efficacia di tutti i lavoratori, a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alla presenze sindacali”.
Le reazioni. “Le modifiche della maggioranza di governo all’articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”. Così il leader della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato l’approvazione dell’emendamento.
“Si fa un passo in avanti e due passi indietro” ha detto il senatore del Pd, Giovanni Legnini, a margine dei lavori in Commissione. “Un passo in avanti – spiega Legnini – perché si recepisce l’accordo interconfederale del 28 giugno. Ma due passi indietro perché si è introdotto in modo esplicito la possibilità di derogare a disposizioni di legge attraverso accordi territoriali e aziendali. Dicevano che non si toccava l’articolo 18 e invece è ora possibile e viene scritto espressamente. Tutto questo è inaccettabile”, conclude il senatore del Pd. Con il sì dei sindacati si potrà anche licenziare, sostiene il senatore del Pd, Achille Passoni, che ritiene che nell’articolo 8 della manovra, con le modifiche introdotte dalla maggioranza, si apre la strada alla “possibile cancellazione in un contratto aziendale dell’articolo 18 della statuto dei lavoratori, una pura follia giuridica e politica, per arrivare alla messa in discussione di altri diritti fissati per legge”.
La repubblica.it



Finanziaria, tornano le feste laiche e le tredicesime per gli statali

4 settembre 2011
In attesa di martedì, quando la manovra inizierà il suo iter in Aula, continuano le modifiche alla Finanziaria del governo giudicata dall’Ue “inaffidabile” per la troppa fiducia posta nel giro di vite contro l’evasione. Fatto sta che a smontare la legge di bilancio è lo stesso governo (con l’aiuto dell’opposizione) e quelli che fino a ieri erano dei capisaldi della politica economica dell’esecutivo, oggi sono solo un pallido ricordo.
La raffica di cambiamenti al Senato riguarda le feste laiche, 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno che non saranno più accorpate alle domeniche. Sono salve anche le tredicesime dei lavoratori statali che non saranno più toccate. Schivano la mannaia dei tagli anche gli enti di ricerca con meno di 70 dipendenti e le accademie della Crusca e dei Lincei.
Esclusi poi dalla clausola di salvaguardia i Fas regionali (Fondi per le aree sottosviluppate) e cioè nel caso che i tagli ai ministeri non arrivino gli attesi 6 miliardi. Cantano vittoria anche le province autonome di Trento e Bolzano: i tagli ai comuni saranno fatti nel rispetto degli statuti delle due province autonome.
Nella giornata di ieri sono stati esaminati circa un terzo del 1300 emendamenti alla Finanziaria. Ne sono passati 11 di cui 5 in maniera bipartisan.
La maggioranza di fronte ai vari provvedimenti passati assicura che si tratta di “poca roba”: le misure prese non graveranno sul saldo finale della manovra. Non la pensano così i mercati, preoccupati più che dal ripristino delle feste della Repubblica, dalla troppa fiducia posta nelle misure anti-evasione.



Storie di ordinaria rivoluzione: nessuna notizia dall’Islanda?

3 settembre 2011
Perchè, se da un lato siamo stati informati su tutto quello che sta succedendo in Egitto, dall’altro i mass-media non hanno sprecato una sola parola su ciò che sta accadendo in Islanda?
Il popolo islandese è riuscito a far dimettere un governo al completo; sono state nazionalizzate le principali banche commerciali; i cittadini hanno deciso all’unanimità di dichiarare l’insolvenza del debito che le stesse banche avevano sottoscritto con la Gran Bretagna e con l’Olanda, forti dell’inadeguatezza della loro politica finanziaria; infine, è stata creata un’assemblea popolare per riscrivere l’intera Costituzione. Il tutto in maniera pacifica. Una vera e propria Rivoluzione contro il potere che aveva condotto l’Islanda verso il recente collasso economico.
Sicuramente vi starete chiedendo perchè questi eventi non siano stati resi pubblici durante gli ultimi due anni. La risposta ci conduce verso un’altra domanda, ….. ancora più mortificante: cosa accadrebbe se il resto dei cittadini europei prendessero esempio dai “concittadini” islandesi?
Ecco brevemente la cronologia dei fatti:
2008 – A Settembre viene nazionalizzata la più importante banca dell’Islanda, la Glitnir Bank. La moneta crolla e la Borsa sospende tutte le attività: il paese viene dichiarato in bancarotta.
2009 – A Gennaio le proteste dei cittadini di fronte al Parlamento provocano le dimissioni del Primo Ministro Geir Haarde e di tutto il Governo – la Alleanza Social-Democratica (Samfylkingin) – costringendo il Paese alle elezioni anticipate. La situazione economica resta precaria. Il Parlamento propone una legge che prevede il risanamento del debito nei confronti di Gran Bretagna e Olanda, attraverso il pagamento di 3,5 MILIARDI di Euro che avrebbe gravato su ogni famiglia islandese, mensilmente, per la durata di 15 anni e con un tasso di interesse del 5,5%.
2010 – I cittadini ritornano a occupare le piazze e chiedono a gran voce di sottoporre a Referendum il provvedimento sopracitato.
2011 – A Febbraio il Presidente Olafur Grimsson pone il veto alla ratifica della legge e annuncia il Referendum consultivo popolare. Le votazioni si tengono a Marzo ed i NO al pagamento del debito stravincono con il 93% dei voti. Nel frattempo, il Governo ha disposto le inchieste per determinare giuridicamente le responsabilità civili e penali della crisi. Vengono emessi i primi mandati di arresto per diversi banchieri e membri dell’esecutivo. L’Interpol si incarica di ricercare e catturare i condannati: tutti i banchieri implicati abbandonano l’Islanda. In questo contesto di crisi, viene eletta un’Assemblea per redigere una Nuova Costituzione che possa incorporare le lezioni apprese durante la crisi e che sostituisca l’attuale Costituzione (basata sul modello di quella Danese). Per lo scopo, ci si rivolge direttamente al Popolo Sovrano: vengono eletti legalmente 25 cittadini, liberi da affiliazione politica, tra i 522 che si sono presentati alle votazioni. Gli unici due vincoli per la candidatura, a parte quello di essere liberi dalla tessera di qualsiasi partito, erano quelli di essere maggiorenni e di disporre delle firme di almeno 30 sostenitori. La nuova Assemblea Costituzionale inizia il suo lavoro in Febbraio e presenta un progetto chiamato Magna Carta nel quale confluiscono la maggiorparte delle “linee guida” prodotte in modo consensuale nel corso delle diverse assemblee popolari che hanno avuto luogo in tutto il Paese. La Magna Carta dovrà essere sottoposta all’approvazione del Parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni legislative che si terranno.
Questa è stata, in sintesi, la breve storia della Ri-evoluzione democratica islandese.




Manca il documento per il minore, vacanza rovinata a 5 mestrini. Sotto accusa l’agenzia: «Non ci avevano informati»

3 settembre 2011
Mamma, papà e figlia partiti 2 giorni dopo, sborsando 500 euro in più per il nuovo volo. Disagi anche per l’amica disabile. Garofolini: «Farsi mettere sempre tutto nero su bianco»
Ormai il fai da te, anche quando si parla di vacanze, è all’ordine del giorno. Quindi a maggior ragione chi ancora decide di affidarsi a un’agenzia di viaggi, magari suggerita da amici comuni, lo fa perché si affida a esperti per sgravarsi dalla responsabilità di dover scegliere, confrontare e informarsi sugli adempimenti burocratici. Naturalmente, a suon di euro. Ecco perché è stata una doppia beffa la disavventura capitata a G.B., giovane mamma mestrina, che il 15 agosto sarebbe dovuta partire con marito, figlioletta e due amiche – una delle quali disabile al 100% – dall’aeroporto di Verona alla volta di Djerba, Tunisia. Condizionale d’obbligo, visto che a Ferragosto a montare sull’aereo sono state solo le due amiche, perché al momento dell’imbarco è risultato che il documento della figlia minorenne della signora G.B. non era valido per l’ingresso nel Paese nordafricano. Così i tre sono tornati a Mestre, il giorno dopo si sono procurati il documento valido e sono saliti sul primo aereo utile il 17 agosto, pagando altri 490 euro oltre ai 1.750 del pacchetto acquistato. Morale della favola: 2 giorni in meno di vacanza, 500 euro in più spesi ed enormi disagi al ritorno soprattutto per l’amica disabile della famiglia. In tutto questo, l’agenzia se ne è lavata le mani e non ha voluto sborsare un euro, declinando ogni responsabilità. Ecco perché i 5 si sono rivolti martedì all’Adico Associazione Difesa Consumatori di Mestre, che in questi mesi estivi si è occupata di un gran numero di casi legati a vacanze rovinate.
«Tramite un’agenzia di viaggi di Mestre io e la mia famiglia avevamo prenotato un pacchetto tutto compreso per Djerba, pianificandolo nei minimi dettagli visto che dovevamo viaggiare con altre 2 persone, tra cui una cara amica disabile – ha raccontato G.B. ai legali dell’Adico – inclusa la prenotazione per l’intera durata del viaggio di un posto auto nel parcheggio dell’aeroporto di Verona, in modo da avere un comodo ritorno a Mestre assicurato». Al check-in, però, 9 in punto di mattina con imbarco prioritario, la brutta sorpresa: solo in quel momento la signora e il marito hanno scoperto che il certificato di nascita vidimato dalla Questura per l’espatrio della bambina, per la Tunisia non è sufficiente: serve la carta d’identità. «Ci hanno spiegato che c’è una circolare diramata dal Ministero degli Interni lo scorso 10 giugno che impone anche ai minori passaporto o carta di identità per l’ingresso in Tunisia: e pare che la nostra agenzia non ne sapesse niente, visto che ci ha dato formalmente l’ok quando abbiamo chiesto se bastava il certificato vidimato dalla Questura per il nostro viaggio». La “fortuna” della signora G.B., che fa ben sperare nella possibilità di ottenere rimborso e risarcimento danni, è che questo ok l’agenzia l’ha messo per iscritto rispondendo a una mail della famiglia mestrina, che quindi possono provare la responsabilità della prima. Tornando alla mattina di Ferragosto, dopo due ore di attesa alla fine non hanno potuto far altro che tornare a casa e attaccarsi al telefono, cercando tramite l’agenzia tre posti su un volo di linea da Venezia solo andata: partenza il 17 agosto, costo complessivo per tre 490 euro. Con l’agenzia che non ha accettato alcuna soluzione di compromesso, scaricando la colpa sul tour operator che non ha concesso il cambio data per la partenza.
Ma i disagi non sono finiti qui. Infatti i problemi al ritorno ci sono stati soprattutto per S.Z., altra giovane mestrina. «Vista la mia disabilità, non potendo stare molto tempo in piedi vado mai in vacanza senza un adeguato accompagnamento, e avevo prenotato questo viaggio con la sicurezza di muovermi con altri 3 adulti. Inoltre la presenza dell’auto al ritorno a Verona mi garantiva un rientro comodo». Invece S.Z. ha dovuto partire con la sola cugina, e al ritorno ha dovuto affrontare un viaggio in treno da Verona a Mestre. Che si è tradotto inoltre, anche per gli altri tre, in ulteriori spese: poco meno di 100 euro tra taxi dall’aeroporto alla stazione di Verona e biglietti ferroviari.
«In casi come questi si può chiedere un risarcimento che oscilla anche fra i 1.000 e i 1.500 euro, visto che il nuovo Codice del Turismo prevede ora anche il danno morale – spiega il presidente dell’Adico Carlo Garofolini – e in questo caso, con lo stress di dover rimandare la partenza perdendo 2 giorni di vacanze, sborsando quasi 600 euro in più di quanto preventivato e sentendosi pure rispondere picche dall’agenzia che avrebbe dovuto tutelarli e non ha accettato nemmeno soluzioni di compromesso, crediamo che la famiglia abbia tutto il diritto a ottenere giustizia». E la vicenda suggerisce un consiglio: quando ci si affida a terzi, è sempre bene far mettere per iscritto le risposte sulle questioni più “ a rischio”, come in questo caso, per potersi rivalere in caso di disservizi.

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