“L’allarme
dei vescovi sulla grave situazione sociale ed economica della Calabria ha provocato numerose e univoche
reazioni rispetto allo stato salute della nostra regione. Dire che la
Calabria sta morendo, però, non basta
per aiutare un corpo sociale dalle difese immunitarie sempre più fragili. Nessuno può addebitare agli altri la
responsabilità di una situazione che lascia poco spazio alla speranza di un
domani diverso, soprattutto per le giovani generazioni. Le colpe storiche vanno condivise, così come gli obblighi sono
un fardello di cui tutti dobbiamo sopportarne il peso: dalla politica
all’amministrazione pubblica, dai sindacati alle forze imprenditoriali, dal
mondo delle professioni alla società civile.
Dividersi ancora sul futuro non solo è un comportamento da
irresponsabili, ma anche da creduloni. L’individualismo è uno dei peggiori mali
delle società postmoderne. E diventa letale in ambienti come la Calabria:
regione fragile dal punto
di vista economico per via delle
ataviche arretratezze infrastrutturali
e, in prevalenza, disgregata
anche a causa degli effetti perversi del clientelismo e
dall’assistenzialismo. Le difficoltà
della nostra terra, nelle scorse settimane, sono state illustrate con lucidità
dall’Arcivescovo di Cosenza, padre Salvatore Nunnari, nei cui confronti
la politica ha fatto a gara per riconoscere una verità incontrovertibile per poi tornare
ai distinguo e alla litigiosità di sempre.
Il nuovo messaggio dei membri la Conferenza Episcopale Calabrese,
presieduta dal Metropolita di Reggio Calabria, mons. Vittorio Mondello, con il
quale siamo in continuo contatto, è un
vero e proprio grido d’allarme che non può non essere ascoltato sia a livello
regionale che nazionale. Il radicamento
della Chiesa calabrese sul territorio è una fonte attendibile dell’aiuto che la
gente chiede alla politica, che appare sempre più lontana dai suoi quotidiani bisogni. E’ dal 1948 che i vescovi italiani chiedono concreti interventi sulla questione
Meridionale, di cui la Calabria rappresentava e rappresenta la parte più
malata. In questa battaglia, la Chiesa bruzia, iniziando da mons.
Antonio Lanza, è stata la grande protagonista delle domande di giustizia
sociale provenienti dal territorio. Con
la Chiesa - al pari delle altre forze sociali che operano sul territorio -
l’Amministrazione provinciale ha avviato la stagione dell’ascolto. E il rapporto con il vescovo di Locri, mons.
Giuseppe Fiorini Morosini, si è
dimostrato proficuo nel lavoro per il varo del bilancio dell’Ente che presiedo. Da questo metodo sono emerse situazioni di
disagio sociale e strutturale poco conosciute
e che, nel limite delle risorse finanziarie a nostra disposizione,
faremo di tutto per affrontare. Quello
che manca oggi alla politica e all’amministrazione è la sinergia, il rapporto
con il territorio: ruolo che la Chiesa riesce a svolgere molto bene. Duro e condivisibile, poi, il giudizio sui
tagli operati in nome del risanamento dei conti pubblici che mettono in dubbio comparti come la sanità pubblica, l’amministrazione della
giustizia, l’occupazione, i trasporti,
l’economia e i servizi primari. Colpisce anche il passaggio sull’aumento dei
casi in cui intere famiglie non riescono a mettere assieme il pranzo e la cena.
Di fronte a queste nuove povertà non significa prendere ai ricchi per donare ai
poveri, quanto, piuttosto, impedire al capitalismo finanziario e alle élite
economiche di salvaguardare i loro interessi pretendendo aiuti dello Stato a
danno delle classi meno abbienti. Le
ultime decisioni governative non solo non aiutano la Calabria, ma la fanno
sprofondare sempre più in basso. E’ giusto rivendicare analogo trattamento
riservato a quelle che sono definite “regioni virtuose”, ma appare altrettanto
giusto che noi calabresi diventiamo gli artefici di un nuovo protagonismo in cui dovrà scomparire la Babele di un passato che, come una pesante zavorra,
frena il cammino dello sviluppo sociale, economico e culturale. L’alternativa della Calabria è una sola: il
cambiamento. Che diventa la condizione sine qua non per eliminare l’isolamento della nostra terra
rispetto ad altre regioni del Paese”.
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