Chi scommetterebbe che anche James Bond sarebbe invecchiato?
Eppure il regista Sam Mendes che ha firmato l’ultimo
007 – Skyfall- non ha trascurato questo particolare.
Sarà stato che il film usciva proprio al 50°
anniversario dalla nascita di questo eroe d’altri tempi, sarà che la ‘presunta’ anzianità del
personaggio avrebbe reso più avvincente i colpi di scena, sarà che anche gli
eroi invecchiano, ma ci sono voluti "appena" 145 min prima di
prendere una boccata di ossigeno.
E, allora, via a rocamboleschi inseguimenti
tra le guglie delle moschee di una popolata Istanbul , a combattimenti
corpo a corpo sul tetto di un treno in corsa, alla fuga su blindatissime
automobili e, perché no, a brevissime, queste volta, debolezze sentimentali.
Bond se l’è vista davvero brutta. Non come al solito,
perché a tradirlo non è stato il terrorista di turno ma il suo fisico.
E, torniamo ai 50 anni.
007 è così costretto a sostenere i test di idoneità
allo svolgimento dei propri compiti per scongiurare il rischio di sospensione
dal servizio ma verrà a conoscere la verità sul risultato solo quando sarà
tornato sano e salvo al quartier generale.
Un Bond che, incredibilmente, tocca finalmente con
mano i suoi limiti per generazioni di pubblico che, invece, lo avevano creduto
immortale.
Così lo scacco, questa volta, non è ai suoi nemici ma
al pubblico.
Il suo nemico è un terrorista, nonché ‘figlio d’arte’,
stavolta interpretato dal bravissimo Javier Barden,- chi non lo ricorda in “Mangia,
prega e ama?”- ma con tendenze omosessuali. Forse è per questo che il regista
non s’è soffermato molto sul disegnare il personaggio usuale della bond girl, che
ha soltanto tratteggiato, facendolo rimanere sullo sfondo.
Legato a una sedia, camicia sempre impeccabile anche
nei momenti di maggiore sforzo fisico, Bond s’è sorbito le avances del
terrorista gay che, detto così, farebbe sorridere. Anzi, a me, ha fatto
sorridere e non poco quando lo si vedeva sfilare con 5 o 6 omaccioni assoldati
per proteggerlo, ma, questa è una divagazione personale.
Torniamo al film.
Ricco di effetti speciali, uno fra tutti, il momento
in cui Bond si aggrappa all’ascensore di un luminossissimo grattacielo di
Shangai lasciandosi trasportare.
Un Bond che interpreta lo stile tutto commerciale di
certi film di oggi, dove l’immaginazione è lasciata al sapiente utilizzo della
tecnologia che, per la verità, non incontra il gusto di tutti.
Soprattutto di noi donne, che in un film bondiano siamo abituate al lato “sentimentale”,
giusto per far sapere a voi maschi che ci sono donne e ci sono donne che degli
uomini non hanno alcun bisogno.
Come tutti gli uomini, a risentirne, quando si
invecchia oltre al corpo, è lo spirito.
Così Bond cede ad un
sentimento più infantile e puro, quello verso il suo luogo natìo, la sua
casa, ormai abbandonata da tempo, e i suoi genitori.
A Skyfall, questo luogo sperduto nelle highlands irlandesi, ritrova tutto questo ma anche di più. Trova il riscatto da chi lo
voleva morto e sepolto ossia, incredibilmente, la sua Boss M -interpretata da
una impeccabile Judi Dench - e dal suo corpo, riuscendo a uccidere il
terrorista gay che aspetta al varco, nostalgico, dietro i vetri impolverati di
un antico casolare.
Da un lato, un pugno di armi, peraltro, talune rudimentali, dall’altro, elicotteri da
combattimento, fuoco e fiamme che non lascerebbero scampo.
Ma le sue
radici lo salvano. Lo salva un cuniculo nascosto nella cucina della sua casa e
il desiderio di rivendicare la morte dei suoi cari.
Un 50°, insomma, all’insegna dell’umanizzazione del
personaggio in un contesto, che però di umano ha ben poco, suona strano. E lo
è.
Umana è la morte di una anziana signora, la boss M,
che, per quanto glaciale nell’impartire ordini, fa sempre un certo effetto,
umana è l’amara constatazione della perdita di vigore fisico e di rendimento dell’imbattuto
James Bond.
Ma, allora, la morale qual è?
Che dovremo accontentarci, per gli episodi che verranno, di uno 007 coadiuvato da tre- quattro
persone a sorreggerlo nei suoi sforzi fisici, defribillatore alla mano- come,
peraltro, è in parte apparso nel film di quest’anno con l’eroina che lo
affiancava –oppure, avremo un nuovo Bond nuovo di zecca, magari congelato,
scongelato e surgelato come un merluzzo per non farlo puzzare?
Quel che sarà di lui non lo voglio sapere, spero solo
che tra pretendenti omossessuali e cadute nostalgiche-sentimentali, non lo
ritroveremo a far la maglia davanti a un camino, circondato da un nugolo di
nipotini.
Dimenticavo! La colonna sonora è di Adele. Ascoltatela.
Noterete il richiamo a John Barry, compositore famoso per le colonne
sonore dei film di James Bond, morto poco meno
di un anno fa.
Alla prossima!
Germana Santagati
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