La sentenza 3756 dello scorso 9 marzo ribadisce che la tassa sui rifiuti è un tributo. Ma dal 2013 dovrebbe cambiare tutto di nuovo. Garofolini: «I consumatori pretendono chiarezza»
L’Iva sulla Tia, la Tariffa di igiene ambientale, non si deve pagare. Il giro di vite lo dà la sentenza 3756 del 9 marzo 2012 della Corte di Cassazione, che stabilisce come la Tia sia a tutti gli effetti un’entrata tributaria, che in quanto tale non può mai costituire corrispettivo di un servizio reso. Di conseguenza, i contribuenti possono (nuovamente) chiedere il rimborso di tutta l’Iva al 10% pagata sulle fatture della Tia negli ultimi 10 anni. La sentenza infatti dà maggior peso alle richieste di rimborso, che a migliaia erano rimaste in stand by dal 2009 a oggi per il succedersi di sentenze e pareri contraddittori in merito. Adico Associazione Difesa Consumatori mette a disposizione dei cittadini interessati il modello per la richiesta di rimborso alla società di gestione rifiuti della propria città, e la consulenza del proprio ufficio legale per la compilazione. La richiesta può essere inoltrata da privati cittadini, aziende e titolari di partita Iva. Adico stima che la media del dovuto per ogni famiglia si attesti sui 400 euro.
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 238 del 24 luglio 2009, aveva stabilito che la competenza sui ricorsi in materia di Tariffa di igiene ambientale (Tia) è delle Commissioni tributarie. Ciò faceva considerare la Tia una tassa, pur corrispondendo a questa il pagamento del servizio di igiene urbana (spazzamento, raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani). La circolare numero 3 dell’1 novembre 2010 del Dipartimento delle Politiche fiscali del Ministero dell’Economia indirizzata ai Comuni rafforzava questa tesi, sostenendo che la natura della tariffa non è tributaria. A quel punto le istanze di rimborso dei contribuenti avevano subìto una battuta d’arresto. Ora però, alla luce di questa recente sentenza della Cassazione, la carte in tavola cambiano di nuovo. Ma nemmeno questa sarà l’ultima puntata: stando a quanto stabilito dal Governo Monti nella manovra “Salva Italia” del 6 dicembre scorso, infatti, dall’1 gennaio 2013 dovrebbe arrivare il Res, il nuovo tributo comunale sui rifiuti e servizi locali, che andrà a sostituire Tarsu, Tia 1 e Tia 2 e dovrebbe quindi essere esente da Iva.
Ma cosa deve fare, in pratica, il contribuente per inoltrare la richiesta di rimborso e, contestualmente, l’immediata cessazione dell’applicazione dell’Iva? Prima di tutto deve verificare che quella vigente nel proprio Comune sia la Tia e non la Tarsu; se così fosse, deve recuperare tutte le ricevute di pagamento relative alle fatture Tia (es. bollettini di pagamento) assicurandosi che in ciascuna sia stata effettivamente addebitato il 10% di Iva in una voce separata, fotocopiandole e facendo il calcolo della somma totale oggetto della richiesta di rimborso. A quel punto può rivolgersi agli uffici di Adico in via Volturno 33 a Mestre, o telefonare allo 041.5349637 o ancora scrivendo via mail info@associazionedifesaconsumatori.it per ricevere ulteriori informazioni, modelli e assistenza.
«Oggi più che mai è auspicabile che il Governo prenda una volta per tutte una decisione definitiva in merito, perché purtroppo neppure una sentenza della Corte di Cassazione crea un automatismo nella restituzione dell’Iva – spiega Carlo Garofolini, presidente di Adico Associazione Difesa Consumatori – dal 2009 a oggi si sono succedute molteplici sentenze di diversi organi giudiziari, spesso contraddittorie tra di loro. E il cittadino pagante dovrebbe essere per lo meno rispettato mettendo a sua disposizione un chiarimento sulla questione normativa. Se si attuerà quanto stabilito dal decreto Monti di fine 2011, si tratterà di un tributo e in quanto tale non assoggettabile a Iva, e indirettamente si darà corretta applicazione a quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale. Nel frattempo – conclude Garofolini – il Governo deve trovare una soluzione per far fronte alle migliaia di richieste di rimborso che arriveranno alle società che erogano il servizio rifiuti. Adico ritiene sarebbe opportuno lo storno, magari a rate, dell’importo nelle future bollette della Tia o un’apposita voce di detrazione nella prossima dichiarazione dei redditi».
L’ufficio legale di Adico consiglia ai consumatori di inoltrare comunque la richiesta di rimborso, anche se le aziende che gestiscono i servizi rifiuti hanno già messo le mani avanti ribadendo come, in mancanza di indicazioni del Governo valide a livello nazionale, non ritengono di dover procedere al rimborso. «I cittadini non si facciano scoraggiare – conclude Garofolini – è proprio facendo massa critica e pressione sul legislatore che si può ottenere qualcosa. Stando passivamente ad attendere che lo Stato faccia i diritti dei consumatori si rischia di non poterli mai esercitare realmente. Quindi avanti tutta con le richieste».
L’Iva sulla Tia, la Tariffa di igiene ambientale, non si deve pagare. Il giro di vite lo dà la sentenza 3756 del 9 marzo 2012 della Corte di Cassazione, che stabilisce come la Tia sia a tutti gli effetti un’entrata tributaria, che in quanto tale non può mai costituire corrispettivo di un servizio reso. Di conseguenza, i contribuenti possono (nuovamente) chiedere il rimborso di tutta l’Iva al 10% pagata sulle fatture della Tia negli ultimi 10 anni. La sentenza infatti dà maggior peso alle richieste di rimborso, che a migliaia erano rimaste in stand by dal 2009 a oggi per il succedersi di sentenze e pareri contraddittori in merito. Adico Associazione Difesa Consumatori mette a disposizione dei cittadini interessati il modello per la richiesta di rimborso alla società di gestione rifiuti della propria città, e la consulenza del proprio ufficio legale per la compilazione. La richiesta può essere inoltrata da privati cittadini, aziende e titolari di partita Iva. Adico stima che la media del dovuto per ogni famiglia si attesti sui 400 euro.
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 238 del 24 luglio 2009, aveva stabilito che la competenza sui ricorsi in materia di Tariffa di igiene ambientale (Tia) è delle Commissioni tributarie. Ciò faceva considerare la Tia una tassa, pur corrispondendo a questa il pagamento del servizio di igiene urbana (spazzamento, raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani). La circolare numero 3 dell’1 novembre 2010 del Dipartimento delle Politiche fiscali del Ministero dell’Economia indirizzata ai Comuni rafforzava questa tesi, sostenendo che la natura della tariffa non è tributaria. A quel punto le istanze di rimborso dei contribuenti avevano subìto una battuta d’arresto. Ora però, alla luce di questa recente sentenza della Cassazione, la carte in tavola cambiano di nuovo. Ma nemmeno questa sarà l’ultima puntata: stando a quanto stabilito dal Governo Monti nella manovra “Salva Italia” del 6 dicembre scorso, infatti, dall’1 gennaio 2013 dovrebbe arrivare il Res, il nuovo tributo comunale sui rifiuti e servizi locali, che andrà a sostituire Tarsu, Tia 1 e Tia 2 e dovrebbe quindi essere esente da Iva.
Ma cosa deve fare, in pratica, il contribuente per inoltrare la richiesta di rimborso e, contestualmente, l’immediata cessazione dell’applicazione dell’Iva? Prima di tutto deve verificare che quella vigente nel proprio Comune sia la Tia e non la Tarsu; se così fosse, deve recuperare tutte le ricevute di pagamento relative alle fatture Tia (es. bollettini di pagamento) assicurandosi che in ciascuna sia stata effettivamente addebitato il 10% di Iva in una voce separata, fotocopiandole e facendo il calcolo della somma totale oggetto della richiesta di rimborso. A quel punto può rivolgersi agli uffici di Adico in via Volturno 33 a Mestre, o telefonare allo 041.5349637 o ancora scrivendo via mail info@associazionedifesaconsumatori.it per ricevere ulteriori informazioni, modelli e assistenza.
«Oggi più che mai è auspicabile che il Governo prenda una volta per tutte una decisione definitiva in merito, perché purtroppo neppure una sentenza della Corte di Cassazione crea un automatismo nella restituzione dell’Iva – spiega Carlo Garofolini, presidente di Adico Associazione Difesa Consumatori – dal 2009 a oggi si sono succedute molteplici sentenze di diversi organi giudiziari, spesso contraddittorie tra di loro. E il cittadino pagante dovrebbe essere per lo meno rispettato mettendo a sua disposizione un chiarimento sulla questione normativa. Se si attuerà quanto stabilito dal decreto Monti di fine 2011, si tratterà di un tributo e in quanto tale non assoggettabile a Iva, e indirettamente si darà corretta applicazione a quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale. Nel frattempo – conclude Garofolini – il Governo deve trovare una soluzione per far fronte alle migliaia di richieste di rimborso che arriveranno alle società che erogano il servizio rifiuti. Adico ritiene sarebbe opportuno lo storno, magari a rate, dell’importo nelle future bollette della Tia o un’apposita voce di detrazione nella prossima dichiarazione dei redditi».
L’ufficio legale di Adico consiglia ai consumatori di inoltrare comunque la richiesta di rimborso, anche se le aziende che gestiscono i servizi rifiuti hanno già messo le mani avanti ribadendo come, in mancanza di indicazioni del Governo valide a livello nazionale, non ritengono di dover procedere al rimborso. «I cittadini non si facciano scoraggiare – conclude Garofolini – è proprio facendo massa critica e pressione sul legislatore che si può ottenere qualcosa. Stando passivamente ad attendere che lo Stato faccia i diritti dei consumatori si rischia di non poterli mai esercitare realmente. Quindi avanti tutta con le richieste».
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