”Nel 2012 si raggiungono tre record: il più rapido incremento della pressione fiscale apparente nella storia repubblicana, il massimo storico assoluto in termini di pressione medesima e il massimo mondiale in termini di pressione effettiva sui contribuenti in regola”. Secondo il rapporto sulle “Prospettive economiche dell’Italia nel breve-medio termine” di Confcommerciopresentato al via della due giorni organizzata a Cernobbio, l’Italia è al settimo posto nella graduatoria europea nel 2007 e passa al quinto in quella del 2012, tanto per effetto di un incremento di pressione quanto per il fatto che Danimarca, Svezia, e Belgio riducono la propria pressione. “La storia ci insegna che con poca crescita, scarsa sarà l’incisività delle manovre riguardanti il debito”, sottolinea Confcommercio che aggiunge: “L’onere pro capite del nostro debito pubblico, in termini di effettivo potere d’acquisto che ogni cittadino deve restituire al creditore, è crescente e da 21.500 euro circa del 1990 è arrivato a oltre 31.000 del 2011 (+45,4%)”.
L’aumento dell’aliquota standard Iva dal 21 al 23% ha determinato una contrazione dei consumi per 39 miliardi di euro. Dal primo di ottobre del 2012, al passaggio delle due aliquote dal 12 al 12,5% e dal 23 al 23,5% dal primo di gennaio del 2014, la perdita cumulata di spesa reale ai prezzi del 2011 dovrebbe essere di 38,4 miliardi di euro nel giro del quadriennio 2011-2014, circa l’1% del volume dei consumi in media per ogni anno, con un profilo crescente a causa del cumulo degli effetti delle manovre nel corso del tempo.
Per quanto riguarda il fiscal compact, ovvero l’accordo fiscale, firmato in Europa che vincola al pareggio di bilancio e a un percorso di riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo, “è perfettamente compatibile con un progressivo impoverimento degli italiani”. A sostenerlo è Confcommercio che aggiunge anche che, se dopo il triennio 2011-2013 non ci saranno cambiamenti, si rischia “che i sacrifici siano per sempre”.
Inoltre “l’anno in corso rappresenta uno dei momenti peggiori della storia economica italiana come riduzione dei consumi reali: -2,7% rispetto al picco negativo del 1993, che fece segnare -3,0%. In termini di variazione dei consumi reali pro capite, il 2012 appare come l’anno peggiore in assoluto: la riduzione raggiungerebbe il 3,2% contro il 3,1% del 1993”. Secondo Confcommercio, la perdita in termini di consumi reali pro capite è del 7,4%, pari a circa 1.023 euro a testa ai prezzi del 2011, considerando il minimo che dovrebbe essere raggiunto nel 2013 rispetto al massimo assoluto del 2007.
A questo si aggiunge il pil pro capite che “scende sia in assoluto sia in termini relativi” e l’Italia “accumula ritardi nei confronti di tutte o quasi le maggiori economie europee ed extra-europee” osserva Confcommercio. Di fatto, “nei 13 anni che vanno dal 2000 al 2012 abbiamo perso in termini di Pil reale pro capite, il 9% rispetto alla Germania, l’11% rispetto alla Francia, il 22% e il 18% rispettivamente nei confronti della Spagna e del Regno Unito” mostrano i grafici. Divari che “si allargano e il crescente e diffuso senso di insoddisfazione dei cittadini italiani trova riscontro anche in termini di comparazione internazionale. In qualche misura, il pericolo di una progressiva marginalizzazione politica del paese è conseguenza della regressione assoluta e comparativa che subiamo sotto il profilo economico”.
L’aumento dell’aliquota standard Iva dal 21 al 23% ha determinato una contrazione dei consumi per 39 miliardi di euro. Dal primo di ottobre del 2012, al passaggio delle due aliquote dal 12 al 12,5% e dal 23 al 23,5% dal primo di gennaio del 2014, la perdita cumulata di spesa reale ai prezzi del 2011 dovrebbe essere di 38,4 miliardi di euro nel giro del quadriennio 2011-2014, circa l’1% del volume dei consumi in media per ogni anno, con un profilo crescente a causa del cumulo degli effetti delle manovre nel corso del tempo.
Per quanto riguarda il fiscal compact, ovvero l’accordo fiscale, firmato in Europa che vincola al pareggio di bilancio e a un percorso di riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo, “è perfettamente compatibile con un progressivo impoverimento degli italiani”. A sostenerlo è Confcommercio che aggiunge anche che, se dopo il triennio 2011-2013 non ci saranno cambiamenti, si rischia “che i sacrifici siano per sempre”.
Inoltre “l’anno in corso rappresenta uno dei momenti peggiori della storia economica italiana come riduzione dei consumi reali: -2,7% rispetto al picco negativo del 1993, che fece segnare -3,0%. In termini di variazione dei consumi reali pro capite, il 2012 appare come l’anno peggiore in assoluto: la riduzione raggiungerebbe il 3,2% contro il 3,1% del 1993”. Secondo Confcommercio, la perdita in termini di consumi reali pro capite è del 7,4%, pari a circa 1.023 euro a testa ai prezzi del 2011, considerando il minimo che dovrebbe essere raggiunto nel 2013 rispetto al massimo assoluto del 2007.
A questo si aggiunge il pil pro capite che “scende sia in assoluto sia in termini relativi” e l’Italia “accumula ritardi nei confronti di tutte o quasi le maggiori economie europee ed extra-europee” osserva Confcommercio. Di fatto, “nei 13 anni che vanno dal 2000 al 2012 abbiamo perso in termini di Pil reale pro capite, il 9% rispetto alla Germania, l’11% rispetto alla Francia, il 22% e il 18% rispettivamente nei confronti della Spagna e del Regno Unito” mostrano i grafici. Divari che “si allargano e il crescente e diffuso senso di insoddisfazione dei cittadini italiani trova riscontro anche in termini di comparazione internazionale. In qualche misura, il pericolo di una progressiva marginalizzazione politica del paese è conseguenza della regressione assoluta e comparativa che subiamo sotto il profilo economico”.
Fonte: il fatto quotidiano.it
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