Il Torino sbanca il Granillo e continua la corsa solitaria verso la promozione. La Reggina di Breda, reduce da quattro successi consecutivi, non è riuscita ad affrontare l’incontro con il giusto piglio. È mancata la serenità che invece il filotto di vittorie avrebbe dovuto lasciare in eredità.
La squadra amaranto è infatti scesa in campo timorosa nell’atteggiamento e anche in alcuni uomini. L’arma in più è stata, fino ad ieri, la manovra offensiva, la pericolosità dell’attacco calabrese, l’intensità. Contro il Toro, non si è visto nulla di tutto questo. Missiroli, l’uomo che cambia le partite, constretto a giocare poco davanti alla difesa, a due passi da Viola. Quasi una doppia regia, un po’ come accaduto in altri incontri, ma almeno 30-40 metri più indietro. Il pallino del gioco è stato volutamente lasciato agli ospiti che hanno giocato in tranquillità con ritmo blando puntando su uno stucchevole tiki-taki che raramente si traduceva in azioni pericolose. Solo Stevanovic e Antenucci sono riusciti a creare quanche imbarazzo ad Emerson e compagni ma raramente sono arrivati a concludere. L’unico intervento di Kovacsic si registra al 77’, ad opera di un immenso Ogbonna. Il centrale della nazionale è riuscito a gestire con poche difficoltà le sporadiche offensive amaranto e più di una volta si è permesso il lusso di provare ad esser lui a divenire pericoloso. Di un’altra categoria.
Ma torniamo alla Reggina. Schierata con il solito modulo, rispetto alla vittoriosa trasferta di Brescia ha modificato la formazione in soli due uomini, ovvero Rizzo per Castiglia e D’Alessandro per Colombo. È l’atteggiamento però totalmente diverso: tutti dietro la linea della palla, eccezion fatta per Ceravolo, schierato ancora inspiegabilmente prima punta, pressing inesistente ed esterni praticamente sulla linea di difesa. Basha e Iori, centrocampisti granata, hanno giocato e impostato in libertà, così come Zavagno ha potuto spingere sulla fascia senza trovare ostacoli se non nei pressi dell’area.
Timida, impaurita, senza idee, la Reggina ha pagato prima di tutto la scelta di lasciare campo e palla agli avversari nella speranza di colpire in contropiede. Domanda: se per accompagnare l’azione devi percorrere ogni volta 70 metri di campo in avanti e poi correre indietro per altri 70 per coprire, per quanto tempo potrai farlo? E infatti, Missiroli, partendo dai nostri 25 metri, ha quasi mai costruito, Ragusa, primo difensore, si è sfiancato al pari del miglior Gattuso, perdendo così lucidità in fase d’attacco. E che dire di Viola? Inguardabile. Una miriade di passaggi sbagliati, lento nella costruzione e soprattutto nel pensiero, è risultato essere una vera palla al piede per gli amaranto. E D’Alessandro? Acerbo. Sempre timido nell’approccio alla partita, lascia l’idea di un ragazzo che vorrebbe ma non può perché la paura non fa girar le gambe e la testa. Per ciò appare assurdo lasciar fuori Colombo, protagonista nelle ultime uscite, per far spazio al giovane esterno. Vero è che, al suo ingresso, l’ex Torino ha per due volte lasciato sguarnita la propria zona propiziando le due occasioni per gli uomini di Ventura che, al secondo tentativo, han fatto centro grazie a D’Ambrosio.
Certo, il Torino possiede un tasso tecnico superiore agli amaranto ma, crediamo, sia necessario proprio in quel caso, spendersi in un pressing continuo (organizzato), in modo da non far respirare i cervelli avversari e approfittare delle palle perse per rilanciare l’azione. Tante volte è accaduto, pensiamo a Livorno e Brescia. Reparti corti e difesa più alta avrebbero consentito tale atteggiamento, e invece… Breda, non ce ne voglia, ha regalato tatticamente l’incontro al più navigato collega che ha sfruttato anche Rolando Bianchi, partito dalla panchina, nel momento topico, quando c’era da creare scompiglio, sugli spalti e quindi in campo. Il Torino, squadra sorniona, ha così ottenuto il massimo con il minimo sforzo. La Reggina invece fallisce il primo vero esame di maturità. Una partita, persa nella testa ancor prima che sul terreno di gioco, che ha denotato una certa fragilità mentale che dovrà essere superata se l’obiettivo è la massima serie. Il secondo posto è sempre alla portata ma il Pescara sembra diventato Zemanlandia e quindi urge tornare immediatamente al successo, anche se il prossimo turno non si annuncia dei più agevoli. Il derby di Crotone, con i pitagorici in crescita, testerà duramente i reggini dopo la delusione infrasettimanale. I precedenti sono dalla parte della formazione di Breda ma un derby è sempre un derby. Ci sarà bisogno della migliore Reggina, quella intensa e dall’attacco letale, per avere la meglio sui cugini.
Pasquale Zumbo
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