Il
presidente della Commissione speciale di vigilanza Aurelio Chizzoniti torna ad
occuparsi della “questione dei criteri per la definizione ed assegnazione dei budget alle strutture sanitarie
private” che - a suo avviso -
“andrebbero riesaminati alla luce delle numerose pronunce giurisprudenziali.
Sentenze che appalesano l’ingiusta penalizzazione delle strutture operanti nel
rispetto del budget a favore, invece,
di quelle che sistematicamente producono prestazioni fuori piano finanziario”.
Secondo
Aurelio Chizzoniti, “la revisione dei punitivi standard assunti, è indifferibile non solo per elementari motivi di
giustizia sostanziale, ma anche responsabilmente per impedire il dilagare di un
prevedibilissimo contenzioso con esiti devastanti per l’erario regionale. Da
qui, anche l’ineludibile necessità di restituire il governo del pianeta sanità
a criteri di equità, anteponendo al capriccio della forma, la concretezza delle
cose (giuste)!”.
Dopo
la missiva dell’1.02.2013 in cui il presidente della Commissione di vigilanza
interpellava i vertici politici della Regione, Aurelio Chizzoniti riprende
carta e penna per sollecitare “un pronto e risolutivo intervento”.
Rivolgendosi
ai presidenti della Giunta e del Consiglio, Giuseppe Scopelliti e Francesco
Talarico, al direttore generale dell’Esecutivo Franco Zoccali e al dirigente
generale dell’Avvocatura regionale Paolo Arilotta, Chizzoniti richiede il “doveroso
riesame delle decisioni palesemente assunte contra
ius e che hanno determinato l’attuale stato di fatto”.
“Ho
raccolto e fatto mie le fondate preoccupazioni che attanagliano numerosi
operatori sanitari costretti a subire illogiche e tutt’altro che imparziali
riduzioni di budget, (peraltro gelidamente intervenute ex post e non ex ante
rispetto ai connessi periodi temporali)” - spiega il presidente della
Commissione speciale di vigilanza”.
Nel
ripercorrere le varie fasi Chizzoniti scrive: “Il Consiglio di Stato è giunto a
scardinare l’opinabile impostazione tecnico-giuridica della pirandelliana
vicenda di cui è stata informata anche l’Autorità Garante della concorrenza e
del mercato, poiché, di fatto, resta fortemente compressa e condizionata anche la
libera scelta dell’utente. A talune aziende viene di fatto impedito di potersi
espandere nonostante le innegabili potenzialità operative di cui dispongono -
rimanendo vittime, quindi, di un budget assegnato
‘ad libitum’ che sorprendentemente
esalta il fuorviante e strumentale ‘trucco’ budget-fatturato.
Un quadro che dà vita a posizioni
dominanti d’impresa che mortificano e distorcono scolastiche ed elementari
regole concorrenziali. Anche perché in Calabria persiste la ‘buona abitudine’
di assegnare il budget a fine anno,
ovvero dopo che è stato eseguito il lavoro, e cioè quando lo stesso - con
cinica glacialità ed a ‘tumulazione avvenuta’ -
arriva ad essere decurtato in alcuni casi anche del 71%, 61%, 48% , 72%,
60% ecc. Alla luce di tutte queste riflessioni, è di stellare evidenza come le
strutture che ex ante abbiano avuto
assegnato un budget ridotto,
rimangano obtorto collo, prigioniere
dello stesso, per cui sono costrette a limitare la propria attività con
assoluta, fisiologica impossibilità di qualsivoglia crescita. Un’assurda
preclusione trattandosi di strutture che dispongono di congrue virtualità
aziendali fatalmente penalizzate da un vizio genetico, concepito e disegnato a
mano libera, circolare e fortemente contaminante, poiché sostenuto da una incontrollabile
inerzia di quiete. In tal senso, confortano le propositive osservazioni figlie
della logica oltre che delle numerose pronunce della Magistratura Civile
ordinaria - fin qui imprudentemente ignorate - che accolgono le domande
risarcitorie introduttive di pesanti giudizi ex adverso”.
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