(ANSA) - CATANZARO, 22 FEB - E' una mattanza senza fine quella che si sta verificando in Calabria, nella zona del soveratese dove, da anni, e' in atto una faida tra le cosche della 'ndrangheta che si contendono il controllo degli affari illeciti. Negli ultimi due giorni si e' registrato il duplice omicidio di Giuseppe Bruno e della moglie Caterina Raimondi e, ieri sera, l'assassinio dell'imprenditore Francesco Chiodo. I due delitti, secondo gli inquirenti, sarebbero collegati perche' sia Bruno che Chiodo erano ritenuti vicini alla cosca Sia-Procopio-Tripodi. C'e' poi una particolarita': anche nell'omicidio di Chiodo, cosi' come avvenuto con il delitto dei coniugi Bruno, gli assassini hanno abbandonato l'arma utilizzata per compiere l'agguato vicino al cadavere. Questo particolare e' ritenuto dagli inquirenti un elemento investigativo ''significativo''. Si tratterebbe, infatti, di un segnale di supremazia e dimostrerebbe la potenza di fuoco di cui puo' disporre la cosca che sta compiendo gli omicidi. Nel corso della notte sono state sentite numerose persone. In particolare gli investigatori hanno sentito familiari ed amici dell'imprenditore per ricostruire i suoi ultimi spostamenti e verificare se recentemente avesse avuto contrasti con altre persone. La Dda ha gia' disposto l'affidamento dell'incarico per l'autopsia. Chiodo e' stato raggiunto da diversi colpi di fucile ed e' morto all'istante. I carabinieri hanno poi ricevuto una telefonata anonima che ha segnalato l'omicidio. L'imprenditore era rimasto coinvolto nell'inchiesta chiamata 'Show Down' con l'accusa di essere in rapporti con la cosca Sia-Procopio-Tripodi. In particolare avrebbe avuto collegamenti con i vertici della 'ndrina soprattutto per l'esecuzione di attivita' lavorative nell'ambito del movimento terra e dell'edilizia. Nella faida ci sono state molte azioni eclatanti. Due anni fa, ad esempio, in piena estate fu ucciso Ferdinando Rombola' mentre era in spiaggia a Soverato con moglie e figli. A segnare la ripresa dello scontro e' stato l'omicidio di Damiano Vallelunga, di Serra San Bruno (Vibo Valentia), avvenuto il 27 settembre del 2009 a Riace (Reggio Calabria) davanti ad un santuario dove era in corso la festa patronale del paese. Vallelunga era considerato il capo della cosca. Lo scontro tra i gruppi criminali ha gia' provocato una ventina di omicidi negli ultimi tre anni. I numerosi delitti compiuti nella zona del soveratese, secondo il procuratore di Catanzaro e capo della Dda, Vincenzo Antonio Lombardo, stanno ''seminando terrore. Gli omicidi di questi giorni vanno ricostruiti e decifrati con molta attenzione e questo non e' un lavoro facile. Ci sono dinamiche nuove, gruppi e formazioni che vogliono attestare la loro supremazia? Questo e' l'interrogativo che ci stiamo ponendo per cercare di sbrogliare una matassa di non facile lettura''. Secondo gli inquirenti, il monopolio del controllo delle estorsioni resta sempre la principale attivita' dei gruppi criminali.
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