Alle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno tratto in arresto in esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.i.p. di Reggio Calabria su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, 8 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. L’attività ha permesso di disarticolare diversi gruppi operanti in città che gestivano il “fenomeno” della prostituzione in strada di giovani provenienti dall’est Europa. Altri 7 soggetti destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere sono assenti dal territorio nazionale e per questi sono state avviate le procedure di esecuzione del provvedimento all’estero. Il meretricio era esercitato nel pieno centro cittadino, in particolare sul Lungomare e aree limitrofe.
Le indagini
L’indagine è stata avviata nel 2009 a seguito di due arresti in flagranza di reato per sfruttamento della prostituzione operati dalla Compagnia Carabinieri di Reggio Calabria nei confronti di due italiani. Le numerose giovani donne (18/20 anni) sul Lungomare di Reggio Calabria che praticavano la prostituzione ha evidenziato anche la presenza di soggetti di nazionalità rumena, i quali le accompagnavano sui luoghi di meretricio e le assistevano in strada. I numerosi servizi di controllo del territorio sono stati integrati da attività d’intercettazione che ha permesso di rivelare l’intero fenomeno e la fisionomia dei gruppi criminali operanti. Nel corso delle attività si è registrata la collaborazione di una ragazza condotta in Italia dalla Romania e costretta a prostituirsi, violentata e segregata attraverso la pratica, purtroppo usuale, della sottrazione dei documenti d’identità per impedirne l’allontanamento. Le informazioni fornite dalla giovane collimavano precisamente con le acquisizioni investigative.
Il gruppo egemone.
Il primo e più importante gruppo è quello riconducibile ai fratelli RADU avente la principale sede in Sicilia (Licata) già ricercati nell’operazione “Lenone” dei carabinieri di Licata, furono tratti in arresto a Reggio Calabria dal Nucleo Operativo e Radiomobile mentre si accingevano a lasciare l’Italia ed indagati per gli stessi motivi nella presente indagine. Il gruppo RADU ha continuato ad operare poiché un altro fratello, stanziale in Inghilterra, ed una sorella che viveva in Sicilia hanno continuato a controllare le ragazze che si prostituivano nel centro di Reggio Calabria, percependo i relativi introiti in buona parte versati ai fratelli detenuti e utilizzati per le spese di difesa. Il Gruppo criminale era quindi attivo in Sicilia, Reggio Calabria ed Inghilterra.
Il gruppo emergente.
L’arresto dei RADU, nonostante il costante interessamento dei loro fratelli nella gestione delle prostitute in Reggio Calabria, comportava l’emergere di altro gruppo criminale, quello facente capo ai fratelli AVRAM, già in Italia da diversi anni, impiegati quali operai, e dediti allo sfruttamento di ragazze rumene che si prostituivano sul lungomare di Reggio. I contrasti nati tra i due gruppi e i tentativi espansionistici degli AVRAM fanno registrare tutta una serie di conversazioni da cui emergono con evidenza le dinamiche di gestione delle ragazze da parte dei due distinti gruppi criminali in conflitto.
Agli AVRAM erano legati altri soggetti tra cui un italiano, REALE Rocco, 25 anni, operaio della “Leonia” società che si occupa della raccolta dei rifiuti. Il giovane che inizia a gestire in proprio una prostituta sotto il ricatto di ripagare un prestito in precedenza contratto, si legava agli AVRAM chiedendo loro di poter allargare la propria influenza e controllare altre ragazze che vorrebbe poter far arrivare direttamente dalla Romania. Il ruolo del giovane, il quale si dimostra particolarmente violento nel mantenere sottomessa la ragazza da lui “gestita”, è quello di referente locale del gruppo rispetto a cui si propone come uno che può avere “agganci” sul territorio, e di controllore delle ragazze che si prostituiscono negli orari notturni. In questo sarebbe stato agevolato dal suo impiego nella Leonia che lo porta ad essere presente sulle strade cittadine in orario notturno per i turni di servizio.
Gli altri gruppi.
L’indagine offre uno spaccato della complessa realtà del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione in Reggio Calabria ed ha di registrato una serie di tentativi da parte di diverse persone “entrare nel mercato”. Questo è il caso del gruppo riconducibile a PANTAZE Gheroghe, rumeno domiciliato a Rosarno o del gruppo dei rumeni GEORGESCU Vasile Cristian e NICOLAI Marius.
In queste dinamiche tenta di inserirsi anche ROSTAS Voda, personaggio violento con precedenti per rapina e per ottenere tale risultato il rumeno arriva ad aggredire fisicamente uno degli AVRAM tentando di estorcere 10.000 euro.
Esecutori materiali di tale riscossione sono il figlio del ROSTAS e un italiano, i quali, in orario notturno avvicinano due prostitute facenti capo agli AVRAM minacciandole di consegnare i 10.000 euro. Alla richiesta le due giovani prostitute denunciano ai Carabinieri che arrestano i due estorsori in flagranza. Dalle attività intercettive si comprende che sono proprio gli AVRAM, sotto la pressione delle minacce del ROSTAS a decidere di ricorrere all’intervento delle Forze dell’Ordine per liberarsi del nuovo scomodo invasore, autorizzando le ragazze a chiamare i carabinieri alla prima richiesta estorsiva.
Le giovani donne.
Le ragazze sfruttate provengono tutte dall’est Europa. Molte erano adescate con l’artifizio di una relazione sentimentale con i loro protettori,piuttosto scaltri che riescono facilmente a irretire queste ragazze per la maggior parte giovanissime con la prospettazione di una vita assieme in Italia. In molti casi l’attività di prostituzione era prospettata già al momento dell’ingaggio in Romania. Questa “libera determinazione” delle giovanissime donne è comunque sempre condizionata da origini poverissime su cui fanno leva i reclutatori e da situazioni di degrado e sopraffazione cui già nei loro paesi sono sottoposte che le spingono a vedere nel viaggio in Italia una facile via di fuga. Questo è il caso di Elena, minorenne che prende accordi espliciti per venire a prostituirsi in Italia la quale dopo essersi fatta illustrare le condizioni dell’ingaggio lascia trasparire in una conversazione i reali motivi che la spingono ad accettare una tale scelta, ovvero fuggire da una realtà familiare drammatica:
AVRAM: “io aspetto che tu venga qui, quando vuoi venire , dimmi”.
Elena: “Dopo il 12, cioè aspettate ancora due settimane, per poter prendermi la carta di identità da papà, perché mi ha picchiata stasera, sai come sono? Mi fanno male tutte le ossa..”
In molti casi le donne sono costrette a prostituirsi con i ritmi e gli orari insostenibili dettati dai protettori che le soggiogano con continue violenze e minacce:
CHIRIAC: ci è arrivata la merce? Ci deve arrivare altra merce (ovvero le ragazze, ndr)
DONNA: la stai picchiando ancora?
CHIRIAC: eh quando merita..
In un caso si ha contezza di violenze perpetrate su una giovane donna per costringerla a prostituirsi nonostante il suo stato di gravidanza.
“Eugen ha picchiato quella, la sua, perché quella non ha potuto stare al lavoro perché è raffreddata, c**o è anche incinta! E ha picchiato quella…”
Di tutt’altro tenore è la vita condotta dai protettori:
Uomo: “tu lavori?”
CHIRIAC: Eh, lavoro, un c**o.. io sono il capo, sto a casa.. (risata) dormo tutta la giornata, mangio, la notte giro, che diavolo!”..
In altri casi il pagamento del viaggio per raggiungere l’Italia inizialmente anticipato dai protettori diviene una forma di ricatto poiché le ragazze sono costrette a prostituirsi per ripagare questo debito che viene loro costantemente rinfacciato.
Nel panorama eterogeneo ci sono anche ragazze che volontariamente si prostituiscono avendo stabilito un patto di spartizione dei proventi con gli sfruttatori, si arriva sino ai 500 euro a notte, dei quali le più fortunate arrivano a poter trattenere una percentuale del 50%.
In alcuni casi poi chi esercita la prostituzione acquisisce un ruolo attivo nel controllo delle altre ragazze divenendo un partecipe dell’associazione. E’ il caso di BABUSCA Elena e d ENACHE Valentina destinatarie del provvedimento di divieto di dimora, e del transessuale POLIMENI Alessandro indagato nell’ambito di questo procedimento, il quale, legato al gruppo dei RADU, li coadiuva controllando le prostitute.
Il gruppo tenta di evitare di far prostituire ragazze minorenni per evitare eventuali più gravi responsabilità. Ne nasce un triste episodio documentato dalle attività investigative per cui una giovane donna minorenne e in procinto di raggiungere l’Italia, ingaggiata a pochi giorni dal raggiungimento della maggiore età, viene condotta a Reggio Calabria suggellando il raggiungimento dello status di maggiorenne con l’avvio alla prostituzione in strada, come verificato da servizi di controllo svolti il giorno successivo al suo compleanno.
Significativi sono i nomi convenzionali usati per indicare le ragazze: “valigie”, “bagagli”, “merce”, sostantivi che, pur rientrando in un linguaggio codificato convenzionale, sono evidentemente evocativi del reale trattamento riservato alle donne.
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