Visita il nuovo sito Italia Inchieste

E' ONLINE IL NOSTRO NUOVO SITO ITALIA INCHIESTE (http://italiainchieste.it/) CON PIU' NOTIZIE, PIU' SPAZIO PER I LETTORI, PIU' INTERATTIVITA', VIDEO E NOVITA'... VI ASPETTIAMO!!!

mercoledì 14 dicembre 2011

Adico: le news

Manovra: Ici, scudo, pensioni ed imposta sui conti correnti; arrivano le modifiche



13 dicembre 2011
PENSIONI, RIVALUTAZIONE PER 3 VOLTE MINIMA – La rivalutazione automatica delle pensioni è riconosciuta “per l’anno 2012 esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a 3 volte il trattamento minimo”. Lo prevede l’emendamento del governo nel quale si precisa che per il 2013 si torna al blocco della rivalutazione per le pensioni oltre 2 volte il minimo.
MEDIAZIONE GOVERNO-PARTITI, SU SCUDO E ICI – Dovrebbe salire fino al 2% il prelievo sui patrimoni ‘scudati’ mentre l’indicizzazione delle pensioni dovrebbe salire fino a quelle a 1.200-1.300 euro e sull’Ici si prevede un’esenzione di 200 euro per tutti più 50 euro a figlio. Sarebbe questa, a quanto si apprende da fonti parlamentari, la mediazione tra governo e capigruppo.
Nella riunione informale tra il ministro Giarda e i capigruppo si sarebbe dunque raggiunta una mediazione che non soddisfa in pieno le richieste dei partiti ma é un passo avanti che dovrebbe permettere di chiudere i lavori in commissione per portare il decreto domani in aula. Sull’Imu sarebbe prevista un’esenzione di 200 euro per tutti, più uno sconto di 50 euro per figlio fino a quattro figli. Una mediazione che viene incontro alla richiesta del Terzo Polo di inserire nella manovra misure per le famiglie. Per quanto riguarda le pensioni la copertura per le indicizzazioni arriverebbe fino a 1.200-1.300 euro utilizzando il contributo per i patrimoni scudati che dovrebbe salire dall’1,5 al 2% mentre sarebbe allo studio una tassa per chi vuole mantenere il segreto bancario.
TETTO MASSIMO PER STIPENDI PA – Per gli stipendi della pubblica amministrazione ci sarà un tetto massimo: il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione. Lo stabilisce un emendamento alla manovra appena presentato dai relatori.
IN 2012 POSSIBILE PENSIONE A 64 ANNI E 35 CONTRIBUTI – “In via eccezionale” sarà possibile per “i lavoratori che abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima dell’entrata in vigore del decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012″ andare in “pensione anticipata al compimento di un’età anagrafica non inferiore a 64 anni”. Lo prevede l’emendamento del governo alla manovra.
IN 2012 PENSIONE DONNE 60 ANNI E 20 CONTRIBUTI – “Le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia -si legge nell’emendamento alla manovra -oltre che, se più favorevole, con un’età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla stessa data conseguano un’età anagrafica di almeno 60 anni di età”
CONTRIBUTO 15% PER PENSIONI OLTRE 200.000 EURO – Arriva un contributo sulle pensioni d’oro: “per la parte eccedente 200.000 euro”: è fissato al “15 per cento”. E’ quanto prevede l’emendamento del governo alla manovra.
IMPOSTA 34 EURO SU ESTRATTI CONTI CORRENTI – Per gli estratti conto inviati dalle banche ai clienti è prevista un’imposta fissa di 34,20 euro “se il cliente è persona fisica” e di 100 euro “se il cliente è soggetto diverso da persona fisica”. Lo prevede l’emendamento del governo alla manovra.
BOLLO PER SCUDATI A 10 PER MILLE IN 2012 E 2013 – Le attività finanziarie oggetto di emersione sono soggette ad un’imposta di bollo speciale del 10 per mille negli anni 2012 e 2013, mentre l’aliquota ordinaria è fissata al 4 per mille. Lo prevede l’emendamento del governo depositato alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera.
ARRIVA IMPOSTA IMMOBILI ESTERO A 0,76% – Un’imposta dello 0,76% del valore sugli immobili all’estero. E’ quanto prevede l’emendamento del Governo appena depositato in Commissione alla Camera. La proposta istituisce anche dall’anno in corso un’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero dei residenti in Italia.
SU FARMACI FASCIA C NO PASSI INDIETRO – Nessun passo indietro sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C ma “é possibile pensare a forme ulteriori di garanzia per la salute dei cittadini”. Così il ministro della Salute Renato Balduzzi, sottolineando che “la scelta politica è stata quella di andare verso una limitata liberalizzazione del settore”.
FINI, NO A ULTERIORE DIFFERIMENTO – “Non ho alcuna intenzione di differire ulteriormente” la discussione della manovra in Aula. Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini precisando di aver comunicato alle commissioni di concludere i lavori entro stasera. “La manovra doveva andare oggi, è stata differita ma domani mattina sarà in Aula”, ha detto.
ESCLUSI TAXI DALLE LIBERALIZZAZIONI – “Il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea” viene escluso “dall’ambito di applicazione” dalle misure di liberalizzazione delle attività economiche previste dall’articolo 34 della manovra. Lo prevede un emendamento del governo presentato alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera.
Il processo di liberalizzazione potrebbe però interessare, “entro sei mesi dalla entrata in vigore” della manovra, i servizi di mobilità urbana, dunque anche i taxi, nell’ambito delle più ampie “disposizioni volte a realizzare una compiuta liberalizzazione e una efficiente regolazione nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture”. Lo prevede un emendamento del governo nel quale si sceglie una dizione più ampia (“settore dei trasporti”) rispetto a quella precedente che indicava per il futuro processo di liberalizzazione solo il “settore ferroviario, aereo e marittimo”.
SCENDE A 64 NUMERO COMPONENTI CNEL – Scende a 64 il numero dei Componenti del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Lo stabilisce un emendamento dei relatori, Pier Paolo Baretta e Maurizio Leo, alla manovra. Il decreto stabiliva già una sforbiciata al numero dei componenti del Cnel, portandolo da 111 (più il presidente) a 68. Ora i relatori limano ulteriormente tale cifra sino a 64.

Fonte.ansa.it


Italia fragile e in affanno. Ma stanca delle “furberie”


 
12 dicembre 2011
La crisi economica in Italia ha colpito in particolar modo i giovani. Lo sottolinea il Censis nell’indagine contenuta nel Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011. “La crisi si è abbattuta come una scure su questo universo: tra il 2007 e il 2010 il numero degli occupati è diminuito di 980.000 unità e tra i soli italiani le perdite sono state pari a oltre 1.160.000 occupati”. In tempi di crisi, gli italiani riscoprono il valore della responsabilità collettiva: il 57,3% é disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Anche se il 46% di questi lo farebbe solo in casi eccezionali. “Mentre l’occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, quella sommersa sembra al contrario dare prova di tenuta e trarre semmai un nuovo stimolo di crescita dal difficile momento”. Lo evidenzia il Censis. A partire dal 2008, a fronte di un calo generalizzato dell’occupazione regolare (-4,1%), quella informale aumenta dello 0,6%, portando il livello di irregolarità del lavoro nel 2010 alla soglia del 12,3% e lasciandosi alle spalle i positivi risultati di un decennio. “I cittadini e le imprese si trovano a fare i conti con un sistema dei servizi che mostra evidenti segnali di criticità”: lo sottolinea il Censis nel 45/o Rapporto sulla situazione del Paese spiegando che “la politica di riduzione della spesa pubblica che ha contrassegnato gli ultimi 3 anni, e che segnerà anche il biennio 2012-13, realizzata in molti casi attraverso tagli lineari, sta lasciando il segno”. In particolare il trasporto pubblico locale, già “inadeguato” è stato “drasticamente ridimensionato”.
CRISI ERODE RISPARMIO FAMIGLIE, MA RESISTE MATTONE
La crisi economica degli ultimi anni ha ridotto il reddito disponibile delle famiglie e ha provocato conseguentemente una “caduta della propensione al risparmio” anche “a causa dell’irrigidimento” di alcuni consumi. In questo contesto la riduzione della quota di risparmi sembra però non avere colpito gli investimenti fissi, come le abitazioni. È quanto emerge dal 45/o Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese del Censis. In 10 anni risulta inoltre raddoppiato il valore delle abitazioni.
UN QUARTO DEGLI ITALIANI NON CONDANNA COMMERCIO FALSI
Un quarto degli italiani non disdegna il mercato del falso, ma anzi dimostra di apprezzare la possibilità di acquistare prodotti di abbigliamento e oggetti sulle bancarelle. Lo evidenzia il rapporto del Censis, secondo il quale il 16% dei nostri connazionali non condanna l’acquisto di prodotti falsi, ritenendo anzi che “sia un diritto del consumatore poter scegliere cosa comprare e anche (per un altro 9%) acquistare e possedere prodotti ‘di marca’ a costi contenuti. Nel nostro Paese, informa la fotografia scattata dal Censis, “la domanda di prodotti falsi si mantiene significativamente elevata nel tempo”, anche se prevale chi ritiene che comprare oggetti falsi sia un reato (40%) o una fregatura (35%). Ma un elemento importante che spinge il consumatore a preferire il contraffatto all’originale sono le modalità piuttosto semplici per fare l’acquisto, visto che nel 65,2% si effettua sulle bancarelle, ma anche in spiaggia (16,8%) o nei negozi (15,3%). Negli ultimi 3 anni sono stati più di 56 mila i sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane. Quasi 175 milioni di pezzi, di cui il 57,6% ha riguardato accessori e capi d’abbigliamento; per la parte restante svettano calzature (14,5% del totale, con 11 milioni pezzi sequestrati), occhiali (6,2% e 2,5 milioni di prodotti), orologi e gioielli (5,9%) e apparecchiature elettriche (4,2%). I sequestri di giochi e giocattoli hanno riguardato solo l’1,7% del totale, per un numero però molto elevato di pezzi, circa 23 milioni; allo stesso modo dei cosmetici e profumi, oggetto di appena lo 0,3% dei sequestri che però hanno portato al ritiro di oltre 5 milioni di prodotti.
DA 80% FAMIGLIE ITALIANE NO A PREVIDENZA INTEGRATIVA
Circa l’80% delle famiglie italiane non manifesta alcuna volontà di aderire a schemi previdenziali integrativi in futuro e addirittura in 1 caso su 10 ignora completamente il tema: lo rende noto il Rapporto Censis 2011, secondo il quale tra i capifamiglia occupati la remora principale avanzata, in special modo tra i più giovani, “é il costo in relazione allo stipendio disponibile”, mentre la necessità di integrare la propria contribuzione previdenziale viene più spesso rifiutata e considerata “iniqua” dai capofamiglia di età più avanzata. Ma la scarsa propensione a prendere in esame l’ipotesi di aderire a polizze previdenziali integrative, viene sottolineato, é propria anche di capofamiglia under 40 (il 40% contro una media del 20,4%). Alle difficoltà di tipo economico contribuiscono anche “grandi zone d’ombra e profonde lacune informative, che si aggiungono – sottolinea il Censis – alle difficoltà strutturali che la previdenza integrativa incontra nel suo diffondersi”, proprio in virtù del fatto che i lavoratori più giovani, principali destinatari di questi strumenti, “si trovano in buona parte a dover fronteggiare i rischi connessi all’instabilità lavorativa nel presente”. I capifamiglia fino a 40 anni giudicano “prematuro perché troppo giovane” l’adesione alla previdenza integrativa (per il 40%), o anche “troppo costoso per il mio stipendio” (per il 37,6%). Oltre la soglia dei 40 anni viene giudicato da un 36% “ingiusto pagarla se già pago i contributi” e “troppo costoso” da un altro 28,5%.
IL 98,4% IMMIGRATI FARÀ STUDIARE I PROPRI FIGLI
Una buona parte degli stranieri immigrati nel nostro Paese dimostra ottimismo e fiducia verso il futuro, convinta di essere entrata “in un circuito di crescita, non facile né senza ostacoli, ma progressivo”. In quest’ottica, rivela il Rapporto del Censis, la formazione scolastica viene vista dagli immigrati come lo strumento più importante per garantire un percorso di crescita, tant’è che il 98,4% di questi farà studiare i propri figli, a fronte di un 20% che pensa che studieranno il minimo indispensabile (quota che per gli italiani si attesta al 29,5%). È forte quindi negli immigrati la certezza che il grado di conoscenza possa migliorare nel complesso la qualità della vita dei propri figli, rappresentando uno strumento di riscatto sociale. Dato che viene confermato da un 75,8% che sogna un traguardo finale con il conseguimento della laurea (contro un 64,5% dei nostri connazionali). In ogni caso, rileva ancora lo studio, ben il 74,2% dei genitori immigrati (contro un 40,6% dei genitori italiani) è convinto che i figli riusciranno a trovare la propria strada e conquistare condizioni di vita migliori rispetto a quelle da loro vissute, soprattutto nell’ambito del lavoro dipendente (71,7%), in quello autonomo (53,2%), nello sport (75%) e, parzialmente, nella politica (45,7%).
IL SENSO DELLA FAMIGLIA
Il Censis sottolinea che “ancora oggi i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani”. Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%). Per costruire un’Italia più forte il 50% indica come obiettivo da raggiungere quello della riduzione delle diseguaglianze economiche: per il resto moralità e onestà (55,5%) e rispetto per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani. Dai dati emerge anche una stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole: l’81% condanna duramente l’evasione fiscale, il 43% la reputa moralmente inaccettabile perchè le tasse vanno pagate tutte e per intero, e per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti.

Fonte: avvenire.it



Indennità parlamentari, tagli bloccati. Fini: “Non è un modo per prendere tempo”


 
11 dicembre 2011
Sarà modificata la norma della manovra sul taglio degli stipendi dei parlamentari a partire da gennaio. Ad annunciarlo per primo è stato uno dei relatori, Pier Paolo Baretta del Partito democratico, spiegando: “Non c’è rinvio, la commissione faccia presto. Potrebbe arrivare un emendamento del governo o di noi relatori”. Dunque si arriverà a una modifica. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, difende l’iniziativa: “Escludo che da parte del Parlamento ci possa essere un’azione dilatoria nei confronti dell’adeguamento del trattamento economico di deputati e senatori italiani alla media europea”. Fini però definisce “inappropriato” il tentativo del governo di riformare le indennità per decreto.
In realtà, la manovra del Governo Monti non contiene il taglio agli stipendi dei parlamentari, ma si riserva, nel comma 7 dell’articolo 23, l’intervento con decreto d’urgenza qualora la Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia-Europa (presieduta dal Presidente dell’Istat Enrico Giovannini e composta da quattro esperti, tra cui un rappresentante di Eurostat), non abbia provveduto entro i termini di legge (entro il 31 dicembre) all’individuazione della media dei trattamenti economici europei dei titolari di cariche elettive e di incarichi di vertice delle pubbliche amministrazioni. Già la manovra approvata questa estate dal Governo Berlusconi prescriveva che il trattamento economico non potesse superare la media, ponderata rispetto al pil, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro.
Il “punto di fondo – ha sottolineato Baretta – è che non può essere il governo a ‘recepire’ i risultati ma deve essere il Parlamento”. “Cosa faremo lo vedremo – ha aggiunto il relatore, ricordando che il Parlamento ha già dichiarato di voler assumere i risultati della commissione. Anche il vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio, Massimo Corsaro, dice che non si tratta di un rinvio a tempo indeterminato. “Si sta lavorando per un emendamento – riferisce – in cui si stabilirà un tempo massimo entro cui la commissione Giovannini dovrà intervenire. Eventualmente la nuova formulazione servirà per dare qualche mese in più di tempo”.
In sostanza, se la commissione presieduta da Giovannini non sarà in grado di rispettare la scadenza del 31 dicembre 2011 per completare l’istruttoria sull’adeguamento dei trattamenti alla media europea, l’emendamento prorogherà il termine di qualche mese. Individuati trattamenti economici in media con l’Europa, entro 30 giorni il Parlamento italiano sarà chiamato ad adeguarsi. Da un lato, quindi, uno slittamento, dall’altro lato la formalizzazione, scritta nella manovra, che il Parlamento sia obbligato ad applicare il taglio entro una precisa scadenza.
Dunque gli onorevoli si appellano all’autonomia del Parlamento. Già da giorni, però, si parlava di malumori diffusi tra Camera e Senato. Dopo la cancellazione dei vitalizi, infatti, deputati e senatori erano sul piede di guerra. La norma scritta dal governo Monti, per l’adeguamento dello stipendio a quello dei colleghi europei, potrebbe comportare anche un taglio di diverse migliaia di euro 1.
Il presidente della Camera Fini prova ad arginare le polemiche, dando rassicurazioni sui tempi dell’adeguamento: “La commissione dell’Istat terminerà il proprio lavoro nel più breve tempo possibile, mi auguro che lo faccia nelle prossime settimane, dopodichè le due Camere tradurranno in apposite norme interne il risultato dei lavori”.
La sintonia trasversale sulla modifica alla manovra in merito agli stipendi dei parlamentari si rispecchia nelle dichiarazioni degli esponenti dei due partiti maggiori degli opposti schieramenti. “Non ho nessun dubbio sul fatto che i parlamentari debbano fare la loro parte – dichiara ad esempio Cesare Damiano del Pd, ospite in studio a Tgcom24 -. L’autonomia del parlamento comunque va salvaguardata”. Più tardi, il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, aggiusta il tiro: “La decisione di parametrare lo stipendio dei parlamentari italiani alla media tra quelli dei Paesi europei è già stata presa dalla Camera e, come ha detto il presidente Fini, l’applicheremo in tempi brevi, senza esitazioni e nel rispetto delle regole costituzionali”. Sempre a Tgcom24, l’ex ministro Pdl Mariastella Gelmini dichiara: “Ormai anche tra i parlamentari c’è ampia condivisione sulla necessità di equiparare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli dei colleghi europei. Non è un rinvio, questo taglio ci sarà e c’è una Commissione che sta lavorando in merito”.
Ma su facebook si fa spazio una voce fuori dal coro. E’ quella di Matteo Renzi, Pd, sindaco di Firenze. “Spero sinceramente che si tratti di una bufala – premette -. Ma è davvero possibile che i parlamentari italiani stiano cercando di far saltare dalla manovra la parte che riguarda il loro (piccolo) contributo ai sacrifici? Noi amministratori per chiudere i bilanci facciamo i salti mortali per evitare di tagliare i servizi ai cittadini. E i signori che siedono in Parlamento fanno i giochini sulle loro indennità che sono le più alte d’Europa? Mi accuseranno di demagogia, ma se è vero loro sono senza vergogna”.

Fonte:repubblica.it

Nessun commento:

Posta un commento

Puoi commentare questa notizia.