Purtroppo, parlare di etica dello sport non è servito a
niente. Sono costretto, mio malgrado, ad intervenire nuovamente nei confronti
di Tino Scopelliti che, evidentemente, non ha capito o voluto recepire il mio
personale, ribadisco solo personale, richiamo al rispetto di alcune semplici
regole di comportamento.
La sua risposta, inizialmente pacata, ma più avanti livorosa ed offensiva, ha confermato, se mai ce ne
fosse bisogno, i miei timori iniziali. Io non nutro questi sentimenti, perché
non fanno parte della mia formazione intellettuale e familiare. Nemmeno quando
mi si definisce avvocato “azzeccagarbugli” di manzoniana memoria. Da parte mia
non c’è nessuna chiusura personale verso
l’egregio Tino Scopelliti, e verso qualsiasi altro candidato alla Presidenza
del Coni calabrese. Tuttavia, ho il dovere, come componente di giunta uscente,
di difendere l’operato di un organismo, che abbiamo tutti cercato di guidare
con coscienza, lealtà, passione ed onestà. Gli errori sono sempre possibili, ma
l’umiltà e l’amicizia non sono “peccati” di cui vergognarsi . Nessuno di noi è
infallibile. Ma c’è una cosa sulla quale non abbiamo mai derogato, il profondo
rispetto per chiunque si avvicinasse al nostro settore e entrasse a far parte di un qualsiasi organismo. Aspirare
a praticare, sostenere, affiancare lo sport, a qualsiasi livello, è come
entrare a far parte di una famiglia, sicuramente allargata, ma pur sempre una
famiglia.
Mettersi in gioco, candidandosi alla guida di un organismo
importante come il Coni regionale, non vuol
dire, invece, pretendere di entrare “a gamba tesa” in campo, per “abbattere”
l’avversario, eliminarlo fisicamente, attaccare
ed inveire a man bassa contro tutti, offendendoli, definendoli poco credibili, o
addirittura, di non aver fatto nulla nel corso del loro mandato.
Non sono questi i toni con i quali si può sperare di trovare
consenso, aggregare soggetti attorno ad
una idea o ad un progetto. Non lo sono:
specialmente nello sport, che è condivisione, amicizia, unità di intenti, spirito
di gruppo. In Tino Scopelliti c’è forse una confusione di ruoli. La sua non è
una candidatura politica, che tanto più si afferma, quanto più viene demolito l’avversario
e giudicata inconsistente la sua
attività.
E’ vero che il dibattito politico di questi ultimi anni, da
una parte e dall’altra, ci ha abituati a ben altro. Ma “cribbio” come direbbe
qualcuno, qui la politica non c’entra. (Lo spero vivamente). Perché è lo sport,
con i suoi valori, sacri, con i suoi principi incancellabili, ad essere al centro
di questo confronto.
E’ vero che non ho partecipato al Congresso di Alleanza
Sportiva Italiana, del 20 ottobre u.s., tuttavia ho avuto la possibilità di
seguirlo on-line su un sito di una importante testata giornalistica. Non c’è
dubbio, però, che le frasi pronunciate, seppure residuali rispetto
all’intervento nel suo insieme, risultano oltremodo offensive ed ingiuriose per
la persona del Presidente del Coni regionale e per lo sport in generale. Poi,
si può parlare di altro, annunciare progetti e proposte, di cui ancora peraltro
non c’è traccia, e immaginare un futuro nuovo e rivoluzionario per lo sport
calabrese.
Non mi pare di aver “diffamato” o “denigrato” l’immagine di
Tino Scopelliti. Non ne avevo
l’intenzione e non ce n’era bisogno. Semmai sono denigratorie e diffamanti
alcune sue affermazioni, come quella in cui mi si accusa di “voler continuare a
sedere e dormire sulla poltrona del Coni regionale”. E’ un giudizio di cui non
può avere diritto, considerato che non ha mai partecipato ai nostri lavori ed
alle nostre attività. Il giudizio sul mio operato lo daranno altri, sicuramente
più legittimati a farlo.
Per quanto riguarda la mia presunta velleità a fermare la
“ondata di cambiamento di pensiero” nello sport calabrese, non credo di essere
così onnipotente. Ma come diceva il Sindaco della Primavera di Reggio, il
compianto Italo Falcomatà: “Una mosca non impensierisce un cavallo, ma tante
mosche insieme possono ucciderlo”.
C’è poi da dire che non ho mai avuto paura dei cambiamenti,
nemmeno delle rivoluzioni, anche perché mi ritengo orgogliosamente, “figlio
della Liberazione”. Ogni cambiamento, ogni evoluzione, rappresentano sempre una
cosa positiva. Ma restando fedeli a principi e valori che sono irrinunciabili
in un determinato settore. E lo sport ne ha da vendere. Quanto poi, al diffuso
malcontento ed alla assoluta inoperosità della Giunta del Coni regionale di cui
parla Tino Scopelliti è tutto da provare. Saranno le urne a decretarlo. Non
certo il suo sommario e superficiale giudizio.
Personalmente faccio parte del mondo del Coni calabrese dal
lontano 1981. Sono quasi trentadue anni,
e più di dieci vissuti accanto al Presidente Mimmo Praticò. Sono stati anni
esaltanti, in cui con dignità, passione, dedizione si è cercato di far crescere
e sviluppare lo sport calabrese. Superando enormi difficoltà, soprattutto di
tipo economico, anche per i profondi tagli subiti dal Coni nazionale in questi
anni e con l’assenza totale degli Enti territoriali. E sopperendo umilmente e
dignitosamente alle difficoltà che si presentavano di volta in volta, in
qualsiasi occasione. Non credo che questo sia un peccato di cui vergognarsi.
Nemmeno quello di distribuire “bottigliette d’acqua in campo”, che non si è mai
pensato di far passare come “merito sportivo”, ma che è stato compiuto in
spirito di servizio, così come ha fatto il Ministro dello Sport del Nicaragua,
Carlos Garcia, nel 1994 nello stadio di Managua, in occasione dei
Campionati mondiali di Baseball, a cui
ho avuto l’onore di partecipare nella qualità di dirigente che accompagnava la
nazionale di baseball.
Non credo, poi, che definire una persona “novello messia”
sia un termine blasfemo. Nella cultura cristiana, effettivamente, il termine
“messia” coincide con la figura di Gesù. Ma nell’accezione più ampia, ed era
questo il mio scopo, il termine vuol dire “Re unto”, come colui che assurge a
diventare divinità. Tuttavia, se ho
peccato, come dice Tino Scopelliti, da buon scout cattolico adulto quale sono, domenica
prossima, da Pubblicano e non come Fariseo, andrò dal mio parroco, Don Luigi, a
confessarmi.
Personalmente mi ritengo uno che è stato sempre “in campo”.
Lo dimostra la mia lunga storia sportiva. Non sono certo uno che appare
improvvisamente dal nulla. Mi pare strano, però, che nonostante la sua lunga
militanza sportiva, l’egregio Tino Scopelliti mi chieda oggi dove sia stato
finora. Forse è il caso che, invece, ci si chieda dove sia stato lui che non rammenta i
dirigenti delle federazioni.
Infine, per quanto riguarda “il foglio completamente bianco”,
privo di iniziative di cui Tino Scopelliti parla nella sua risposta, lo invito
a girarlo, e ad aprirlo, perché ci troverà la storia di una vita dentro lo
sport e per lo sport.
Concludo, con la speranza di essere stato molto attento al
lessico, all’ipotassi ed alla paratassi, nella stesura di questo scritto;
affinché non produca ulteriori malintesi ed errate interpretazioni che ci
porterebbero lontano anche dai veri problemi dello sport calabrese di cui
dovremmo invece discutere. Venga Lei, e ne parliamo.
Maurizio Condipodero
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