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giovedì 17 novembre 2011

ADICO: le news

Otto milioni di italiani in “sofferenza”. I disoccupati veri sono 3,5 milioni


17 novembre 2011
Circa otto milioni di persone in “sofferenza” a causa della “radicale modifica” della struttura del mercato del lavoro. La stima contenuta nel rapporto curato dall’Ires Cgil tiene conto di “disoccupati, inattivi, cassintegrati, precari e part time involontari”, una platea che si è allargata negli ultimi anni a causa di “un mercato del lavoro sempre più ‘atipico’: scenario della crisi”, come recita il titolo del documento. Lo studio ripercorre gli ultimi quattro anni dell’occupazione italiana (dal 2007 al primo semestre di quest’anno), mettendo a fuoco l’impatto della crisi in corso nel mondo del lavoro. In questo quadro l’area della disoccupazione allargata, che comprende tutti i disoccupati registrati dall’Istat e tutti gli inattivi in età da lavoro, raggiunge i tre milioni e mezzo di persone.
Dal rapporto emerge dunque “un quadro nero”: a fronte della caduta del Prodotto interno loro italiano nel passato biennio, che ha determinato nel decennio 2001-2010 una performance di crescita dello 0,2% contro l’1,3% della media Ue, si è avuta una “caduta drammatica dell’occupazione” con oltre 530 mila occupati in meno, sempre nel biennio di crisi, che ha interessato prima il lavoro temporaneo e poi le posizioni stabili.
Contestualmente, si legge nel rapporto, sono aumentate la disoccupazione e l’inattività, quest’ultima non ‘intercettata’ dagli indicatori tradizionali di calcolo del tasso di disoccupazione. Lo studio infatti ritiene”restrittivi” i criteri per definire il tasso di disoccupazione, ovvero il binomio ricerca attiva di un lavoro e disponibilità a lavorare, come sostenuto recentemente anche dall’Istituto di statistica. L’area delladisoccupazione allargata, che comprende tutti i disoccupati Istat e tutti gli inattivi in età da lavoro, risulta molto più vasta di quella della disoccupazione ufficiale. In particolare, nel 2010 ha contato, secondo l’Ires, circa tre milioni e mezzo milioni di persone, di cui un milione e mezzo senza impiego, e più della metà residenti nel Mezzogiorno. Non quindi una forzatura, ma “la consapevolezza che la crisi ha dilatato i tempi delle disoccupazione”, come osserva la direttrice Giovanna Altieri, nel segnalare che “aumenta il peso di quanti cercano un impiego per un periodo compreso tra sei e 23 mesi”.
Il tasso di disoccupazione ha cominciato a crescere nel 2008 arrivando all’8,4% lo scorso anno, media tra il 13,4% nel Mezzogiorno e il 6,4% nel Centro-Nord. Risalta ancora una volta negativamente il dato relativo alle donne: il tasso di disoccupazione femminile lo scorso anno è stato pari al 9,7%, con il Mezzogiorno in sofferenza al 15,8% e il Centro-Nord al 7,6%
Gli scoraggiati, coloro che rinunciano alla ricerca di un’occupazione perché convinti che non riusciranno a trovarla, erano nel 2007 l’8,8% degli inattivi in età da lavoro, circa 1.290.000 persone. Nel 2010 il loro peso è salito al 10,1%, dato equivalente a quasi un milione e mezzo di individui. L’aumento, spiega il rapporto, ha interessato tanto il Centro-Nord (dal 4% al 5,3%) quanto il Mezzogiorno (dal 14,7% al 15,8%), dove peraltro si concentra nel 2010 il 72% degli scoraggiati, vale a dire 1.080.000 persone. Per quanto la crisi abbia alimentato lo scoraggiamento soprattutto tra gli uomini meridionali e le donne del centro-nord, l’aggregato conserva un “carattere prettamente femminile”, come osserva l’Ires, rappresentando le donne, ancora nel 2010, più dei due terzi dell’insieme.
La categoria più penalizzata, come emerge da ogni nuovo rapporto e da ogni nuovo dato statistico, è quella dei giovani tra i 15 e i 34 anni. In due anni, spiega il rapporto, perdono 854 mila occupati, vale a dire il 12% di 7 milioni 110 mila stimati nel 2008-9. Nel dettaglio per classi decennali, gli occupati più giovani (fino a 24 anni) diminuiscono relativamente di più (-15,9%, vale a dire -235 mila unità) mentre i meno giovani, ovvero le “nuove generazioni” o “giovani adulti”, di 25-34 anni, si riducono dell’11%, percentuale equivalente a una perdita in termini assoluti molto più consistente (-619 mila).

Fonte: la repubblica.it

 

Ue: da oggi solo sigarette ‘anti-incendio’. Se lasciate abbandonate, si spengono da sole


17 novembre 2011
Ogni anno si verificano circa 30.000 incendi, con mille morti e 4.000 feriti. Il vecchio tipo potrà essere venduto fino ad esaurimento delle scorte dei produttori.
Da oggi i produttori di tabacco saranno obbligati a immettere sul mercato europeo solo un nuovo tipo di sigaretta detta a “bassa infiammabilità” che si spegne da sola. Obiettivo: diminuire il numero degli incendi che ogni anno a decine di migliaia vengono innescati dall’abbandono di sigarette ancora accese.
“Una sigaretta completamente sicura non esiste. Le nuove norme che entreranno presto in vigore obbligheranno però i produttori” ad applicare questa misura per “proteggere centinaia di cittadini dal rischio di incendio”, ha dichiarato il Commissario europeo alla Sanità, John Dalli.
Queste sigarette hanno la particolarità di spegnersi da sole. I produttori hanno inserito un anello di carta più spesso in due punti della sigaretta. Se abbandonata, la sigaretta si spegne da sola quando raggiunge uno di questi anelli che riducono l’apporto di ossigeno: il tempo di combustione meno elevato fa diminuire il rischio di incendi. Questa misura di sicurezza è già applicata negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e nell’Unione, in Finlandia dall’aprile 2010.
Le nuove norme saranno pubblicate giovedì sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue. Spetterà in seguito alle autorità nazionali vegliare sull’applicazione della misura che concernerà le nuove sigarette immesse sul mercato. Quelle ancora in stock potranno continuare ad essere vendute.
Secondo i dati disponibili per il periodo 2003-2008 nell’Ue, la sigaretta provoca più di 30.000 incendi all’anno, che causano più di 1.000 morti e più di 4.000 feriti in media. L’esperienza della Finlandia, dove il numero di queste vittime è diminuito del 43%, mostra che circa 500 vite potrebbero essere salvate nell’Ue ogni anno, secondo la Commissione.

Fonte: quotidiano.net

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