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martedì 23 agosto 2011

ADICO: le news



L’aumento dell’iva comporterà alle famiglie italiane un ulteriore esborso di 250 euro annui

23 agosto 2011
Si lavora alle modifiche da apportate alla manovra agostana. E in queste ore si fa sempre più strada l’ipotesi di un possibile aumento dell’Iva che andrebbe a sostituire il contributo di solidarietà. Attualmente il decreto legge prevede un contributo Irpef da parte dei redditi più alti, pari al 5% per la parte di reddito eccedente i 90.000 euro che salirebbe al 10% per gli importi eccedenti i 150.000 euro. Il contributo di solidarietà potrebbe quindi essere cancellato e le risorse necessarie potrebbero arrivare dall’incremento dell’Imposta sul valore aggiunto.
L’aumento dell’Iva andrà a colpire ancora una volta i redditi medio bassi, quelli stritolati dalla crisi e dalle retribuzioni super tassate – denuncia il presidente dell’Adico, Carlo Garofolini – si tratterebbe dell’ennesimo provvedimento a sfavore dei più deboli e delle famiglie.
Secondo gli esperti dell’Adico, infatti l’incremento dell’iva peserà per circa 250 euro di costi addizionali sui consumi medi della famiglia italiana.


II danno da vacanza rovinata nel nuovo “Codice del turismo”

21 agosto 2011
Con il D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 è entrato in vigore, a far data dal 21 giugno 2011, il nuovo Codice del Turismo.
La novità meritevole di nota è senza dubbio rappresentata dalla rubrica dell’art. 47, “danno da vacanza rovinata”, che prevede “nel caso in cui l’inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del dannocorrelato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”. Grazie alla sentenza della Corte Europea, “l’art. 5 della Direttiva del Consiglio n. 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso”, viene “interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in esecuzione di un contratto turistico rientrante nel campo di applicazione della direttiva”.
Ben presto, la giurisprudenza di merito delle Corti italiane, accogliendo tale orientamento, ha qualificato tale tipologia di danno quale emotional distress ossia “un pregiudizio morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere appieno dei benefici della vacanza”. Più precisamente, “Il danno consistente nel pregiudizio rappresentato dal disagio e dalla afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative, vedendo così definitivamente compromesse la possibilità di realizzare un progetto teso al miglioramento delle potenzialità psico-fisiche, attraverso l’allentamento delle tensioni nervose connaturate all’intensità della vita moderna, e al miglioramento delle complessive condizioni di vita per la conseguita capacità di reinserirsi nell’abituale contesto sociale, familiare e lavorativo ed affrontare così gli aspetti negativi in maniera meno drammatica e più distesa”.
Sempre più spesso – purtroppo – le aspettative del turista vengono frustrate a causa di carenze o imprecisioni informative dovute al livello della qualità dell’alloggio, dei trasporti e dei servizi che non corrispondono agli standards garantiti. Indubbiamente, tali circostanze degradano il viaggio, da occasione di svago e di piacere, a momento di disagio psico-fisicoderivante dalla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto. In tal senso, il mancato godimento della vacanza, configurandosi come un danno strettamente legato all’inesatta o mancata esecuzione delle obbligazioni derivanti dal contratto di vendita del pacchetto turistico, legittima il consumatore-turista a chiedere tale risarcimento solo nei confronti dei soggetti contrattualmente obbligati, ossia il venditore e l’organizzatore del viaggio. Ovviamente, qualora ai fini dell’esecuzione delle varie prestazioni, l’organizzatore o il venditore si avvalgano del servizio reso da terzi rispondono anche del fatto di costoro, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti.
In virtù del contratto “all inclusive” stipulato dal turista-consumatore, la finalità di vacanza e di svago entra a far parte del contenuto negoziale, costituendo elemento caratterizzante della causa del contratto stesso e obbligando, così, il venditore/organizzatore a garantire la fruizione della vacanza secondo gli accordi conclusi. L’eventuale inadempimento di questa obbligazione determina tout court il risarcimento del danno da vacanza rovinata, configurabile esclusivamente in relazione al contratto di viaggio, il cui oggetto è il godimento delle utilità promesse dal tour operator e/o dall’agenzia di viaggi venditrice del pacchetto.
In definitiva, la frustrazione della finalità di svago si traduce in un vizio funzionale che determina l’estinzione del rapporto obbligatorio, come confermato da un recente arresto giurisprudenziale (Cass. 24 luglio 2007, n.16315), laddove si riconosce che “la finalità turistica o lo scopo di piacere della vacanza non costituisce un motivo irrilevante, ma connota la causa concreta del contratto di viaggio in quanto è funzionale e strumentale alla realizzazione dell’interesse a usufruire di una vacanza di riposo e di svago”.
La giurisprudenza di merito più recente ha ricostruito il danno da vacanza rovinata come danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale; in particolare, la risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, è stata fondata sul combinato disposto dell’art. 2059 c.c. e dell’art. 92 comma 2 del Codice del Consumo il quale riconosce alconsumatore il diritto al risarcimento di “ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto”.
Posto, dunque, che da tempo il danno da vacanza rovinata è riconosciuto pacificamente da dottrina e giurisprudenza, il problema più insidioso rimane oggi la quantificazione monetaria del danno risarcibile.
Sono due le voci di danno da prendere in considerazione: il pregiudizio economico degli esborsi sostenuti e il danno morale dovuto a delusione e stress subiti a causa del disservizio. Il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile e corrisponde al prezzo del viaggio acquistato in casodi mancato godimento della vacanza o in una riduzione del prezzo medesimo nel caso in cui il consumatore non abbia potuto godere pienamente della vacanza, in quanto rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi. Più difficile è, invece, quantificare il danno morale subito dal turista, risultando pressoché impossibile fornire una prova certa dello stress o della delusione subiti a causa del mancato godimento di una vacanza. In questi casi, la liquidazione del danno morale subito dal turista deluso dovrà avvenire in maniera equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.. e dovrà tener conto di tanti fattori, tra i quali l’irripetibilità del viaggio (classico è l’esempio del viaggio di nozze), il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore (tipico è il viaggio per ricongiungersi ai famigliari nel giorno di Natale), lo stress subito a causa dei disservizi o la delusione per la cancellazione improvvisa del viaggio.


Troppa tv uccide: 22 minuti di vita in meno per ogni ora passata davanti al piccolo schermo

22 agosto 2011
Un’ora di televisione fa lo stesso effetto che fumare 2 sigarette: per ogni 60 minuti passati immobili davanti al piccolo schermo, la vita si accorcia di 22 minuti. Per un totale di quasi 5 anni di vita persi nel caso patologico di un ipotetico ‘drogato’ di tv che dedichi al suo hobby preferito addirittura 6 ore al giorno. A rilanciare l’allarme e’ uno studio australiano pubblicato sul ‘British Journal of Sports Medicine’, condotto dai ricercatori dell’universita’ del Queensland su dati relativi a 11 mila adulti over 25.
Gli scienziati hanno stimato che nel 2008 gli adulti australiani ultra 25enni hanno passato 9,8 miliardi di ore davanti al video, associate a 286 mila anni di vita persi prematuramente. E da un’estrapolazione sulla base di questa ‘equazione’ arriva il dato choc: 22 minuti di vita bruciati per ogni ora di tv, il doppio del tempo che si manda ‘in fumo’ aspirando una sigaretta (11 minuti).
Non solo: l’1% di spettatori che si attacca allo schermo addirittura per 6 ore al giorno, incalzano gli autori, rischia di morire 4,8 anni prima rispetto a chi – all’opposto degli estremi – snobba completamente la tv.
“Il tempo trascorso guardando la tv – sostengono quindi gli studiosi australiani – e’ associato a una riduzione dell’aspettativa paragonabile a quella legata ai principali fattori di rischio per malattie croniche, come l’inattivita’ fisica o l’obesita’”.
E poco importa se i calcoli degli autori sono basati su dati australiani: “Gli effetti della tv negli altri Paesi del mondo industrializzato sono con ogni probabilita’ comparabili”, assicurano gli esperti, considerando che nelle nazioni piu’ sviluppate del pianeta le malattie ‘big killer’ sono sostanzialmente le stesse e che le ore passate davanti al piccolo schermo sono in media molte: 4 al giorno nel Regno Unito, come ricorda oggi il britannico ‘Daily Mail’, e 5 negli Usa.
Non è certo la prima volta che la scienza punta il dito contro gli effetti dell’abuso di tv sulla salute. All’inizio di quest’anno uno studio aveva dimostrato che il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2 (la forma associata ai cattivi stili di vita) e malattie cardiache aumenta del 20% dopo appena 2 ore di tv al giorno. E che l’eccessivo ‘attaccamento’ alla televisione andrebbe considerato rischioso quanto fumare, ingrassare o non fare sport e’ la conclusione a cui arriva in queste ore anche un altro studio contemporaneo a quello australiano, condotto a Taiwan e pubblicato online su ‘Lancet’.
Quotidiano.net



Istituzioni e ambientalisti contro la Shell: “Sull’incidente non è stata trasparente”

21 agosto 2011
Il silenzio della compagnia anglo-olandese sul disastro petrolifero al largo delle coste scozzesi non è piaciuto a politici e Greenpeace Uk che ora chiedono nuove misure di sicurezza per le trivellazioni offshore.
Meno grave del disastro petrolifero al largo del Golfo del Messico, ma tecnica nel tentativo di minimizzare, se non nascondere l’accaduto. La Shell ha infatti atteso due giorni, prima di rivelare al pubblico l’incidente occorso mercoledì scorso presso la Gannet Alpha, una piattaforma al largo delle coste scozzesi a circa 180 km ad est di Aberdeen. È la peggiore fuoriuscita di petrolio degli ultimi dieci anni in acque britanniche, con 55mila galloni di oro nero già riversati in mare.
La compagnia anglo-olandese è stata accusata sia da parlamentari scozzesi che da Greenpeace Uk di “non essere stata affatto trasparente” riguardo a quanto successo, criticando il suo silenzio di ben 48 ore. La prima falla, principale responsabile dello sversamento, è stata chiusa; così come uno dei due pozzi della piattaforma. Ne è stata però individuata una seconda, più piccola ma più difficile da gestire.
Per le associazioni ambientaliste, in un momento dell’anno così delicato per la riproduzione e le migrazioni di molte specie, l’incidente potrebbe essere fatale per interi ecosistemi. Preoccupazione anche da parte del governo britannico, secondo cui questa “fuoriuscita sostanziosa” potrebbe rivelarsi superiore a quella del disastro ambientale del 2000, quando si dispersero in mare oltre 500 tonnellate di petrolio.
Shell, già balzata in primo piano nelle cronache mondiali di questi giorni per le rivelazioni Unep sugli enormi danni ambientali da essa causati in Ogoniland, nel Delta del Niger, è più che decisa a salvare la propria immagine di fronte all’opinione pubblica globale: “La perdita è sotto controllo”, assicurano dalla compagnia. Che, stando alle affermazioni di Glen Cayley, direttore tecnico delle attività esplorative e produttive di Shell in Europa, “tiene molto all’ambiente” e “si rammarica” per l’accaduto. È anche per questo che, afferma Cayley, si è agito in modo “pronto ed appropriato”. Per la compagnia, inoltre, i forti venti e le onde degli scorsi giorni hanno ridotto già di molto la macchia nera visibile sulle acque.
I 1.300 barili di petrolio sversati in mare dalla Gannet Alpha, anche se sommati ai circa 50 che ogni giorno la seconda falla sta continuando a rilasciare nelle acque scozzesi, sono in effetti una quantità molto ridotta rispetto ai 70.000 barili quotidiani con cui la Deepwater Horizon della Bp ha avvelenato per mesi il Golfo del Messico.
Ciononostante per Sarah Boyack, referente ambientale del partito Laburista nel Parlamento di Edimburgo, le persone hanno bisogno di maggiori rassicurazioni da parte delle agenzie governative coinvolte nel controllo di eventi come questo. “Voglio sapere quali piani di contingenza sono stati messi a punto per fronteggiare le maggiori fuoriuscite di petrolio”, fa presente Boyack: “Vorrei anche sapere quali lezioni hanno imparato [le agenzie governative] dal disastro della Deepwater Horizon, in relazione alla protezione dell’ambiente, della salute pubblica e dell’industria ittica”.
L’estrazione petrolifera nel Mare del Nord, ritenuta da sempre “la più sicura” al mondo, evidentemente non è immune da incidenti. Per molti è quindi il momento di riflettere seriamente sull’effettiva necessità di trivellare l’Artico, come sempre più compagnie petrolifere sono intenzionate a fare.
Per Vicky Wyatt, senior oil campaigner di Greenpeace, dato che il ritiro dei ghiacci di ampie zone al di sopra del Circolo Polare Artico permetterà ai giganti petroliferi come Shell di iniziare ad esplorare il Polo Nord, la compagnia ha “importanti domande a cui rispondere”.
Soprattutto ora che il governo britannico ha rilasciato ben 26 nuove licenze per l’esplorazione petrolifera in acque profonde a ovest delle Isole Shetland. E che giusto in questi giorni, negli Usa, l’Amministrazione Obama ha concesso proprio a Shell di perforare i fondali al largo delle coste artiche dell’Alaska per future estrazioni.
“Se Shell non è in grado di impedire una fuoriuscita di petrolio nel ‘sicurissimo’ Mare del Nord – chiosa Wyatt – c’è da chiedersi come farebbe a gestirla nel fragile ed incontaminato Artico, dove le fughe di petrolio sono praticamente impossibili da ripulire”.
il Fatto Quotidiano


Tasse locali, in quindici anni sono cresciute del 138 %
21 agosto 2011
Una crescita addirittura a tre cifre: tra il 1995 e il 2010 la tassazione a livello locale è aumentata del 137,9%. In termini assoluti, le entrate fiscali delle Amministrazioni locali (Comuni, Province, Regioni) sono passate da 40,58 miliardi a 96,55 miliardi di euro. Sono questi i principali risultati emersi da una elaborazione realizzata dalla Cgia di Mestre, dati a prezzi costanti 2010, ovvero al netto dell’inflazione.
Secondo La Cgia, inoltre, l’amministrazione centrale ha invece ha incrementato le entrate “solo” del 6,8%. Se nel 1995 il gettito era di 326,69 miliardi, nel 2010 ha raggiunto i 348,92 miliardi di euro, mentre il Pil, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto nel nostro Paese del 19,1%.
“L’aumento della tassazione locale – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ’90. L’introduzione dell’Ici, dell’Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle Autonomie locali. Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi 20 anni Regioni e Comuni – prosegue Bortolussi – sono diventate responsabili della gestione di settori importanti come la sanità, il sociale e il trasporto pubblico locale, senza aver ricevuto un corrispondente aumento dei trasferimenti. Anzi. La situazione dei nostri conti pubblici ha costretto lo Stato centrale a ridurli progressivamente, creando non pochi problemi di bilancio a tante piccole realtà amministrative locali che si sono ‘difese’ aumentando le tasse locali. I fortissimi tagli imposti dalle manovre correttive di luglio e di Ferragosto rischiano di peggiorare la situazione e di demolire lo strumento che in qualche modo poteva invertire la tendenza, ovvero il federalismo fiscale. Pertanto, nei prossimi anni, alle Autonomie locali non resteranno che due strade da percorrere: o tagliare i servizi erogati o aumentare le entrate locali. In entrambi i casi a rimetterci saranno comunque i cittadini e le imprese”.
repubblica.it


Borse, l’Europa brucia 94 miliardi. Piazza Affari maglia nera d’Europa

19 agosto 2011
L’Europa non è riuscita nel tentativo di ribaltare il terribile responso della vigilia, schiacciata dai timori di recessione rilanciati da Jp Morgan. E in parte complice il profondo rosso della chiusura precedente a Wall Street (seguita dal tracollo delle Borse asiatiche, dove Seul ha perso oltre il 6% e Tokio il 2,5%), l’impostazione fiacca si è imposta sui mercati fin dal mattino nel Vecchio Continente. Il trascorrere delle ore non ha portato sostanziali buone notizie, anche se il tentativo di recupero di Wall Street, che ha cominciato la seduta in tono molto volatile ma ad un certo punto ha anche recuperato quota 11mila punti del Dow Jones, ha dato una mano ai listini europei, che hanno chiuso la giornata sopra i minimi anche se in profondo rosso. Ancora una volta la peggiore è stata Piazza Affari, che ha lasciato sul terreno il 2,46% dell’indice a maggior capitalizzazione, seguita a ruota da Francoforte, che ha perso il 2,19% mentre Parigi ha ceduto l’1,92% e Londra l’1,01%.
Complessivamente, l’Europa ha bruciato 94 miliardi di capitalizzazione, mentre la politica tenta di trovare una risposta alla gravissima crisi finanziaria. Oggi il commissario agli Affari economici e monetari dell’Unione europea, Olli Rehn, ha affermato che l’Ue potrebbe mettere a punto una bozza sull’emissione comune di eurobond e presentare uno studio sulla fattibilità. “La Commissione si è offerta di presentare un report al Parlamento europeo e al Consiglio per mettere a punto un sistema di emissioni comuni per i titoli di Stato europei”, ha dichiarato. Ipotesi immediatamente gelata da Angela Merkel, che senza giri di parole ha bocciato l’idea: “Non la vogliamo”, riporta seccamente la Bloomberg aggiungendo che con una “collettivizzazione” del debito in Europa, i Paesi membri starebbero peggio di prima: “Si tratta di un pendio scivoloso, la situazione potrebbe peggiorare e noi non vogliamo arrivare a questo. Se tutti i debiti venissero messi in un solo contenitore non capiremmo da dove vengono. Gli eurobond non darebbero la possibilità o il diritto ai più di intervenire per forzare la disciplina finanziaria degli altri”, ha spiegato la Merkel.
Considerazioni che hanno contribuito a raggelare gli umori dei mercati europei, proprio nella parte finale della seduta. Nel frattempo il quadro macro rischia ancora di peggiorare. Oggi è stata Jp Morgan a lanciare un nuovo allarme, con una revisione al ribasso delle stime di crescita degli Stati Uniti. Secondo gli analisti i rischi di recessione sono “chiaramente elevati”, mentre le previsioni per il terzo trimestre mostrano una crescita solo “moderatamente più debole”, rispetto alle precedenti stime. Gli analisti hanno portato all’1% la stima sul pil degli ultimi tre mesi dell’anno, contro il 2,5% atteso in precedenza, e quella del primo trimestre 2012 è stata portata allo 0,5% dall’1,5%.
Speculare al clima di timori finanziari la reazione dell’oro, tornato a splendere ai massimi livelli come bene rifugio: oggi a metà seduta le quotazioni si sono portate al nuovo picco di 1.878,18 dollari per oncia, per poi ripiegare leggermente ma ormai secondo molti analisti quota 1.900 è a portata di mano. Al contrario il dollaro ha toccato un nuovo minimo storico rispetto allo yen, scendendo a 75,93 (salvo poi recuperare nel finale a 76,28). Rispetto all’euro il rapporto di parità si è assestato a 1,4397 contro 1,4315.
A Piazza Affari, un po’ come nel resto dell’Europa, hanno sofferto molto i titoli legati alle auto e alle banche: Fiat Industrial (-6,40%) Fiat spa (-4,30% e la controllante Exor in perdita del 3,72% ) mentre nel settore bancario Unicredit e Intesa SanPaolo, che hanno ceduto rispettivamente il 5,81% e il 5,35%. Male anche Ubi (-4,29%) e debole Mps (-2,31%), mentre ha tenuto Mediobanca (+0,16%). La Banca popolare di Milano invece ha chiuso in rialzo del 3,2%
di VITTORIA PULEDDA
repubblica.it

Il Papa a Madrid: “Un lavoro degno per i giovani”

19 agosto 2011
In occasione della Giornata mondiale della Gioventù che si sta svolgendo a Madrid, il Papa Benedetto XVI si è rivolto alle centinaia di migliaia di ragazzi radunati nella Plaza de Cibeles, nel centro della capitale spagnola, per la festa di accoglienza ed ha affrontato alcune delle tematiche più urgenti che riguardano l’universo giovanile: «Nel mondo di oggi non mancano difficoltà». Ci sono «scontri anche con spargimento di sangue», attentati «all’altissimo valore della persona umana», non sempre «si rispetta l’ambiente e la natura». I giovani «guardano con preoccupazione al futuro di fronte alla difficoltà di trovare un lavoro degno».
“La giustizia e l’altissimo valore della persona umana si sottomettono facilmente a interessi egoisti, materiali e ideologici” ha detto Ratzinger nel suo discorso, primo atto ufficiale della sua presenza in Spagna. “Certamente – ha osservato – non mancano difficoltà” e “sussistono tensioni e scontri aperti, in tanti luoghi del mondo, anche con spargimento di sangue” mentre “non sempre si rispetta l’ambiente e la natura”. “Molti giovani guardano con preoccupazione al futuro, di fronte alle difficoltà di trovare un lavoro degno, o perché l’hanno perduto o perché precario e insicuro” ha sottolineato il Papa. “Altri giovani – ha proseguito il Pontefice – hanno bisogno di essere messi in guardia per non cadere nella rete della droga; o di avere un’assistenza efficace se, purtroppo, vi fossero caduti”. “Niente e nessuno vi tolga la pace” è il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto ai giovani “con tutta la forza del mio cuore”. “Non pochi – ha lamentato il Pontefice – a causa della loro fede in Cristo, soffrono in se stessi la discriminazione, che arriva al disprezzo e alla persecuzione aperta od occulta, che patiscono in determinate regioni e Paesi. Li si perseguita – ha aggiunto – volendo allontanarli da Lui, privandoli dei segni della sua presenza nella vita pubblica e mettendo a tacere perfino il suo santo nome”. Da Benedetto XVI è arrivata allora un’esortazione ai giovani: “Non vergognatevi del Signore: Egli non ha avuto riserve nel farsi uno come noi e sperimentare le nostre angustie per portarle a Dio. E così, ci ha salvato”. “Rimanere saldi nella fede, annunciarla e testimoniarla apertamente, con la propria vita” è la via indicata ai giovani ai quali il Papa chiede “una testimonianza coraggiosa e piena d’amore per il fratello, decisa e prudente al contempo, senza nascondere la propria identità cristiana, in un clima di rispettosa convivenza con altre legittime opzioni ed esigendo nello stesso tempo il dovuto rispetto per le proprie”. E le Giornate mondiali della Gioventù offrono ai giovani “un’occasione privilegiata per mettere in comune le loro aspirazioni, scambiare reciprocamente la ricchezza delle proprie culture ed esperienze, animarsi l’un l’altro in un cammino di fede e di vita”. In questo cammino, osserva Ratzinger, “alcuni si credono soli o ignorati nei propri ambienti quotidiani; invece no, non sono soli. Molti coetanei condividono i loro stessi propositi e sanno che hanno realmente un futuro davanti a loro e non temono gli impegni decisivi che danno pienezza a tutta la vita”. Nel suo primo discorso a Madrid, Benedetto XVI ha tra l’altro ricordato che la Spagna ha “profonde radici cristiane, molto feconde nel corso dei secoli”, esprimendo “stima e vicinanza a tutte le genti della Spagna” e “ammirazione verso un Paese così ricco di storia e cultura”, nonché “per la vitalità della fede”.


La Finanziaria del governo cancella lo Statuto dei lavoratori

18 agosto 2011
Dopo le critiche di Cgil e opposizioni sulla parte della manovra che introduce il licenziamento facile, arriva la nota dell’ufficio studi del Senato: “Deroga le leggi vigenti”, articolo 18 compreso
“Se la destra intende cancellare lo Statuto dei lavoratori lo dica e non si nasconda dietro norme implicite”. E’ un fiume in piena Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi, che commenta la nota diffusa dall’Ufficio studi del Senato, secondo cui l’articolo 8 della manovra prevede implicitamente la possibilità di derogare le leggi in vigore, Statuto dei lavoratori compreso. Poco importa se subito dopo l’ufficio stampa di Palazzo Madama si affretta a chiarire che il documento esaminato è solo una bozza. Eppure il 14 agosto, quando Maurizio Sacconi illustrava i contenuti di sua competenza della Finanziaria , giurava: “L’articolo 18 non è stato toccato”. Anzi, per il ministro del Welfare, il corpus di normative che regolamentano il mondo del lavoro usciva sostanzialmente intatto dalla legge del governo. Compreso il famoso codice-baluardo che vieta il “licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo”.
Secondo Sacconi, l’articolo 8 del decreto “incentiva la contrattazione aziendale”. Il problema però è come: con la possibilità di stipulare contratti in deroga allo Statuto dei lavoratori anche nella parte che regolamenta i licenziamenti, eccezion fatta per quelli “discriminatori o di lavoratrici in concomitanza del matrimonio”.
Opposizioni e Cgil avevano subito notato come le norme varate dal governo rappresentassero un furbo escamotage per aggirare l’articolo 18 senza vietarlo esplicitamente. Ma oggi è arrivato anche il parere tecnico (e non politico) degli esperti di Palazzo Madama che conferma i timori di chi sosteneva come quel codice rappresentasse un attacco ai diritti dei lavoratori. I commi dell’articolo scritto dal titolare del Welfare possono “ridefinire la regolazioni delle materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione”, recita la nota dell’ufficio studi.
Ma c’è di peggio. Se si prende questa norma e la si combina con i contenuti dell’accordo sottoscritto da Confindustria assieme a Cgil, Cisl e Uil il 28 giugno, il risultato è che l’articolo 18 si annacqua pericolosamente. Il patto fra l’associazione degli industriali e le organizzazioni dei lavoratori prevede infatti che ai rappresentanti di una singola azienda sarà consentito di trattare in autonomia (e in deroga ai contratti collettivi) una serie di materie come orari e organizzazione del lavoro.
Tali norme saranno legge per tutti i dipendenti di un’azienda “se approvate dalla maggioranza delle Rsu”. E ora, con l’articolo 8 tanto caro a Sacconi, all’interno delle materie “trattate in autonomia” entreranno anche i licenziamenti. Basterà il via libera della rappresentanza sindacale di base di una singola impresa e non sarà necessario nessun referendum interno per stipulare contratti sostitutivi a quelli che a livello nazionale regolamentano i rapporti di lavoro.
Come ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, il pericolo ora è “la proliferazione di accordi pirata, firmati da sindacati di comodo”. Cioè la creazione all’interno dei luoghi di lavoro di “sindacati gialli” che, in nome della produttività, potrebbero soprassedere su una serie di norme garantite dalla Costituzione. D’ora in poi “i diritti dei lavoratori dipenderanno dalle condizioni della propria azienda”, sostiene Camusso.
Ma secondo Sacconi, questo è uno strumento essenziale per garantire la ripresa economica in un momento di crisi e pesanti tagli. Del resto che la possibilità di licenziare sia il metodo per migliorare il mercato del lavoro e incentivare lo sviluppo è un vecchio pallino della maggioranza di centrodestra. Almeno fin dal 2002, quando la Cgil allora guidata da Sergio Cofferati portò in piazza a Roma 3 milioni di persone contro i piani del governo Berlusconi di smantellare l’articolo 18.
Ai tempi la risposta di massa dei cittadini fece desistere l’esecutivo, ma oggi ci risiamo. “Il governo ha approfittato della crisi per inserire il licenziamento facile”, dice al Fatto Quotidiano il responsabile del settore auto della Fiom Sergio Airaudo che sottolinea come questa Finanziaria scatenerà una guerra fra poveri: “Un’azienda in crisi può dire ai suoi dipendenti che o si chiude o si dà ai dirigenti la possibilità di licenziare alcuni colleghi”. Anche per questo motivo la Cgil ha annunciato battaglia e si prepare a uno sciopero generale.
Anche l’opposizione è sul piede di guerra: l’ex ministro Damiano del Pd parla di una legge in cui l’elemento fondante è “lo scempio dello stato sociale, dei diritti e della tutela dell’occupazione”, mentre Maurizio Zipponi, responsabile Lavoro dell’Italia dei Valori, bolla Sacconi come un “infingardo ministro della disoccupazione”.
Del resto il governo ha inserito la libertà di licenziare all’interno del capitolo sviluppo della sua manovra. E per l’esecutivo, i rilievi dell’ufficio studi di Palazzo Madama “non sono affatto una brutta notizia”, come sostiene il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto che giudica l’articolo 18 come uno di quei “tabù sindacali che vanno abbattuti”.
Il Fatto Quotidiano


ADICO: NUOVO TICKET, +50% DI SPESA ANNUA A FAMIGLIA PER LE VISITE. FONDI DA ACCISE TABACCHI E TASSA DI SOGGIORNO

17 agosto 2011
Non ha fine, in questo 2011 di stangate per le famiglie, lo stillicidio di rincari sui servizi, nuove tasse, aumento dei prezzi di beni irrinunciabili. E l’estate, che dovrebbe essere periodo di relax e spensieratezza, si sta rivelando il periodo peggiore dell’anno: in attesa di capire quanto e come inciderà la nuova manovra del Governo una volta che concluderà l’iter parlamentare (in primis la scure sulle detrazioni Irpef), l’Adico Associazione Difesa Consumatori non vuole far cadere l’attenzione su quello che ritiene uno dei balzelli più odiosi introdotti nell’ultimo periodo: il ticket sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale e quello sugli accessi al pronto soccorso (anche se in Veneto quest’ultimo è già vigente). E gli uffici di via Volturno hanno elaborato un’indagine per far capire concretamente ai cittadini veneziani quanto e come potrebbe influire sul loro budget famigliare l’introduzione della quota fissa di 10 euro a ricetta deliberata dalla Regione Veneto.
In particolare, l’Adico si è concentrata su quella fascia di cittadini con reddito uguale o superiore a 29mila euro annui, che non può beneficiare di alcuna esenzione (gli esenti a vario titolo, di competenza dell’Ulss 12, sono invece quasi 181.000) e che quindi paga la quota fissa per ricetta in misura intera, e su 7 fra le visite specialistiche più richieste. Ecco quanto dovranno sborsare oggi i veneziani rispetto a un mese fa:
RADIOGRAFIA ARC. DENTARIA
ticket 10,55 + 10 = 20,55 euro
RX CAVIGLIA
ticket 26,30 + 10 = 36,30 euro
ECOGRAFIA CARDIACA
ticket 36,15 + 10 = 46,15 euro
SCINTIGRAFIA TIROIDEA
ticket 36,15 + 10 = 46,15 euro
VISITA CARDIOLOGICA CONTROLLO
ticket 13,15 + 10 = 23,15 euro
ESAME FUNDUS OCULI
ticket 7,90 + 10 = 17,90 euro
PRIMA VISITA ALLERGOLOGICA
ticket 18,95 + 10 = 28,95 euro*
Ipotizzando che una famiglia, tra genitori, figli e magari un nonno a carico, debba sottoporsi in un anno a tutte queste visite specialistiche, se fino al 5 luglio scorso avrebbe speso complessivamente 149,15 euro, oggi ne spenderà 70 in più, cioè 219,15: un maggior esborso pari a circa il 50%.
ACCESSO LEA (LIVELLI ESSENZIALI ASSISTENZA) PER PRESTAZIONI ODONTOIATRICHE
53.171
ESENZIONE PER REDDITO PRESTAZIONI FARMACEUTICHE
23.358
ESENZIONE PER REDDITO ED ETA’
97.662
ESENZIONE PER DISOCCUPAZIONE (E LORO FAMILIARI A CARICO)
610
ESENZIONE PER ASSEGNO (EX PENSIONE) SOCIALE (E LORO FAMILIARI A CARICO)
4.359
ESENZIONE PER PENSIONE AL MINIMO (E LORO FAMILIARI A CARICO)
1.743
TOTALE ESENZIONI ULSS 12 VENEZIANA
180.903**
«Pare impossibile che non si riesca a trovare niente di meglio che stangare sempre le solite fasce di cittadini – commenta il presidente dell’Adico Carlo Garofolini – e a maggior ragione in un settore di cui nessuno può fare a meno come è la sanità. È per reperire fondi in questo ambito che sarebbero giustificati i rincari sui tabacchi, e perché non pensare di destinare una parte dei proventi della tassa di soggiorno ai servizi sanitari, visto che, tra le altre cose, sono tanti gli stranieri che ne beneficiano? E poi via a un controllo davvero a tappeto di chi rientra nelle categorie degli esenti: massima tutela per chi ha diritto all’esenzione, ma prendendo a esempio il territorio di competenza dell’Ulss 12 Venezia si capisce come sia un numero davvero consistente: 180mila persone sono pari a due terzi dell’intera popolazione residente nel comune di Venezia».
PRONTO SOCCORSO MESTRE E VENEZIA 2010
ACCESSI
82.055
PRESTAZIONI TOTALI
492.584
Codici bianchi
51.117 (prestazioni: 171.335)
Codici verdi
15.287 (prestazioni: 111.193)
Codici gialli
14.142 (prestazioni: 190.960)
Codici rossi
1.126 (prestazioni: 19.096)**

(*Fonte: U.O.S. Appropriatezza Liste Attesa, Ulss 12 Veneziana e ADICO)
(**Fonte: Ufficio stampa Ulss 12 Veneziana e ADICO)



La Procura apre un’inchiesta sugli aumenti della benzina

11 agosto 2011
La Procura dì Palermo ha aperto un’ìnchìesta suglì aumentì della benzìna.
Un fascìcolo e stato aperto stamattìna dal procuratore aggìunto Nìno Gatto con l’ìpotesì dì reato dì manovre speculatìve con ìl rìncaro sul mercato ìnterno.
Il reato e prevìsto dall’artìcolo 501 bìs del codìce penale, secondo il quale chìunque “compìe manovre speculatìve ovvero occulta, accaparra od ìncetta materìe prìme, generì alìmentarì dì largo consumo o prodottì dì prìma necessìta, ìn modo atto a determìnare la rarefazìone o ìl rìncaro sul mercato ìnterno, e punìto con la reclusìone da seì mesì a tre annì e con la multa da uno a cìnquanta mìlìonì dì lìre”.
L’ìnìzìatìva della magìstratura nasce da un esposto del Codacons contro glì aumentì del carburante.
“E una sìtuazìone ìndecente” denuncia il presidente dell’Adico, Carlo Garofolini “I petrolìerì ed ì benzìnaì ne approfìttano tenendo artìfìcìosamente ì prezzì altì, nonostante ìl prezzo del barìle sìa crollato per sfruttare ìl massìccìo esodo dì ferragosto e speculare sulla pelle deglì ìtalìanì”.Il Codacons ha chìesto nel suo esposto ìl sequestro deì deposìtì deì grossìstì e delle pompe dì benzìna, ìpotìzzando ìl reato dì aggìotaggìo.
”Nonostante oggì ì prezzì del petrolìo sìano rìmbalzatì nel mercato dì New York, facendo rìsalìre ìl prezzo del barìle sopra la soglìa dì 80 dollarì –fa sapere l’Adico -, ìl calo verìfìcatosì ìn quest’ultìmo perìodo dovrebbe produrre una ìmmedìata rìduzìone deì prezzì alla pompa dì almeno 10 centesìmì dì euro.Il mancato calo dì 10 centesìmì dì euro consentìra alle compagnìe petrolìfere, nel solo week-end dì Ferragosto, dì dare una stangata aggìuntìva aglì ìtalìanì ìn vacanza parì a 100 mìlìonì dì euro”.

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