I gas serra dimenticati: “Non basta fermare la CO2″
5 agosto 2011
Se si parla di gas serra il dito è puntato sempre su di lei: l’anidride carbonica. E non c’è dubbio che questa molecola sia la regina dei gas che intrappolano il calore negli strati più bassi dell’atmosfera terrestre. Ma, secondo alcuni scienziati americani, per decenni abbiamo trascurato l’importanza di altri gas prodotti dalle attività umane e che contribuiscono al cambiamento climatico.
Una “svista” non da poco, si capisce da uno studio in pubblicazione su Nature. Per stabilizzare il riscaldamento dovuto alla CO2 dovremmo abbattere le emissioni dell’80% (anche perché il gas emesso oggi rimarrà nell’atmosfera per millenni). Un taglio, questo, che a molti appare impossibile. Perché, allora, non cominciare riducendo le emissioni di altri gas serra? Secondo gli esperti questo sarebbe un obiettivo raggiungibile e che farebbe la differenza. I risultati positivi li vedremmo già in poche decine di anni.
Concentrati sulla CO2, politici, attivisti, economisti, pianificatori, e forse una buona parte della comunità scientifica, hanno infatti sottovalutato il ruolo di gas come il metano (CH4), l’ossido di diazoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) ed i perfluorocarburi (PFCs). Gas di minore impatto sul clima, ma che le attività umane hanno prodotto per secoli e pompato nei cieli del pianeta senza porsi troppe questioni.
“È chiaro – ammettono Stephan Montzka ed i colleghi della agenzia oceanica e atmosferica americana (Noaa), autori dell’analisi – che il cambiamento climatico recente è principalmente dovuto alla anidride carbonica emessa dall’impiego dei combustibili fossili, e sappiamo anche che questo sarà un problema a lungo termine perché si tratta di un gas molto persistente nell’atmosfera. Ma ridurre l’emissione di altri gas serra contribuirebbe già a un miglioramento dell’atmosfera, in tempi molto brevi”.
Questi altri gas serra sono presenti nell’atmosfera in concentrazioni molto basse, spiegano gli esperti della Noaa. Ma contribuiscono fino al 35-45% al riscaldamento dovuto alle emissioni causate dalle attività umane.
Il contenuto atmosferico di metano, per fare un esempio, è oggi ad un livello mai raggiunto negli ultimi 800 mila anni: lo dimostrano le perforazioni nei ghiacci artici ed antartici. Secondo i ricercatori il picco attuale è da imputarsi all’agricoltura ed ai processi industriali.
“In assenza di sforzi di mitigazione notevole, sia le emissioni umane che quelle naturali di metano sono destinate a crescere a causa dell’aumento della popolazione e del riscaldamento globale”, dice Montzka. Il discorso è simile per altri gas serra.
Quello che promettono i ricercatori non è la risoluzione del problema, ma una attenuazione importante e soprattutto sul breve periodo (già entro il 2050-2060). Che, sottolineano più volte gli esperti della Noaa, darebbe risultati impossibili da raggiungere nei prossimi decenni agendo sulla sola CO2. “Un drastico taglio delle emissioni degli altri gas – dice Montzka – è possibile a costi ragionevoli, grazie alle tecnologie attualmente disponibili e ciò faciliterebbe le future azioni di mitigazione.”
Per il futuro più remoto, conclude l’analisi, bisognerà comunque imporsi forti riduzioni sulle emissioni di CO2. Ma senza più trascurare gli altri gas serra, suoi stretti collaboratori.
Una “svista” non da poco, si capisce da uno studio in pubblicazione su Nature. Per stabilizzare il riscaldamento dovuto alla CO2 dovremmo abbattere le emissioni dell’80% (anche perché il gas emesso oggi rimarrà nell’atmosfera per millenni). Un taglio, questo, che a molti appare impossibile. Perché, allora, non cominciare riducendo le emissioni di altri gas serra? Secondo gli esperti questo sarebbe un obiettivo raggiungibile e che farebbe la differenza. I risultati positivi li vedremmo già in poche decine di anni.
Concentrati sulla CO2, politici, attivisti, economisti, pianificatori, e forse una buona parte della comunità scientifica, hanno infatti sottovalutato il ruolo di gas come il metano (CH4), l’ossido di diazoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) ed i perfluorocarburi (PFCs). Gas di minore impatto sul clima, ma che le attività umane hanno prodotto per secoli e pompato nei cieli del pianeta senza porsi troppe questioni.
“È chiaro – ammettono Stephan Montzka ed i colleghi della agenzia oceanica e atmosferica americana (Noaa), autori dell’analisi – che il cambiamento climatico recente è principalmente dovuto alla anidride carbonica emessa dall’impiego dei combustibili fossili, e sappiamo anche che questo sarà un problema a lungo termine perché si tratta di un gas molto persistente nell’atmosfera. Ma ridurre l’emissione di altri gas serra contribuirebbe già a un miglioramento dell’atmosfera, in tempi molto brevi”.
Questi altri gas serra sono presenti nell’atmosfera in concentrazioni molto basse, spiegano gli esperti della Noaa. Ma contribuiscono fino al 35-45% al riscaldamento dovuto alle emissioni causate dalle attività umane.
Il contenuto atmosferico di metano, per fare un esempio, è oggi ad un livello mai raggiunto negli ultimi 800 mila anni: lo dimostrano le perforazioni nei ghiacci artici ed antartici. Secondo i ricercatori il picco attuale è da imputarsi all’agricoltura ed ai processi industriali.
“In assenza di sforzi di mitigazione notevole, sia le emissioni umane che quelle naturali di metano sono destinate a crescere a causa dell’aumento della popolazione e del riscaldamento globale”, dice Montzka. Il discorso è simile per altri gas serra.
Quello che promettono i ricercatori non è la risoluzione del problema, ma una attenuazione importante e soprattutto sul breve periodo (già entro il 2050-2060). Che, sottolineano più volte gli esperti della Noaa, darebbe risultati impossibili da raggiungere nei prossimi decenni agendo sulla sola CO2. “Un drastico taglio delle emissioni degli altri gas – dice Montzka – è possibile a costi ragionevoli, grazie alle tecnologie attualmente disponibili e ciò faciliterebbe le future azioni di mitigazione.”
Per il futuro più remoto, conclude l’analisi, bisognerà comunque imporsi forti riduzioni sulle emissioni di CO2. Ma senza più trascurare gli altri gas serra, suoi stretti collaboratori.
di JACOPO PASOTTI
Crollano le Borse, caos a Milano: -5%. Indici sospesi, la Consob avvia indagine
4 agosto 2011
Caos a Piazza Affari, mentre le Borse europee affondano. In chiusura, quando l’indice dei titoli principali del listino milanese perdeva intorno al 3%, Borsa italiana, la società che gestisce il mercato, ha comunicato il blocco del calcolo sull’indice Ftse Mib. «Il valore dell’indice Ftse Mib – si legge in una nota – non è diffuso». La Consob «è in contatto con Borsa Italiana al fine di appurare quanto accaduto», hanno riferito fonti della Commissione. Bloccati per un’ora anche i listini di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona.Poi dopo il black out Borsa italiana ha comunciato il dato sul valore finale dell’Ftse Mib: l’indice di riferimento della Borsa di Milano ha chiuso oggi in calo del 5,16% a 16.128 punti. Il calcolo del Ftse Mib è stato sospeso alle 17 precise, per probabili e non meglio precisate ragioni tecniche. Secondo quanto appreso, si è trattato di un problema di raccolta e diffusione dei dati, nato da un blocco dei flussi informativi funzionali al calcolo degli indici, mentre le attività di trading si sono svolte con regolarità. L’indice è andato quindi in tilt a circa mezz’ora dalla fine degli scambi in una giornata di forte turbolenza e nervosismo su tutti i mercati in tutta Europa.
Il crollo in chiusura del listino milanese. Intesa Sanpaolo ha indossato la maglia nera, con un calo del 10,35%, poco dietro a Fiat (-10,03%) e Unicredit (-9,33%). L’unico titolo del paniere di riferimento a muoversi in controtendenza è stato Italcementi (+1,26%).
Giù del 3% circa anche Londra, Parigi e Francoforte. Lo scivolone di oggi è costato alle principali borse europee circa 173 miliardi di euro di capitalizzazione. In caduta anche Wall Street: il Dow Jones perde intorno al 3%.
Un «incidente tecnico» anche ai sistemi di Nyse Euronext «ha sospeso il calcolo degli indici» borsistici gestiti dal gruppo in Europa (Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona), «dalle 16.28 alle 17.21». Lo ha riferito una portavoce della società. Il sistema di calcolo, ha aggiunto, «è poi ripartito», consentendo di comunicare al mercato i «valori corretti» sulla variazione degli indici in chiusura di seduta.
Sale lo spread Btp-Bund. Forte tensione anche sui titoli di Stato. Dopo che in mattinata si era ristretto lo spread Btp-Bund, tornando sotto i 350 punti base, a 349,5, nel finale di seduta è risalito verso quota 390, nonostante l’intervento della Bce, che ha acquistato titoli di Stato europei. «Non sarei sorpreso se alla fine di questa conferenza stampa si vedesse qualcosa» a proposito degli acquisti di titoli di stato, ha ammesso il presidente dell’istituto di Francoforte Jean Claude Trichet, rispondendo a una domanda su acquisti di titoli in corso sul mercato. «lo ho confermato in anticipo», ha aggiunto Trichet.
La Bce lascia i tassi invariati. La Banca centrale europea ha deciso intanto di lasciare invariato all’1,5% il tasso di riferimento principale in Eurolandia. La decisione del Consiglio direttivo era ampiamente prevista dal mercato. La Bce aveva aumentato il costo del denaro lo scorso 7 luglio, portandolo dall’1,25% all’1,50%. L’istituto centrale oggi ha anche confermato il tasso marginale al 2,25% e quello sui depositi allo 0,75%.
«Anche per l’Italia, come gli altri Paesi dell’area euro, le riforme strutturali sono necessarie, e in particolare occorre anticipare i tempi del risanamento fiscale», ha avvertito poi il presidente della Banca centrale europea, sottolineando che «tutti i Paesi stanno anticipando la situazione, è vero anche per l’Italia» dove «le risorse umane, per così dire, sono così buone e l’imprenditorialità così evidente».
«L’incertezza è particolarmente alta e la crescita economica dell’area euro è in decelerazione», ha sottolineato poi Trichet, secondo il quale gli attuali rischi al ribasso per lo scenario macroeconomico dell’area euro potrebbero intensificarsi. Trichet ha annunciato che, date le tensioni «particolarmente alte» sui mercati, il consiglio direttivo della Bce ha deciso «un’operazione supplementare di liquidità».
«I governi hanno le loro responsabilità». È importante che «vi sia un rinnovato impegno di tutti i capi di governo e di Stato europei ad aderire strettamente ai target fiscali» e ove necessario ad adottare ulteriori misure fiscali più ravvicinate. «La Banca centrale europea è responsabile dell’assicurare la stabilità dei prezzi a 332 milioni di cittadini, mentre i governi hanno le loro responsabilità che sono davvero numerose» ha detto Trichet rispondendo alle domande sulle misure contro la crisi finanziaria e di bilancio che colpisce diversi Paesi dell’area euro.
«Il Fondo di stabilità europeo dovrebbe essere reso operativo al più presto possibile» ha infine scandito Trichet.
Barroso: Ue preoccupata dai titoli in Italia e Spagna. Il presidente della Commisisone Ue Josè Barroso ha inviato ai leader europei una lettera in cui esprime la preoccupazione di Bruxelles «sulla situazione dei titoli in Italia e Spagna» e chiede a tutti i leader Ue di «approvare rapidamente», nei loro Parlamenti, le modifiche al fondo salva-Stati approvate dall’ultimo summit, affinché sia in grado di affrontare «l’attuale contagio» della crisi dei debiti.
«Non è solo una crisi della periferia euro». «Qualunque siano le motivazioni – dice Barroso – è chiaro che non abbiamo più a che fare solo con una crisi della periferia dell’area euro».
«Decisioni del 21 luglio non hanno avuto efetti sperati». «Le turbolenze sui mercati evidenziano soprattutto la complessità e l’incompletezza delle decisioni prese dall’eurozona nel vertice del 21 luglio» scrive Barroso, lamentando anche la «comunicazione indisciplinata» dell’Europa sul fronte della crisi. Per Barroso, le «decisioni coraggiose» prese il 21 luglio scorso a Bruxelles sulla Grecia «non stanno avendo gli effetti che volevamo sui mercati».
Il crollo in chiusura del listino milanese. Intesa Sanpaolo ha indossato la maglia nera, con un calo del 10,35%, poco dietro a Fiat (-10,03%) e Unicredit (-9,33%). L’unico titolo del paniere di riferimento a muoversi in controtendenza è stato Italcementi (+1,26%).
Giù del 3% circa anche Londra, Parigi e Francoforte. Lo scivolone di oggi è costato alle principali borse europee circa 173 miliardi di euro di capitalizzazione. In caduta anche Wall Street: il Dow Jones perde intorno al 3%.
Un «incidente tecnico» anche ai sistemi di Nyse Euronext «ha sospeso il calcolo degli indici» borsistici gestiti dal gruppo in Europa (Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona), «dalle 16.28 alle 17.21». Lo ha riferito una portavoce della società. Il sistema di calcolo, ha aggiunto, «è poi ripartito», consentendo di comunicare al mercato i «valori corretti» sulla variazione degli indici in chiusura di seduta.
Sale lo spread Btp-Bund. Forte tensione anche sui titoli di Stato. Dopo che in mattinata si era ristretto lo spread Btp-Bund, tornando sotto i 350 punti base, a 349,5, nel finale di seduta è risalito verso quota 390, nonostante l’intervento della Bce, che ha acquistato titoli di Stato europei. «Non sarei sorpreso se alla fine di questa conferenza stampa si vedesse qualcosa» a proposito degli acquisti di titoli di stato, ha ammesso il presidente dell’istituto di Francoforte Jean Claude Trichet, rispondendo a una domanda su acquisti di titoli in corso sul mercato. «lo ho confermato in anticipo», ha aggiunto Trichet.
La Bce lascia i tassi invariati. La Banca centrale europea ha deciso intanto di lasciare invariato all’1,5% il tasso di riferimento principale in Eurolandia. La decisione del Consiglio direttivo era ampiamente prevista dal mercato. La Bce aveva aumentato il costo del denaro lo scorso 7 luglio, portandolo dall’1,25% all’1,50%. L’istituto centrale oggi ha anche confermato il tasso marginale al 2,25% e quello sui depositi allo 0,75%.
«Anche per l’Italia, come gli altri Paesi dell’area euro, le riforme strutturali sono necessarie, e in particolare occorre anticipare i tempi del risanamento fiscale», ha avvertito poi il presidente della Banca centrale europea, sottolineando che «tutti i Paesi stanno anticipando la situazione, è vero anche per l’Italia» dove «le risorse umane, per così dire, sono così buone e l’imprenditorialità così evidente».
«L’incertezza è particolarmente alta e la crescita economica dell’area euro è in decelerazione», ha sottolineato poi Trichet, secondo il quale gli attuali rischi al ribasso per lo scenario macroeconomico dell’area euro potrebbero intensificarsi. Trichet ha annunciato che, date le tensioni «particolarmente alte» sui mercati, il consiglio direttivo della Bce ha deciso «un’operazione supplementare di liquidità».
«I governi hanno le loro responsabilità». È importante che «vi sia un rinnovato impegno di tutti i capi di governo e di Stato europei ad aderire strettamente ai target fiscali» e ove necessario ad adottare ulteriori misure fiscali più ravvicinate. «La Banca centrale europea è responsabile dell’assicurare la stabilità dei prezzi a 332 milioni di cittadini, mentre i governi hanno le loro responsabilità che sono davvero numerose» ha detto Trichet rispondendo alle domande sulle misure contro la crisi finanziaria e di bilancio che colpisce diversi Paesi dell’area euro.
«Il Fondo di stabilità europeo dovrebbe essere reso operativo al più presto possibile» ha infine scandito Trichet.
Barroso: Ue preoccupata dai titoli in Italia e Spagna. Il presidente della Commisisone Ue Josè Barroso ha inviato ai leader europei una lettera in cui esprime la preoccupazione di Bruxelles «sulla situazione dei titoli in Italia e Spagna» e chiede a tutti i leader Ue di «approvare rapidamente», nei loro Parlamenti, le modifiche al fondo salva-Stati approvate dall’ultimo summit, affinché sia in grado di affrontare «l’attuale contagio» della crisi dei debiti.
«Non è solo una crisi della periferia euro». «Qualunque siano le motivazioni – dice Barroso – è chiaro che non abbiamo più a che fare solo con una crisi della periferia dell’area euro».
«Decisioni del 21 luglio non hanno avuto efetti sperati». «Le turbolenze sui mercati evidenziano soprattutto la complessità e l’incompletezza delle decisioni prese dall’eurozona nel vertice del 21 luglio» scrive Barroso, lamentando anche la «comunicazione indisciplinata» dell’Europa sul fronte della crisi. Per Barroso, le «decisioni coraggiose» prese il 21 luglio scorso a Bruxelles sulla Grecia «non stanno avendo gli effetti che volevamo sui mercati».
Il messaggero.it
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi commentare questa notizia.