Purtroppo in questi anni un’informazione, in gran parte orientata a non disturbare il grande manovratore (Il Governo Berlusconi) ha occultato i guasti provocati alla società italiana dalle scelte di questo Governo.
Così è avvenuto in questi ultimi anni con la scuola pubblica.
Un vanto da sempre per lo stato italiano è stato fortemente compromesso dalla (contro) riforma Gelmini.
Ora con questa manovra finanziaria tocca al mondo della Giustizia.
Forse nessuno pensava ad una operazione così devastante, assurda, anacronistica e soprattutto anticostituzionale e perciò antidemocratica.
Il processo di demolizione è iniziato con l’introduzione dell’Istituto della “Mediazione Civile” spacciato come un’idea per rendere più efficiente la giustizia ma che in realtà ha:
a) prodotto una fase di pre-giudizio obbligatoria (peraltro per alcuni istituti giuridici e per altri no in maniera assolutamente contraddittoria ed irrazionale);
b) introdotto un costo supplementare – notevole – per i cittadini che vorrebbero avere giustizia per i diritti negati;
c) anziché ridurla, ha causato una lungaggine dei tempi della Giustizia.
Purtroppo con un obiettivo occulto altrettanto aberrante: privatizzare la Giustizia (come prima il Governo ha tentato di privatizzare la scuola).
Ora con la nuova manovra finanziaria le scelte proposte sono purtroppo ancora peggiori.
Chi intende ricorrere ad un Tribunale da oggi in poi dovrà affrontare costi esorbitanti da consentire le vie della Giustizia forse solo a chi è straricco.
1. Costerà 4.000 euro ( sì quattromila euro) a chi vorrà impugnare una gara d’appalto dinanzi al Tribunale Amministrativo;
2. Si raddoppiano i costi di giustizia già esistenti;
3. Si pagherà il contributo per le cause di Stato Civile (separazioni);
4. Si pagheranno, in percentuale al valore della controversia, le cause davanti alle Commissioni Tributarie; con un aggravante: il cittadino dovrà prima di iniziare il procedimento pagare la sanzione, l’accertamento; (sia se ha torto sia se ha ragione).
5. ma soprattutto si pagherà il contributo anche per le cause di lavoro, per le cause di previdenza; per le cause relative a licenziamenti (pensate ad un vecchietto, ad una persona con l’invalidità o con handicap o addirittura ad un lavoratore licenziato quando nel rivolgersi al suo avvocato si dovrà sentir dire che dovrà versare allo stato un contributo per poter iniziare la causa).
Ci limitiamo a riportare solo alcune tra le scelleratezze di una manovra finanziaria che appare solo orientata a raschiare il barile a danno delle categorie socialmente deboli; ma non si può esimere da rendere pubblica una vera e propria nefandezza contenuta in questa manovra:
all’art. 38 della cosiddetta Manovra finanziaria si prevede una specie di amnistia a contrario in campo previdenziale cosicché se dovesse essere convertita la norma tutti coloro che hanno presentato ricorsi in materia previdenziale per un valore inferiore ad euro 500,00 saranno estinti d’ufficio con riconoscimento del diritto rivendicato senza fare il giudizio. Cioè chi aveva ragione avrebbe comunque avuto una sentenza favorevole; chi invece aveva torto vedrà per legge riconosciuto un diritto che non gli spettava!!!!!
Per chi come noi vive nelle aule di giustizia da più di 25 anni queste scelte appaiono davvero incomprensibili oltre a limitare in maniera grossolana, assurda ed incomprensibile il diritto di giustizia.
Si sta ancora smantellando un altro dei pilastri dello stato. Crediamo che ciò non possa e non debba avvenire e visto che, purtroppo, il parlamento è “a opposizione limitata” considerato che le ultime elezioni hanno escluso la presenza della sinistra e i rappresentanti eletti sono stati prescelti e non scelti dagli elettori occorre un sussulto. Una indignazione collettiva, della classe Forense da un lato che non può questa volta non reagire e non ricordare che queste scelte limitano fortemente la stessa genesi dell’avvocatura: quella di difendere i diritti dei loro assistiti – l’ADVOCATUS del Diritto Romano da cui il nostro Ordinamento trae le radici.
Dall’altro un moto di indignazione da parte dei cittadini che devono reagire con una indignazione attiva come hanno fatto per altrettanti diritti costituzionali negli ultimi referendum.
Noi faremo sentire la nostra voce aprendo una nuova stagione a difesa dei diritti e questa riflessione di oggi vuole essere il primo apporto per dare una sponda alla indignazione diffusa.
(art. 24 Costituzione: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non ambienti, con appositi istituti, i mezzi per agire difendersi davanti ad ogni giurisdizione”).
PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI – FEDERAZIONE DI REGGIO CALABRIA
SEZIONE TEMATICA GIUSTIZIA
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