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martedì 21 dicembre 2010

REGGIO CALABRIA - Si rivolgevano ai clan per avere sostegno elettorale in vista delle regionali.  Preferenze in cambio di appalti, del trasferimento dei detenuti, di visite mediche. Una volta eletti, i politici avrebbero lavorato per la 'ndrangheta con favori d'ogni genere. Non sapevano però che nella casa del boss c'era una cimice del Ros che registrava tutto. Stamattina sono finiti in carcere in 12, ed almeno altrettanti sono gli indagati.  In manette con l'accusa, a vario titolo, di voto di scambio, mafia e concorso esterno in associazione mafiosa, sono finite 5 persone che il 29 e 30 marzo scorso portarono una mare di voti, quasi tutti al centrodestra calabrese che sostenne il governatore Giuseppe Scopelliti. Il Ros ha notificato gli ordini di custodia cautelare a Santi Zappalà del Pdl (l'unico che poi è stato eletto), a Francesco Iaria dell'Udc, a Pietro Nucera e Liliana Aiello (entrambi in corsa nella lista "Insieme per la Calabria  -  Scopelliti Presidente) e Antonio Manti (candidato con Alleanza per la Calabria).
In più noto è certamente Santi Zappalà. A lui la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria contesta l'accusa di avere stipulato con Peppe Pelle, il più solido degli accordi: "preferenze in cambio di appalti". L'esponente del Pdl, alle scorse regionali fu il più votato dell'intera provincia di Reggio, il terzo in assoluto nell'intera Regione Calabria.  Sindaco di Bagnara Calabra e ex consigliere provinciale, per i magistrati era uno "capace di andare a casa di Pelle a parlare con lui alla pari". E secondo quanto emerge dall'inchiesta non si rivolse solo alla famiglia di San Luca. Zappalà incontrò altri capi mafia, tra cui i vertici del potente clan dei Commisso di Siderno "che si erano impegnati con un altro candidato, ma che comunque promisero un pacchetto di voti anche a lui".
Il quadro che emerge dalle carte dell'inchiesta - che porta la firma del Procuratore Giuseppe Pignatone, degli Aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, e dei Pm Maria Luisa Miranda e Giovanni Musarò  -  è impressionante. I clan, di fatto si muovevano all'unisono. Come un vero e proprio cartello elettorale. Sostenevano i propri candidato in maniera compatta . Pelle, diceva ai suoi, "se noi siamo uniti, se tutte le famiglie sono compatte ne possiamo fare salire tre o quattro". Tra l'altro, con le regionali alle porte già pensavano alle provinciali che a Reggio si svolgeranno tra qualche mese: "Anche lì ne possiamo prendere tanti".

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